Antonietta Potente e la religiosità del quotidiano

Anna Turri Vitaliani – Verona

Antonietta Potente, teologa domenicana, nata in Liguria, vive in Bolivia, insegna a Cochabamba e a La Paz. Attualmente si trova in Italia ed abbiamo così più occasione di incontrarla e di approfondire la sua teologia.

L’incontro con Antonietta Potente è per me sempre fecondo: provoca riflessioni e meditazioni. Ho riletto di recente un suo librino, scritto dieci anni or sono, che mi sembra però ancora estremamente attuale. Le proposte di Antonietta mi sono parse assai in sintonia con i percorsi che da anni andiamo facendo: c’è il vuoto, ci sono corpi, gesti, aromi, il tutto raccontato con passione e amore.

Mi sono soffermata particolarmente su alcune pagine, nelle quali commenta, in modo per me affascinante, alcuni versetti del vangelo di Luca (Luca 23,50-56 e 24,1). Ha scelto il vangelo di Luca, dice, perchè è il più ricco di particolari.

E’ interessante anche come A. Potente paragoni il tempo pasquale, tempo di passaggio, di transizione, tempo di vuoto, al nostro tempo che è tempo pure di transizione. Dice Potente: “nell’Antico come nel Nuovo testamento l’incontro si fa intorno a qualcuno, intorno a qualcosa” (p 92). C’è una circolarità (di cui lei parla anche in altre pagine), c’è un movimento solidale che avviene intorno alla “Divina Presenza” (così definisce il corpo morto del Cristo) e pone l’attenzione sui corpi, sui gesti, sugli aromi: fa rivivere, a chi legge, il dramma della morte-sepoltura del Gesù di Nazareth.

Immagina lo scenario del dramma che si sta compiendo e lo rende palpitante di emozioni: ci sono gli amici e le donne che hanno seguito Gesù fin dalla Galilea e, stando a una certa distanza, osservano tutto ciò che succede. Poi focalizza l’attenzione sulle donne: hanno seguito Giuseppe d’Arimatea, uomo buono e giusto, che era contrario alla condanna di Gesù. Egli ha chiesto a Pilato il corpo del Nazareno, dopo la crocifissione; ottenutolo, lo avvolge in un lino prezioso e lo depone in un sepolcro “dove nessuno era mai stato ancora deposto”. Il sepolcro poi viene chiuso con una pietra pesantissima.

Potente descrive la scena in prospettiva: vede alcune donne di spalle che, avvolte in un mantello si tengono strette per farsi coraggio, osservano come è stato deposto il corpo amato e meditano: là dentro c’è il corpo di Gesù, ma c’è una pietra pesantissima che le separa e non sanno come toglierla: è necessario compiere il rito, celebrare il rituale intorno al corpo morto, ungerlo con unguenti, fare gesti solenni. Il loro atteggiamento è celebrativo e attraversato dall’amore…. indica il primo atteggiamento importante della transizione, che è restare.

“Restare” significa, in questo momento di transizione, essere protagoniste, significa essere ponte, fare da ponte nei momenti duri, faticosi, in cui si vede la persona amata che soffre e che poi viene uccisa. E loro restano, fanno da ponte…

Si può dire che le donne “costruiscono tradizione e magistero”. Sono le uniche presenti. Per fare tradizione bisogna essere “presenti”. Queste donne sono profondamente solidali, non si abbandonano, non abbandonano. C’è una Divina Presenza, in questo tempo di transizione, tra la presenza solenne della passione e quella gloriosa della resurrezione, che dà forza, che vivifica le cose ed è il corpo di Gesù nel sepolcro. Ma è necessario compiere il rito della preparazione del corpo.

Nelle culture antiche si compiva, e in alcune si compie tuttora, questo rituale ed era importante: ungere con unguenti il corpo morto, ricomporlo, prepararlo con cura… erano gesti d’amore che accompagnavano il corpo amato. Da noi purtroppo si è persa questa abitudine di stare vicino ad un corpo morto. Si delega ad altri.

Continua A. Potente: il verbo “preparare” è importantissimo in questo tempo di transizione. Non è un tempo passivo, perchè parla di solidarietà, di affetto, del risvegliarsi della sensibilità. Luca dice che queste donne quando tornano alla casa tornano per preparare gli unguenti profumati, gli aromi. Potente focalizza la sua attenzione sui gesti, perchè sono proprio questi che preparano e soprattutto preparano qualcosa.

I gesti preparano relazione e si esprimono attraverso simboli: ci sono simbologie verbali, gestuali, sacramentali ecc.

Una delle caratteristiche più belle di questo tempo di transizione è la solidarietà, solidarietà intorno a… Nell’Antico come nel Nuovo Testamento l’incontro, la comunione, si fa intorno a qualcuno, intorno a qualcosa. Il gesto più bello che queste donne fanno, quello di restare, mostra che si mettono in sintonia con l’economia divina, come mostrano anche preparando profumi. Quello che è importante è che questa preparazione abbia un punto di partenza che è la casa. Lì ritornano per prepararli. Perchè i profumi sono intimamente legati alla familiarità, a un gesto d’amore e vanno preparati. La forza politica dei profumi, degli unguenti, degli aromi sta nel fatto che servono e soprattutto servivano per curare, per sanare. Nella Bibbia, continua, la bellezza e l’abbondanza non sono mai separate dalla giustizia. Il bello non è semplicemente qualcosa che si riferisce all’estetica, ma all’etica: è bello perchè è buono e perchè è giusto.

Quel tempo di transizione è vivo per la dinamica e la forza che quelle donne ci mettono. Non è un tempo morto, perchè è un tempo di preparazione. E aggiunge, pensando a quelle donne: “questo è un tempo di fede, che non è guardare lontano, ma guardare il presente e coltivare, con quel poco che rimane, l’energia di vita che c’è nel presente. Questo modo nuovo di fare magistero, di fare tradizione, è proprio delle donne che inventano il modo di stare lì, così come inventeranno (in modo anche un po’ folle, perchè sapevano che c’era la pietra da rimuovere) i gesti per tornare al sepolcro, dopo aver trascorso il sabato nel riposo, come prescriveva la legge ebraica. Vivono con semplicità, ma intensamente, osservano tutto per non perdere nulla di quel tempo prezioso.

“Credo, dice, che questo sia importantissimo anche nel tempo che viviamo oggi, che è pure un tempo di transizione”, di vuoti, ai quali possiamo dare, se lo vogliamo, un senso, per non perdere nulla del nostro tempo prezioso.