Genesi cap. 3, 1-24

Catti Cifatte – Genova

[1] Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: “È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?”. [2] Rispose la donna al serpente: “Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, [3] ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”. [4] Ma il serpente disse alla donna: “Non morirete affatto! [5] Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male“. [6] Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. [7] Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. [8] Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. [9] Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: “Dove sei?”. [10] Rispose: “Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto”. [11] Riprese: “Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?”. [12] Rispose l’uomo: “La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato”. [13] Il Signore Dio disse alla donna: “Che hai fatto?”. Rispose la donna: “Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato“. [14] Allora il Signore Dio disse al serpente:
“Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita.[15] Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”. [16] Alla donna disse:
“Moltiplicherò 
i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà“. [17] All’uomo disse: “Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. [18] Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre. [19] Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finchè tornerai alla terra, perchè da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!“. [20] L’uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi. [21] Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e le vestì. [22] Il Signore Dio disse allora: “Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!”. [23] Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto.[24] Scacciò l’uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita.

SPUNTI DI RIFLESSIONI E CONSIDERAZIONI

Secondo gli studiosi tutto il cap. 3,1-24 del Genesi si situa nella tradizione Yahvista, cioè come abbiamo visto, una tradizione che privilegia il racconto fluido ed attraente con finalità didascalico/didattiche che si tramandano facilmente nella memoria storica. L’autore vuole spiegare da dove ha origine il male, quale è la causa della disarmonia che si è sviluppata dopo l’opera divina della creazione, e l’interpretazione data soprattutto dal cristianesimo inculca in noi il concetto di peccato originale, da cui discende una caduta dell’uomo e della donna, il dolore, il sacrificio del lavoro e del sudore, e quindi una diversa relazione con Dio.

Nelle coscienze viene interiorizzato il concetto che il peccato nasce a causa della disobbedienza, in particolare del ruolo di peccatrice e tentatrice che ha assunto Eva, la prima donna che conduce tutti gli esseri umani nel peccato. Pertanto, anche inconsciamente, gli uomini hanno fatto derivare da tale racconto, unito al racconto della creazione di Genesi 2 (tratta dalla costola) la concezione che l’essere umano donna, non solo è inferiore all’uomo, ma che è artefice/causa prima di tutte le sue sventure. Donna=peccato=sessualità perversa= tentazione costante= ecc…ecc….

Particolarmente significativo sarà anche il ruolo del serpente: un’animale che nelle religioni della Dea aveva un grande significato e valore come animale di terra, che striscia e si rigenera a contatto con la madre terra, e che ci richiama la condizione di origine del creato, dalla polvere; questo animale che aveva importanza nelle religioni delle società matrilineari, diventa il simbolo del male: diventa il tentatore per eccellenza, identificato con un soggetto diabolico che userà la donna contro l’uomo e quindi contro l’umanità!

Questo stravolgimento della relazione troverà il suo superamento solo successivamente nella figura di Maria, Immacolata Concezione (già individuata come figura retorica nel versetto 15), che schiaccia simbolicamente col piede la testa del serpente, restituendo dignità alle donne attraverso un ruolo di vergine e madre sottomessa al volere del divino patriarcale, ruolo contradditorio e critico, che vedremo nel seguito. Eva e Maria quindi contrapposte non solo a causa dell’insegnamento religioso, ma figure stratificate nella nostra cultura quali esempi della contraddizione insita nella donna: peccatrice che si redime solo nell’accettazione incondizionata del volere di dio!

Sulla questione, vista l’attualità del problema della violenza sulle donne, voglio riportare un brano del libro della teologa Elizabeth Green “Lacrime amare” (pagg.32 – 33) <Identificare le donne, attraverso Eva con il corpo, la sessualità, la tentazione e il peccato è un vero topos della misoginia cristiana. Per quanto riguarda la violenza contro le donne esso dà all’uomo un alibi pericolosissimo: da un lato il mito della caduta dà un motivo ulteriore per il dominio dell’uomo sulla donna, da un altro lato esso permette all’uomo di addossare la colpa della sua azione malvagia alla donna. Ogni volta che l’aggressore accusa la donna di averlo provocato è come se ascoltassimo di nuovo le parole di Adamo (…). Da vittima, la donna diventa colpevole. Per di più, non avendo altri modelli femminili positivi, la donna interiorizza la versione maschile identificandosi con Eva. Ella si ritiene responsabile della violenza di cui è oggetto.(…)>

Ma è d’attualità anche il tema del lavoro, ed allora ecco che c’è una diversa visione del capitolo del Genesi che la teologa Dorothee Solle nel suo libro Per lavorare e amare, ci presenta: (da pag. 80) <Dobbiamo imparare di nuovo a collegare il lavoro con il piacere, anziché con il senso di schiavitù, con la noia, con la stupidità. Nel racconto della creazione, Adamo è posto nel giardino dell’Eden “perché lo lavorasse e custodisse” (…) custodire il giardino (=frutteto recintato=paradiso) significa proteggerlo. Tanto il custodire, quanto il lavorare, che sono i primi riferimenti biblici alla fatica umana e alla creatura terrena come lavoratrice, denotano non il saccheggio e la rapina, ma la cura e l’attenzione. Il lavoro, come se ne parla nel genesi, non è una maledizione che si abbatte sugli esseri umani dopo la caduta, è invece fin dall’inizio un’espressione del progetto di liberazione dell’uomo della sua dignità e integrità. Grazie al lavoro, la vita umana passa dalla passività alla partecipazione. Questa visione del lavoro è stata spesso trascurata nella tradizione cristiana, la cui caratteristica è stata quella di considerare il lavoro soltanto come una conseguenza del peccato, una maledizione. (…) Ma è vero che la disubbidienza di Eva e Adamo ha distrutto il lavoro come componente della creazione buona, così che noi non disponiamo di alcun lavoro buono e siamo costretti a vedere il lavoro in una luce puramente negativa? E’ questo l’insegnamento della scrittura?> Risposta: <Ma parlare di disobbedienza di Eva e Adamo è fuorviante! (…) Dovremmo smettere di considerare peccato questo confronto con l’autorità del padre, questo taglio del cordone ombelicale. La storia della caduta è, per molti aspetti, la storia di una tappa dello sviluppo umano, piuttosto che la storia della nostra caduta nella colpa e nel peccato. Il mito rispecchia il senso di colpa che noi tutti sperimentiamo nel crescere, nel fare le nostre scelte, nell’abbandonare un padre autoritario che vuol tenere sotto di sé i suoi figli… (…) V’è una sola scelta morale: disubbidire, mangiare dall’albero della conoscenza e quindi avventurarsi verso le asperità della vita. (…)> E ciò, come vedremo, cambia anche le relazioni con il divino!