IL TESTAMENTO BIOLOGICO CHE VORREI

di: Ignazio Marino *
da: Il Riformista, 1.10.08

Ci siamo, o meglio ci risiamo. Il Senato avvia oggi l’esame sul testamento biologico e si lavorerà per tentare di scrivere una legge invocata non solo dai cittadini ma anche dai medici, dai giudici, dagli esperti di bioetica, oltre che dal presidente della Repubblica; e ora anche dalla Chiesa arrivano segnali di apertura. In Parlamento sono stati depositati diversi disegni di legge, quello che propongo io è stato sottoscritto da 101 senatori, alcuni anche di centrodestra. Tutte le proposte concordano sul principio che ogni persona possa indicare per iscritto quali terapie intende accettare se un giorno si trovasse nella incapacità di intendere e di volere.

Meno accordo si trova essenzialmente su due punti: se sia legittimo dare indicazioni su ogni tipo di terapia, o solo su alcune di esse, e se il testamento biologico debba essere vincolante per il medico. Personalmente, parto dal principio che una legge sia utile per adattare il diritto ai progressi della medicina. La Costituzione sancisce il diritto alle cure ma non l’obbligo alle terapie; tale diritto è rispettato per i pazienti che coscientemente danno o negano il proprio consenso alle cure, ma oggi è negato a chi non è più in grado di esprimersi e senza la possibilità di recupero dell’integrità intellettiva.

I padri costituenti hanno scritto l’articolo 32 della Costituzione nel 1947, cinque anni prima dell’invenzione del respiratore automatico e vent’anni prima della nutrizione artificiale. All’epoca certamente non potevano immaginare i progressi della medicina e la necessità di garantire la libertà di scelta delle terapie per chi perde la capacità di relazione con il mondo. La nutrizione artificiale rientra in questo quadro: nessuno può essere obbligato, contro la sua volontà, a introdurre nel proprio corpo, attraverso un sondino inserito nello stomaco, sostanze elaborate chimicamente.

Affermare che non si tratti di una terapia ma di semplice sostegno vitale è sbagliato e offensivo per i medici che si occupano di nutrizione enterale. Ed è talmente ovvio che si tratti di una terapia: la sacca della nutrizione è prodotta da una casa farmaceutica (e non da un’industria alimentare) e viene prescritta da uno specialista con lo stesso ricettario che utilizza per prescrivere i farmaci.

Tuttavia, se qualcuno ha dei dubbi è giusto fare un approfondimento, chiedendo spiegazioni alle massime autorità, ovvero gli esperti di nutrizione artificiale rappresentati dalle società scientifiche. Certamente non potranno essere i politici a dare una definizione scientifica della nutrizione artificiale. Solo dopo aver acquisito le informazioni corrette il Parlamento potrà esprimersi e magari lo farà anche in contrasto con la maggioranza dei cittadini, dei medici e degli scienziati.

Quello che auspico è un atteggiamento di ascolto nei confronti di chi ha competenza e conoscenza perché chi ha il compito di legiferare lo dovrebbe fare con spirito di servizio nell’interesse dei cittadini italiani. Per quanto riguarda il secondo punto, ovvero il carattere vincolante del testamento biologico, ritengo che se cadesse questo presupposto sarebbe del tutto inutile per una persona lasciare qualunque indicazione scritta. È ovvio che le volontà di un paziente non vadano eseguite in maniera meccanica dal medico, è essenziale che vi sia un colloquio approfondito con i familiari del malato, un confronto con un fiduciario che sappia interpretare le indicazioni adattandole alle circostanze, una riflessione fatta assieme, nell’interesse del paziente.

Ma se scriviamo che il testamento biologico non è vincolante per il medico, questa non sarà una legge a favore della libertà di scelta ma sarà una legge che affida al medico la responsabilità di decidere, che lo voglia o che non lo voglia, ovvero un’altra legge.

* chirurgo, senatore Pd