APPELLO PER LA SENTENZA DI GENOVA

NOI C’ERAVAMO

Noi c’eravamo e abbiamo visto.

Abbiamo visto la violenza inaudita di quelle giornate, la caccia indiscriminata a persone inermi, l’assoluto arbitrio nel gestire l’ordine pubblico.

Siamo stati poi costretti a registrare con sconcerto la decisione della magistratura che ha deciso di non procedere nell’accertamento delle responsabilita’ delle forze dell’ordine per le gravi violenze subite dai manifestanti che parteciparono al grande corteo dei 200 mila del 21 luglio 2001.

Bolzaneto, la scuola Diaz. Assieme ad altri nomi, come Alimonda, Manin, Tolemaide, rimarranno tra le pagine oscure di questo paese.

Abbiamo aspettato sette anni per vedere scritto nero su bianco quello che abbiamo visto e a cui abbiamo assistito, per guardare finalmente in faccia i responsabili di quello scempio.

La sentenza dello scorso 13 novembre sul processo Diaz è un ulteriore insulto alla nostra richiesta di giustizia e trasparenza, alla fiducia che ancora avevamo che la verità potesse finalmente essere sancita.

Per la “macelleria messicana”, così definita dall’allora vicequestore aggiunto della Questura di Roma Michelangelo Fournier, i responsabili si trovano solamente tra la manovalanza di Canterini, allora comandante delI Reparto Mobile di Roma.

Nessun vertice della Polizia è stato incriminato: né Francesco Gratteri, promosso a direttore del dipartimento Anticrimine, già a capo dello Sco; né Gilberto Caldarozzi, promosso a capo del Servizio centrale operativo; né Giovanni Luperi, promosso al vertice del servizio segreto civile, già vicedirettore dell’Ucigos; né Spartaco Mortola, già dirigente della Digos, ora promosso vicequestore aggiunto a Torino.

Tutti assolti.

Mentre l’allora capo della Polizia, Gianni De Gennaro, responsabile della piazza durante il G8 di Genova, e’ diventato addirittura direttore del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Rimangono i verbali falsificati, gli arresti ingiustificati, le molotov introdotte illegalmente nella scuola per giustificare l’assalto, la loro sparizione dall’ufficio della Questura di Genova dove erano in custodia come corpo del reato, a fare da sfondo ad un’ulteriore brutta pagina della democrazia italiana.

Noi c’eravamo e per questo auspichiamo un sussulto democratico.

Una reazione pubblica, pacifica e nonviolenta per dimostrare che in questo paese esiste ancora un tessuto democratico, e che la convivenza civile si deve basare sul principio di responsabilità, sul riconoscimento dei diritti di tutti e su una giustizia che sappia tutelare le vittime, applicando il principio che la legge è uguale per tutti.

Miriam Giovanzana, Lorenzo Guadagnucci, Monica Lanfranco, Stefano Lenzi, Deborah Lucchetti, Pietro Raitano, Felice Romagnoli, Riccardo Troisi, Alberto Zoratti

Per sottoscrivere l’appello:
e-mail: noiceravamo@gmail.com
http://www.appellogenovag8.splinder.com

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AMNISTIA PER LA POLIZIA!

da: www.supportolegale.org

Giovedì 13 novembre 2008 si è concluso l’ultimo dei tre grandi processi di primo grado per gli eventi legati alle proteste contro il G8 del luglio 2001 a Genova.

Il processo a 29 funzionari di polizia per l’irruzione alla scuola Diaz che terminò con 93 persone arrestate illegalmente e 61 di queste ferite gravemente si è concluso con una sentenza esemplare: sedici assoluzioni e tredici condanne.

Il tribunale ha deciso di condannare solo gli operativi e di assolvere a pieno titolo chi ha pianificato un’operazione vendicativa e meschina. Di assolvere le menti che per giustificare una carneficina hanno deciso di piazzare due bombe molotov recuperate nel pomeriggio tra gli oggetti rinvenuti, di mentire circa l’accoltellamento di un agente, di coprirsi l’uno con l’altro raccontando incredibili resistenze da parte degli occupanti della scuola e saccheggiando il media center che vi si trovava di fronte.

La ciliegina sulla torta del presidente Barone e delle sue due giudici a latere Maggio e Deloprete: alle vittime di quella notte va qualche spicciolo, tanto perché nessuno si lamenti di essere stato tagliato fuori da una immaginaria torta.

Alla lettura della sentenza nessuno di noi si è meravigliato. Non siamo delusi, non siamo tristi, né pensiamo alcuno dovrebbe esserlo. Siamo solo furiosi.

Non abbiamo mai creduto che la giustizia fosse veramente “uguale per tutti”, non abbiamo mai creduto che chi esercita il potere avrebbe ammesso di essere giudicato, di essere messo in discussione.

Ma il dileggio con cui è stata confezionata questa sentenza parla da sé: l’amnistia per la polizia è la seconda parte di quell’operazione vendicativa e meschina che ha portato alla Diaz.

E’ il secondo tempo della vendetta per la frustrazione e il terrore che lo Stato e i suoi apparati hanno provato in quei giorni di rivolta. Non ce l’hanno mai perdonata e non ce la perdoneranno.

La sentenza che chiude questo ciclo di processi di primo grado dovrebbe essere una lezione di storia, e forse grazie ad essa restituiremo la dignità a una vicenda che ne ha avuta molto poca, perché molti oltre a noi si accorgeranno di qualcosa che è la base di quanto è successo a Genova in quei giorni.

Esiste una posizione per cui parteggiare: quella degli insofferenti, quella dei subalterni, degli sfruttati, dei deboli, di coloro che lottano per un mondo migliore e più equo.

Ed esiste un’altra posizione, quella di chi comanda ed esegue, di chi tortura e vìola, dei forti con i deboli e dei deboli con i forti, quella di chi esercita il potere e lo coltiva.

Nella vita bisogna scegliere. Noi lo abbiamo fatto, oliando meccanismi di memoria che altrimenti avrebbero condannato all’oblìo una pagina nera della storia italiana e internazionale. Noi lo facciamo tutti i giorni.

Non abbiamo rimorsi e non abbiamo rimpianti per quanto è avvenuto. Solo rabbia. E non siamo i soli.