ITALIA: A FARI SPENTI NELLA CRISI

di mazzetta
da altrenotizie.org

Quando Silvio Berlusconi invita gli italiani all’ottimismo e a spendere i soldi che non hanno, diventa chiaro che non ci sia da attendersi molto dal governo. Il governo italiano è l’unico a non aver ancora messo sul piatto della crisi denaro reale, i suoi interventi fino ad oggi si sono limitati alla proclamazione della garanzia statale sui depositi di conto corrente, un intervento virtuale per il quale non è stata indicata alcuna copertura reale, tanto da far supporre che se il governo dovesse veramente coprire i depositi bancari non avrebbe i soldi da consegnare ai correntisti. L’incombere di migliaia – se non di milioni – di prossimi disoccupati, la perdita del potere d’acquisto di quanti conservano l’impiego e la stretta del credito, non sembrano avere spazio nelle fantasie del premier, che lamenta il disfattismo dei media come responsabile dei disastri a venire. Dall’epicentro della crisi non giungono quindi buone notizie. Nonostante una montagna di soldi veri trasfusi nei bilanci di banche ed istituzioni finanziarie, il rischio di un collasso del sistema non è per niente scongiurato.

Cifre che fanno impressione, il famoso bailout da 700 miliardi di dollari è in realtà la frazione di una cifra ben maggiore che è già stata trasfusa nel sistema finanziario americano, che secondo Bloomberg ha raggiunto il totale siderale di 7.400 miliardi di dollari (al vecchio cambio in lire una cifra espressa in milioni di miliardi, in euro qualcosa come 5.000 miliardi. Per avere un termine di paragone, una finanziaria italiana medio-pesante vale 30 miliardi di euro). Una montagna di denaro che equivale ad un aumento del debito di 24.000$ per ogni americano vivente e che al momento non sembra essere servita a molto. Se oggi Citygroup chiama qualche altro centinaio di miliardi di Euro, quelli erogati ad AIG sono già quasi del tutto evaporati alla fine di ottobre e la prima azienda assicurativa americana non può dirsi ancora in salvo.

La lista dei buchi da coprire si allunga ogni giorno, ancora non si è giunti in fondo al baratro dei subprime che tutta una serie di nuove voragini si aprono davanti agli addetti al salvataggio dell’economia statunitense. Se la nuova amministrazione Obama ha preannunciato un pacchetto di investimenti per stimolare l’economia di (altri) 700 miliardi di dollari e se Bush in persona si è affacciato ad annunciare altri salvataggi dopo quello di Citigroup, è facile intuire che la battaglia sia ancora in corso e che l’esito non sia per nulla certo. Il resto del mondo non sta meglio, numerosi paesi sono in ginocchio alla porta del Fondo Monetario Internazionale per salvarsi dal default in stile argentino. L’Europa nel suo complesso ha già buttato nel calderone più di mille miliardi di Euro e altri ne butterà; lo stesso hanno fatto il Giappone, la Corea e le altre economie avanzate, con la Cina che ha messo sul piatto anche uno stimolo per l’economia da 500 miliardi di dollari. La Cina che cresce “solo” del 9% nel 2008 manda a casa migliaia di lavoratori, nel resto del mondo è notte.

Non c’è un solo paese al mondo che stia sorridendo ed è evidente che anche i timori sull’invasione da parte dei terribili fondi sovrani dei paesi emergenti facciano parte di una maldestra propaganda. Con il prezzo del petrolio a picco i fondi sovrani dei paesi mediorientali non hanno nemmeno di che coprire le perdite dei loro investimenti a Wall Street, mentre la parallela compressione del mercato globalizzato spinge i fondi asiatici alla prudenza e al limite a dare ossigeno alle economie di riferimento. Per rendersi conto della misura del disastro basta pensare che oggi, dopo un crollo di quasi il 40% del valore delle borse mondiali, si attendono altri scossoni al ribasso e negli Stati Uniti ci si chiede se il prossimo anno la percentuale dei disoccupati americani sarà inferiore al 15 piuttosto che al 20%.

Una mostruosa compressione dell’economia che si avvita su se stessa in un gorgo che nessuna forza al mondo sembra in grado di arrestare, perché insieme ai mercati vanno a fondo tutti gli indicatori fondamentali, falcidiando il tenore di vita di milioni di persone, benestanti compresi. A titolo di esempio, un pensionato americano benestante, con un milione di dollari investito in una configurazione difensiva, nel 2007 incassava in media 50.000 dollari in rendimenti, oggi il suo capitale è sceso a 700.000$ e il rendimento a 21.000.

Che la crisi sia sistemica è evidente, ma ancora nessuno accenna a correzioni sistemiche. Gli unici accenni a riforme sistemiche indicano che a decidere delle riforme saranno gli stessi che hanno fatto il danno, così come oggi quelli che decidono come spendere il denaro pubblico, per salvare cosa e chi si può immaginare, sono ancora una volta gli stessi. Non stupisce quindi che il denaro pubblico stia affluendo principalmente verso gli epicentri della bolla finanziaria. Ci hanno raccontato che occorre “coprire” debiti gonfiati e castelli finanziari costruiti ad arte, dare denaro pubblico in cambio di cartaccia e salvare un’elite finanziaria completamente astratta dalla realtà, in modo che le sue imprese e i suoi equilibri non siano compromessi, per il bene di tutti.

Decisioni politiche che sono state prese a seguito di riunioni convocate d’urgenza sull’orlo dell’abisso, con i legislatori costretti a decidere con il coltello alla gola e senza alcuna informazione fondata e verificabile sullo situazione. Sembra incredibile, ma a deputati e senatori americani non è dato sapere nemmeno a chi stiano finendo i soldi, è passato il principio proposto dall’amministrazione Bush, secondo il quale la trasparenza in questi interventi sarebbe sfruttata da speculatori e finanzieri d’assalto per aggredire le istituzioni finanziarie più deboli. Non va meglio negli altri paesi, dove i “salvataggi” sono comunque definiti nelle segrete stanze.

In nome dell’urgenza e della crisi si permette a chi ha mandato al disastro le economie mondiali di attingere a piene mani dai bilanci pubblici senza pretendere nulla in cambio. I debiti di un ristretto numero di privati diventano debito pubblico al fine di perpetrare un sistema che si è dimostrato insostenibile logicamente e materialmente, dato che la pretesa della crescita infinita posto alla base della costruzione teorica è insostenibile matematicamente prima ancora che logicamente. Il fatto stesso che si sia atteso fino all’esplosione del disastro previsto da tempo per pensare a qualche intervento, dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che tutti gli attori del sistema hanno continuato a recitare la parte fino a quando è stato possibile, perché non conoscono, non vogliono e non possono recitare nessun’altra parte. Il fatto che gran parte dei soldi e del soccorso pubblico stia finendo ad una platea molto ristretta di sconsiderati adepti della crescita infinita, e che a milioni di persone gettate nella miseria dagli effetti della loro crisi finiscano gli spiccioli, è la spia più evidente dell’assoluta mancanza di volontà nel correggere gli evidenti difetti sistemici del liberismo selvaggio al quale è intitolato il sistema economico corrente.

Nel nostro paese la situazione è ancora peggiore, il governo non si muove e non sembra avere la minima idea sul che fare. La scena è presidiata dal Presidente del Consiglio che invoca ottimismo e dispensa consigli ridicoli quando non offensivi verso chi sta subendo la crisi e dal ministro dell’economia, che si veste ora da Robin Hood e ora da no-global spargendo facezie su una platea attonita. La presunta solidità delle banche italiane non risparmierà agli italiani gli effetti terribili della crisi, visto che le solidissime banche italiane sono ben lungi dall’essere il motore sano di un’economia sana e che gran parte dell’imprenditoria italiana è abituata ad operare solo in contesti protetti. Non è un caso anche nell’operazione CAI/Alitalia ci siano da un lato grandi imprenditori invitati
all’investimento garantito senza alcun merito e senza nessuno sforzo, e dall’altro imprenditori meno grandi che rischiano il fallimento per aver fornito ad Alitalia beni e servizi che non saranno pagati dalla bad company fallita. Beni e servizi che saranno goduti invece dagli imprenditori associati in CAI, quelli che il rischio del fallimento non lo corrono mai.

Incredibilmente sindacati ed imprenditori italiani discutono in questo momento di salari legati alla produttività, il governo infierisce sui precari e nessuno sembra per nulla preoccupato del fatto che che già oggi i redditi dei lavoratori dipendenti non abbiano sufficiente potere d’acquisto. Invocano la crescita mentre si affacciano centinaia di migliaia di licenziamenti, contratti non rinnovati e cassa integrazione a tappeto. La classe dirigente italiana mette la testa sotto la sabbia e spera che per sopravvivere alla tempesta sia sufficiente non essere travolta personalmente, mentre tragici maestrini cercano di sottrarre alla spesa sociale un altro po’ di denaro da girare agli amici.

Il liberismo del governo italiano assomiglia in maniera straordinaria alla gestione corrotta dell’economia che ha trascinato nel baratro gli Stati Uniti: pesanti tagli alle spese sociali e dirottamento delle risorse in capitoli di spesa presidiati e predati dai favoriti. Il tutto in nome di un liberismo di facciata, che si traduce nella semplice libertà di preda da parte degli amici degli amici, nella privatizzazione degli utili e nella socializzazione delle perdite.

L’Italia affonda, mentre la sua classe dirigente cerca di mettere in salvo i patrimoni personali, il resto del Paese rimane nudo di fronte alla crisi. Molti italiani non hanno ancora un’idea precisa della vastità della crisi e quando ne saranno investiti se ne stupiranno; ancora una volta la bufera coglierà i cittadini comuni allo scoperto e, mentre loro pagheranno il prezzo di una crisi provocata da altri, questi saranno già ospiti di confortevoli ripari per pochi fortunati costruiti con i soldi pubblici.

Protetti ed impuniti, perché il dato veramente impressionante è l’assoluta latitanza di provvedimenti intesi a punire chi ha fatto stracci delle poche regole rimaste a presidiare la finanza, gli autori di estese falsificazioni dei bilanci e di decine di illegalità commesse prima per assicurarsi guadagni ingiusti e poi per occultare i fallimenti derivati da queste operazioni. Costoro non affronteranno alcun tipo di giudizio o sanzione e si dimostrerà ancora una volta come la classe dirigente nel nostro paese sia ormai un’enorme associazione eversiva di privilegiati che ha preso il controllo delle istituzioni per impiegarle a proprio esclusivo uso e consumo.