Silvio, Rupert, Walter. Tutto in famiglia

di Francesco Paternò
da il manifesto

Un colosso di televisione che si rivolta contro uno dei suoi massimi simili, roba da immaginario inimmaginabile. Un artefice della destra politico-culturale mondiale che di colpo viene arruolato nelle fila della sinistra italiana, che infatti non esiste, ma tant’è. E ancora, uno scontro tra oligarchi dell’informazione a colpi di spot confezionati con gli argomenti dell’altro.

E milioni di famiglie allegramente usate come una clava da una parte e dall’altra (e pure da Walter Veltroni). E’ l’Italia di Rupert Murdoch, proprietario di Sky cui il suo amico Silvio Berlusconi ha raddoppiato l’Iva dal 10 al 20% sulle tv a pagamento. Cioè proprio su Sky, che girerà il conto agli abbonati.

Apriti cielo: Murdoch ha lanciato un siluro a forma di spot e interviste a forma di quotidiani per rispondere militarmente a Berlusconi. Che per la prima volta si ritrova contro una televisione – in realtà un sistema di potere vero e proprio – cosa che nell’italietta di Sua Emittenza non si era mai vista. Il Cavaliere farebbe bene a chiedere lumi a qualche esperto americano di comunicazione o anche a un semplice cittadino avvertito di Kansas City, per sapere come Murdoch usa lì la sua Fox Tv (satellitare all news e all Bush). Contro o per, ma sempre in forma di rullo compressore.

In Italia lo scenario, anzi il quadretto è questo: «Sky è di sinistra», ha accusato Berlusconi, ma la maestra unica Mariastella Gelmini aveva già buttato lì in altra occasione che «il governo Berlusconi è di sinistra», dunque è evidente che l’aggettivo ha sempre meno senso. E zero per Murdoch di Adelaide. L’uomo è un signore di 77 anni che mastica (anche in senso letterale) etere, carta e web, nelle proporzioni di un impero fra decine di televisioni, circa 180 testate, siti come MySpace. Non ha nemmeno bisogno di sembrare di sinistra. Se in Gran Bretagna aveva un problema, dopo avere conquistato e fatto a fettine la ex Fleet Street, il premier laburista Tony Blair era un magnifico interlocutore.

La solita storia del business is all, pecunia non olet e via di seguito. Con un grande ma: bisogna saperci fare davvero. E Murdoch è tra questi.
«Il mondo sta cambiando molto in fretta. Chi è grande non sconfiggerà più chi è più piccolo, ma chi è veloce batterà quelli che sono lenti». Con un po’ di zapping su Internet, è facile reperire interventi di Murdoch sull’argomento comunicazione, che hanno fatto il giro del mondo per il loro mix di acutezza e provocazione. Certo, il personaggio è chiamato «lo squalo» per il modo in cui tratta gli affari e forse anche per come tratta i suoi dipendenti (direttori compresi). Fare concorrenza è il suo buongiorno, basta che sia da destra.

L’ultima che vale la pena ricordare è dell’anno scorso, quando si compra il Wall Street Journal per 5,6 miliardi di dollari, cioè il più influente gruppo di comunicazione economico-finanziaria del mondo. Glielo vendono dopo grandi litigi in famiglia i Bancroft, 34 eredi e simbolo dell’aristocrazia editoriale americana, che di fronte allo «squalo» si fanno due conti: fino a quando, da soli, produrremo utili con la carta?

Da editori, Murdoch e Berlusconi stanno un po’ come il neoministro del tesoro americano di Barack Obama al fiscalista creativo di Sondrio. Un baratro. L’Iva raddoppiata arriva però dopo tanti affari in comune e alcuni sgambetti. Il più irritante, Berlusconi gliela ha fatto un governo fa, decidendo aiuti di stato ai decoder per il digitale terrestre. E’ un attacco a Sky e Murdoch convince l’Unione europea ad aprire una procedura d’infrazione. La battaglia a Bruxelles dura tre anni, ma alla fine il Cavaliere vince. Tutto in famiglia, perché il fratello Paolo controlla la società distributrice dei decoder.

Oggi però è guerra guerreggiata. In ballo ci sono molti più soldi e una crisi grande così. Berlusconi deve solo sperare che il motto più noto di Murdoch valga solo per i suoi direttori e amministratori delegati di giornali e tv: cambiare o morire.