Riforma Gelmini – Ma quale marcia indietro?

di Alba Sasso
da www.aprileonline.info

Il Consiglio dei ministri ha oggi approvato i regolamenti attuativi del piano programmatico della scuola confezionato dal ministro dell’Istruzione Gelmini. Il piano previsto avrebbe dovuto essere congruo alla legge 133 e invece si scopre che introduce misure non previste dalla norma. Dunque la Gelmini e il governo non hanno fatto marcia in dietro. Il verbale firmato a Palazzo Chigi pochi giorni fa non ha comportato nessuna revisione da parte della responsabile dell’Istruzione e dell’esecutivo, come del resto lasciava intendere il permanere dei tagli originari, mai messi in discussione.

Perché -ed è questo l’aspetto essenziale- la cosiddetta riforma Gelmini è tutto tranne che una riforma.: si tratta al contrario di un taglio economico, feroce e indiscriminato, che si abbatte come una mannaia su tutti i livelli scolastici, attraverso soprattutto la riduzione degli insegnanti e degli orari di formazione.
Quelli di oggi sono regolamenti attuativi di un piano che non ha accolto nessuna osservazioni critica, che non ha tenuto in conto un mondo, quello della scuola, che è scese in più occasione in piazza per far sentire il suo giudizio critico.

C’è poi un problema di metodo politico. I regolamenti attuativi, per volontà del governo e a differenza di quanto fatto dall’esecutivo di centrosinistra, non passeranno al vaglio delle Camere, il che comporta la possibilità, da parte dei promotori, di introdurre misure nuove e non previste. Cosa infatti accaduta, come dimostra l’anticipazione a due anni e mezzo della scuola dell’infanzia, già introdotta dalla Moratti e oggi riconfermata, senza essere stata però discussa o anticipata: un blitz, una misura introdotta in modo autoritario. Oltre ad essere una scelta insensata perchè comporterà la crescita della platea dei bambini a cui non potrà provvedere un corpo docente a sua volta decurtato dalla contrazione delle le risorse, dai tagli previsti. 87mila insegnanti sono mandati a casa con ripercussioni gravi sulla formazione primaria.

Anche il maestro unico è confermato, come del resto è obbligatorio fare quando si decide di tagliare fondi come ha deciso questo governo. Del resto il protocollo firmato a Palazzo Chigi era chiaro in tal senso e non faceva pensare ad una marcia indietro.

Per la scuola superiore, infine, l’impegno dell’esecutivo era un altro. La maggioranza si era impegnata, nel verbale, ad aprire un confronto su regolamenti attuativi: niente di più falso perché l’unica apertura riguarda la applicazione dei provvedimenti. Il problema al contrario è quello di discutere i contenuti, cosa prevedono i regolamenti, i quali in questo caso introducono novità (negative) non previste dalla legge 133. Il che non escluso possa aprire un contenzioso giuridico-normativo.

A questo punto si fa ancor più chiaro il fine del piano Gelmini. Massacrare la scuola dell’infanzia, e delle elementari (le migliori in Europa), colpire le medie riducendo il tempo prolungato, introdurre il federalismo fiscale col buono scuola, non può che significare voler procedere alla distruzione della formazione pubblica, costringendo e spingendo le famiglie verso quella privato. E’ dunque un piano politicamente preciso, tutt’altro che a-finalistico. A cui si procede, infatti, senza ascoltare le esperienze reali che giungono dal mondo scolastico, senza tenere in considerazione i suoi protagonisti: insegnanti e famiglie.

Quanto sta attuando il governo Berlusconi è un colpo mortale inferto non solo all’istruzione, ma anche all’occupazione: nella scuola non entrerà più nessun docente, i precari saranno licenziati, mentre il corpo insegnanti subirà un progressivo invecchiamento.

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RIFORMA GELMINI: BUONA LA TERZA?

di Mariavittoria Orsolato
da www.altrenotizie.org

L’onda è ormai in riflusso. Sebbene le iniziative di autogestione continuino nelle università e nei licei e ci siano stati recenti cortei di solidarietà con i colleghi greci, la mobilitazione vera e propria è finita con la manifestazione romana dei 200.000 lo scorso 14 novembre e con la conseguente proposta di autoriforma. Da allora i toni sulla scuola si sono abbassati per poi essere travolti dai mille altri problemi della politica nostrana.

Ne ha approfittato Maria Stella Gelmini che, dopo aver annunciato più d’un ripensamento sulla riforma che porta il suo nome, ha deciso di sfruttare il vicinissimo break natalizio per presentare i 4 decreti che vanno a correggere la già approvata legge 169/2008 e lanciano definitivamente la riforma per l’anno scolastico 2009/2010.

Due i decreti già approvati ieri dal Consiglio dei Ministri che riguardano il riassetto di elementari e medie, mentre sono ancora al vaglio del Cdm i regolamenti per il riordino della superiori; a palazzo della Minerva però si ostenta ottimismo ed è la stessa ministra ad imbrodarsi affermando orgogliosa di essere la firmataria della “prima riforma organica di tutti cicli scolastici dopo quella di Giovanni Gentile nel 1923”. Noi non ce ne vanteremmo, ma si sa, de gustibus…

Andando nel dettaglio dell’ennesima ritocco, per quanto riguarda l’ex scuola materna, il nuovo anno scolastico vedrà ripristinato il comma morattiano – poi abolito dall’ex ministro Fioroni – per cui anche i bambini di 2 anni e mezzo potranno frequentare l’asilo. Per andare incontro alle esigenze delle famiglie sono state poi confermate le cosiddette “sezioni primavera” introdotte dal governo Prodi, classi speciali per i piccoli dai 24 ai 26 mesi.

Tutt’altra musica nelle scuole elementari: dal prossimo settembre il “modulo” che vedeva tre maestre a rotazione su due classi verrà definitivamente soppresso in favore del maestro unico prevalente o di riferimento – la definizione è ancora “under construction” – che rimarrà in classe per 22 ore settimanali, lasciando le ore restanti ad un collega “tappabuchi” di cui ancora sono sconosciute le mansioni.

Il tempo pieno pare infatti essersi salvato dalla mannaia economica del ministro Tremonti: “Le famiglie potranno però decidere il quadro orario ¬- ha tenuto a sottolineare la Gelmini – con il maestro unico il tempo pieno aumenterà”, i genitori potranno così scegliere tra un orario settimanale di 27-30 ore di lezione (24 in prima) e il tempo pieno di 40 ore; quello che poi i figli faranno in queste ore lo deciderà la singola scuola, budget e insegnanti permettendo.

Alle scuole medie la rivoluzione è l’inglese, che potrà essere potenziato scartando la seconda lingua straniera arrivando così a 5 ore di lezione settimanali. Le stesse 2 ore sacrificate della seconda lingua, potranno poi essere utilizzate anche dagli studenti migranti per l’insegnamento dell’italiano: le classi ponte non sono passate, ma come possiamo vedere ci si sta lavorando.

Ad oggi questa è la metà del pacchetto approvata, per quello che concerne licei e istituti tecnici il Consiglio dei ministri si pronuncerà la settimana prossima. Nell’attesa è bene sapere che le nuovissime disposizioni non disattendono di una virgola l’intenzione di falcidiare l’offerta formativa, già espressa nel primissimo disegno di legge varato a fine agosto: a partire dall’anno scolastico 2010/2011, dei 750 indirizzi tra sperimentazioni e ordinamenti, ne rimarranno solo 20 ( 9 per i licei e 11 per gli istituti tecnici).

Se escludiamo la soppressione dell’indirizzo “beni culturali” all’artistico e le varie sperimentazioni linguistiche e psico-pedagogiche, il panorama dei licei ne esce quasi indenne; i più preoccupati sono gli allievi degli istituti tecnici che vedranno gli indirizzi disponibili ridotti da 204 a 11 (due per il comparto economico e nove per quello tecnologico) e dovranno adattarsi allo smembramento
degli anni di corso che, da quinquennio unitario, si trasformeranno in un percorso di avviamento al lavoro 2+2+1 diviso tra formazione base, specialistica e perfezionamento. Al quinto anno sarà poi possibile svolgere stage aziendali (gratuiti) e gli istituiti apriranno i loro comitati scientifici agli imprenditori e ai professionisti.

Per tutte le scuole, dall’asilo al liceo, le ore di lezioni saranno poi tassativamente fissate a 60 minuti e non a 50 o 55 come si usava per andare incontro alle esigenze degli studenti pendolari: in questo modo le ore effettive annuali passeranno da 990 a 1056 e il tutto sarà orchestrato all’insegna del risparmio, con buona pace del personale docente e tecnico-amministrativo.

Il rinnovo contrattuale del 2009 vede un aumento di soli 79 euro lordi al mese, 60 se si parla di scuole elementari, una miseria che la Cgil non firma perché “le risorse messe a disposizione sono una miseria e offendono la dignità dei lavoratori della scuola”, ma che Cisl, Uil, Snals-Confsal e Gilda hanno sottoscritto in nome della crisi economica, memori del vecchio motto per cui piuttosto di niente è meglio piuttosto.

Siamo di nuovo a capo quindi: la scuola pubblica è un colabrodo, le risorse mancano, il personale viene tagliato. Le uniche a salvarsi (come sempre) dalla schiacciasassi ideata dal duo Gelmini-Tremonti sono ovviamente le scuole private “paritarie” – praticamente tutte cattoliche – i cui 550 milioni di finanziamento pubblico non verranno scalfiti se non in parte minima: nella finanziaria era contenuto un emendamento che imponeva il taglio di un terzo dei finanziamenti alla scuola privata, (circa 133 milioni), ai vescovi è bastato protestare minacciando di scendere in piazza per vedere l’articolo ritirato immediatamente. E’ proprio vero che i ragazzi dovrebbero frequentare di più le chiese: li sì che sanno come farsi sentire!