Fine-vita, Marino sfida il Pd

intervista ad Ignazio Marino a cura di Alessandro Calvi
in “il Riformista” del 4 gennaio 2009

«È arrivato il momento che il Pd decida da che parte stare». Quella di Ignazio Marino è quasi una
chiamata alla conta, in vista della riunione dei gruppi parlamentari convocata per il 16 gennaio. «Un
partito che vuole governare il Paese – spiega il parlamentare democrat che è autore di un disegno di
legge sul testamento biologico firmato da 101 senatori – non può continuare a mantenere una
posizione poco chiara su temi così importanti come il fine-vita». Per farlo, però, nel Pd si deve
superare un «imbarazzo» ad affrontare questi temi, pensando che «il mondo cattolico abbia una
posizione uniforme». Tanto più che se il Parlamento votasse la legge voluta da Eugenia Roccella e
Paola Binetti il risultato sarebbe di mettere i medici di fronte alla scelta se violare la legge o violare
il codice deontologico.

Eugenia Roccella dice che legge sul fine vita questa volta si farà. Il Parlamento, però, appare incerto, come anche i due grandi partiti. E il Pd appare anche molto preoccupato per il rischio che la legge, alla fine, si rivelasse un boomerang.
Io appartengo a un partito che ha l’ambizione di governare questo Paese. Mi sembrerebbe
assolutamente in contrasto con questa ambizione il fatto di non saper assumere una posizione chiara
su un tema così importante. Ecco, mi sfuggirebbe il senso di un partito che non riuscisse a dire da
che parte sta.

Già, però sino ad oggi è andata proprio così.
E infatti credo che nel Pd ci sia resi conto che questo passaggio non è più procrastinabile. Tanto che
tutti i parlamentari sono convocati per una riunione il 16 gennaio al termine della quale dovrà
emergere la linea del partito sulle terapie di fine vita e se i cittadini abbiano il diritto di esprimere
indicazioni. Molti di noi sono convinti che a questo si debba arrivare anche con un voto a
maggioranza.

Dunque, siamo alla conta?
Quale altro metodo c’è per arrivare democraticamente a una scelta? L’unico che conosco se manca
l’unanimità è questo.

Sarebbe una novità. Ieri su Repubblica la Mafai parlava di un’ondata neoguelfa, facilitata dalla afasia della politica.
È come se ci fosse un imbarazzo ad affrontare i temi che vengono etichettati come eticamente
sensibili, pensando che nel mondo cattolico vi sia una posizione uniforme che si identifica con le
dichiarazioni di alcuni esponenti delle gerarchie. Ma non è così. Anzi, alla fine le posizioni di
Binetti e Roccella sono piuttosto isolate mentre il dibattito è piuttosto vivace. Basta pensare alla
lettera pubblicata da Repubblica di alcuni sacerdoti sempre sulla vicenda di Eluana Englaro. O
all’appello sul sito www.appellotestamentobiologico.it, sottoscritto da oltre 30mila italiani, ciascuno
dei quali ha anche scritto un pensiero. Se il ministro Sacconi o Eugenia Roccella li leggessero,
scoprirebbero che la maggior parte sono credenti che pensano che le decisioni sul fine-vita le
debbano prendere i cittadini e non lo Stato.

Anche sulla nutrizione?
Non voglio rispondere in termini vaghi come spesso fa chi ha responsabilità di governo. Pensiamo a
un paziente che si ammala di tumore all’esofago e che, insieme al proprio medico, decide di
spegnersi nella propria casa, con l’aiuto delle cure palliative, facendo a meno della cannula che,
inserita nello stomaco, gli avrebbe consentito di nutrirsi ancora per un po’ di tempo. La legge che
vorrebbero Roccella e Binetti prevede che nutrizione e idratazione siano obbligatorie in qualunque
fase della vita. Dunque, quando quel malato entrerà in coma, il medico si troverebbe di fronte a un
bivio: violare il codice deontologico, che impone il rispetto delle scelte fatte nell’ambito
dell’alleanza terapeutica, o violare la legge, che invece imporrebbe la nutrizione. E così ci sarebbero
non uno ma migliaia di casi Englaro. E il tribunale diventerà definitivamente il luogo nel quale
risolvere le questioni che riguardano il fine vita.