E se parlassero solo gli uomini?

di Fulvia Bandoli
da www.aprileonline.info

Ascoltando la discussione avvenuta alla Camera sulle varie mozioni presentate per prevenire e contrastare la violenza di genere e le molestie si solleva un dubbio. Il fatto che le donne continuino a prendere, quasi loro soltanto, la parola, non fornisce agli uomini l’alibi migliore per tacere su questi temi? E’ indispensabile indagare e conoscere padri, mariti, figli, amici e la loro sessualità, ancora oggi un oggetto misterioso

Ho seguito la discussione avvenuta alla Camera sulle varie mozioni presentate da tutti gli schieramenti politici per “prevenire e contrastare la violenza sessuale e le molestie”. L’ennesimo dibattito (tanti ne ho sentiti anche mentre ero parlamentare) portato avanti prevalentemente e quasi esclusivamente da donne. Se analizziamo questo semplice fatto dal punto di vista simbolico una cosa balza agli occhi in modo eclatante. Parlano solo le vittime (le donne) mentre i molestatori e i violentatori (gli uomini) tacciono. Parlano le donne perché le vittime sanno meglio di che cosa si tratta e conoscono meglio la materia? Non mi pare una spiegazione convincente.

Diciamo piuttosto che parlano le donne perché pensano di sapere meglio di cosa si tratta…ma si sbagliano. Perché nessuno meglio degli uomini potrebbe spiegare cosa sia la sessualità maschile e il perché questa sessualità così spesso degeneri in violenza e altrettante volte in molestie. Specialmente in ambito familiare o nei luoghi di lavoro.

Parlano sole le donne perché gli uomini si vergognano, non hanno il coraggio di affrontare il tema, ma soprattutto non hanno ancora le parole per farlo. E quando qualcuno di loro (pochissimi) prova a farlo, come è accaduto stamattina al mio amico Gianni Cuperlo nel suo apprezzabile intervento, non riesce a partire da se stesso ma parla anche lui prevalentemente delle vittime e degli stupri etnici.

Il fatto che pervicacemente le donne continuino a prendere, quasi loro soltanto, la parola, fornisce agli uomini l’alibi migliore per tacere. Ho tentato, invano, alcuni anni fa, di convincere le mie colleghe parlamentari a non prendere la parola in Aula sui temi della violenza e di far parlare gli uomini, di costringerli a confrontarsi con un tema che riguarda in primo luogo loro. Non ho avuto successo, le donne continuano ad animare anche i dibattiti di oggi e purtroppo anche loro nominano pochissimo (o quasi mai) la sessualità maschile. Rinnovo la mia proposta alle donne che sono adesso in Parlamento.

Come è possibile non capire che sarebbe simbolicamente e culturalmente assai rivoluzionario sentire un dibattito sulla violenza sessuale nel quale per la prima volta fossero gli uomini a dire le cifre delle violenze, a dire quante volte accadono tra le mura domestiche, a tentare di trovare le parole per spiegare perché mai un sesso (il loro, quello maschile) continua a violentarne un altro (quello femminile)?
Nel dibattito di stamattina ho sentito anche invocare una più estesa assistenza alle donne che subiscono violenza e non voglio negarne l’utilità, ma la logica che anima questa richiesta continua ad intervenire a valle della violenza, dopo che essa è già avvenuta.

Per prevenirla, per cambiare la cultura e gli stereotipi sarebbe bene dire chiaramente che coloro che andrebbero “assistiti”, indagati, conosciuti sono gli uomini. Gli uomini e la loro sessualità che continua ad essere un oggetto misterioso, e il loro concetto e uso del potere che fa tutt’uno con l’idea che hanno del loro sesso.