La tratta delle persone Trans/gender a partire dal “non detto”: una forma di discriminazione

di Ines Valanzuolo
da www.womenes.net

Per chi vuole uscire dalla schiavitu’ della tratta, c’è un percorso particolarmente aspro e con difficolta’ insormontabili riservato alle persone transessuali: sono necessari interventi urgenti degli enti locali.

Presso l’Assessorato delle Politiche Sociali del Comune di Roma rappresentanti degli enti locali, delle istituzioni nazionali , associazioni impegnate nella accoglienza , rappresentanti sindacali, persone trans/gender si sono riuniti l’8 gennaio per mettere in discussione pubblicamente il fenomeno della tratta di persone trans /gender, occultato, dimenticato soprattutto ora che il fenomeno sta cambiando, ora che cambiano le modalità di approccio con le vittime , le motivazioni che spingono le transessuali a migrare. L’intervistata Gigliola Toniollo, del settore Nuovi diritti della Cgil, ha introdotto i lavori ricordando che nella attuale grave situazione internazionale quelli che sembrano problemi di nicchia sono in realtà spie di quanto accade a tutte le minoranze vittime di organizzazioni criminali, colpevolmente ignorate dalle presunte istituzioni democratiche.

1) L’associazione Libellula, l’associazione Ora d’aria e Il Settore Nuovi Diritti della CGIL di cui sei responsabile, hanno organizzato il Convegno ” Il non detto: I convegno sulla tratta delle persone trans/gender” il cui titolo è già più che una allusione alle problematiche approfondite nel pomeriggio di lavori: perché questo primo convegno circa il “non detto”?

Tengo innanzi tutto a dare rilievo al fatto che non si tratta di un convegno su prostituzione e transessualismo, perché dopo venti anni di battaglia contro lo stereotipo persona transessuale – prostituta, non voglio rischiare di avvalorare questo luogo comune, profondamente errato, che produce conseguenze e esclusioni assai dolorose e ingiuste. L’obiettivo era di evidenziare proprio il “non detto”, un particolare tipo di discriminazione nei servizi al fine di chiedere interventi urgenti agli enti locali, infatti per chi vuole uscire dalla schiavitu’ della tratta, nel modo previsto dalle nostre leggi, c’è un percorso particolarmente aspro e con difficolta’ insormontabili riservato alle persone transessuali.

L’idea di organizzare un convegno in argomento ci e’ stata proposta dall’associazione Libellula, quando si è rivolta a Salvatore Marra del nostro Ufficio Nuovi diritti di Roma e Lazio segnalando carenze inaccettabili nei servizi: nelle case di accoglienza, per esempio, ci sono le donne, e basta.

Quindi e’ necessario partire dal punto di vista che ci sono schiave e schiave e che uscire dalla tratta della prostituzione si può, ma per le persone trans è una questione quasi impossibile. Le trans che cadono nella rete del traffico di esseri umani, sono in genere arrivate in Italia con le ragioni della poverta’ e dell’emarginazione, con in piu’ il sogno dell’intervento chirurgico, resistono molto di piu’ di altre ai maltrattamenti perché sono piu’ motivate dalla prospettiva che, almeno nel nostro Paese, potranno prima o poi essere considerate come gli altri, ma quando arrivano a denunciare chi le sfrutta, il meccanismo di protezione, gia’ di per se’ assai fragile, salta completamente.

Dopo il lungo impegno da parte in particolare di Leila Daianis, presidente dell’associazione Libellula, si e’ ottenuto che l’associazione Ora D’Aria a Roma, unica per ora, accetti di occuparsi di persone trans. D’altra parte problemi analoghi si presentano quotidianamente negli ospedali o anche nelle carceri, persino negli ostelli, dovunque essere uomo o donna preveda percorsi diversi.

2) La tratta delle persone trans rientra nella questione ordine pubblico alla base dei vari provvedimenti attuali, locali e nazionali, e delle diverse proposte di legge circa la prostituzione tendenti a rivedere la legge Merlin?

Certo, le persone transessuali “trafficate” hanno gli stessi problemi rispetto alle recenti ordinanze e al ddl Carfagna, ma come ho detto, la discriminazione scatta nella diversificazione dell’accoglienza e dei servizi che sono previsti per la persona trans che, denunciando il proprio sfruttatore o meno, voglia uscire dall’ambito della prostituzione.

3) Quali sono quindi le questioni fondamentali che le istituzioni italiane dovrebbero affrontare per definirsi democratiche e attente alle dinamiche nuove determinate dalla globalizzazione e dalla informatizzazione della comunicazione?

Intanto in Italia abbiamo una legge sul transessualismo che, pur essendo stata a suo tempo una formidabile conquista, oggi rivela delle non sufficienze che altri Paesi (Spagna, Inghilterra, Germania) hanno superato. In Italia il cambio del nome e dell’indicativo di genere sui documenti e’ rigidamente collegato all’interventi chirurgico di riattribuzione dei genitali. Inoltre la Legge Merlin, che resta sino a oggi, la migliore proposta nei confronti del tema prostituzione, non e’ stata depenalizzata, consentendo interpretazioni di comodo e veri e propri abusi nel “risolvere” con la repressione.

4) Quali sono le possibili ricadute delle relazioni stabilitesi tra sindacato, associazionismo delle persone trans /gender e istituzioni locali?

Salvatore Marra, responsabile dell’Ufficio Nuovi Diritti Roma e Lazio, sta trattando, assieme alle associazioni territoriali, Libellula in particolare, con gli enti locali per risolvere molti dei problemi proposti dal convegno. Tra l’altro in Italia la Cgil conta trecentomila iscritti fra gli immigrati e di immigrazione, lavoro nero, diritti non riconosciuti si occupa da molti anni.