LA CROCIATA DEL KEBAB

di Nicola Fiorita
da www.italialaica.it

L’idea di impedire a chiunque di aprire, nel perimetro delle mura urbane, un locale in cui si somministri cibo etnico o anche solo un menu che non contenga almeno un piatto della tradizione lucchese ha un sapore surreale, che nemmeno il linguaggio burocratico con cui essa si esprime nelle pieghe del regolamento comunale appena approvato può sterilizzare del tutto.

Si potrebbe a lungo ironizzare sulla clandestinità a cui saranno condannati i terribili involtini primavera o sui controlli rigorosi che i vigili eserciteranno per ritrovare nei bar comunali qualche briciola di pericolosissimo kebab, ma l’incredibile decisione della giunta lucchese richiede serietà e riflessione, inducendo ad alcune considerazioni di carattere generale di non poco momento.

In primo luogo, essa è la plastica dimostrazione delle aberrazioni a cui può condurre la xenofobia che attraversa a folate sempre più intense il nostro Paese. Mi limito solo a richiamare alcuni degli eventi più recenti: introduzione di una tassa per il rilascio del permesso di soggiorno; proposta leghista di vietare il porto del velo; proposta leghista di subordinare l’apertura delle moschee a referendum comunali; decisione del ministro dell’Interno di limitare i percorsi delle manifestazioni per evitare che sfiorino i luoghi di culto. Come si vede, non si tratta più di elencare comportamenti discriminatori assunti da gruppi più o meno estesi di soggetti magari in reazione a qualche avvenimento di cronaca, si tratta invece di confrontarsi con atti meditati e voluti dalle forze che governano questo Paese con il chiaro intento di rendere sempre più difficile la vita quotidiana di chi è diverso. Il messaggio risuona con tutta la sua nitidezza: gli immigrati possono restare in quanto lavoratori ma non sono graditi in quanto persone e non deve essere loro permessa nessuna integrazione nella società italiana. Finanche gli indumenti, le preghiere e il cibo non devono essere visibili nella loro diversità; come ci ricordano le immagini intense di Milk, film che tanto successo sta registrando in questi giorni nelle sale cinematografiche, allo stesso modo di quanto accadeva un tempo per gli omosessuali è concesso loro di essere diversi purché restino in una zona d’ombra non percepibile dal resto della comunità.

In secondo luogo, diviene sempre più evidente che le operazioni di limitazione dei diritti degli immigrati sono surrettiziamente utilizzate per produrre un più vasto restringimento dei diritti individuali dell’intera cittadinanza. Come le nuove disposizioni in tema di manifestazioni pubbliche rendono più difficoltoso per tutti l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, alle stesso modo il regolamento in oggetto estende i suoi divieti in ogni direzione, propaganda un’idea bigotta di decoro e protegge una fantomatica identità lucchese limitando la libertà di intraprendere un’attività commerciale per chiunque non si trovi a proprio agio con il farro e il pane di Altopascio.

Proprio sotto quest’ultimo profilo, la decisione della giunta lucchese potrebbe anche configurarsi tecnicamente come una discriminazione indiretta, destinata attraverso una misura apparentemente neutra a porre in una situazione di svantaggio tutti quei soggetti che volessero svolgere un’attività di ristorazione e che per la loro cultura o per la loro religione siano costretti a seguire alcune regole alimentari, per l’appunto non compatibili con i requisiti introdotti dal regolamento.

Con beffardo tempismo, appena pochi giorni dopo che Barack Obama si è rivolto all’Islam aprendo un dialogo basato sul reciproco rispetto, la giunta di Lucca ripropone l’idea dello scontro di civiltà attraverso l’imprevedibile guerra al sushi, al falafel e a tutto ciò che trasporta l’odore del diverso. Ma Lucca ha, in fondo, il merito di ricordarci che il mondo e l’Italia hanno ormai intrapreso due direzione diverse: da un lato, riemerge il grande sogno che la terra sia un luogo dove c’è posto per tutti, dall’altro, tante piccole mura tornano a proteggere minuscole identità. Asfittiche e senza futuro.