Oltre la cronaca atroce e seriale delle violenze sessuali

di Monica Lanfranco
da www.womenes.net

Come donna e attivista per i diritti delle donne sento il bisogno di momenti pubblici forti e visibili

Affido qui alcune riflessioni urgenti, rese in parte strazianti dalla soffocante e penosa cortina di indifferenza verso la qualità della convivenza in questo paese, nelle nostre città, nei luoghi di lavoro, forse nelle famiglie, tra le persone

Care e cari tutte/i, non avendo più da qualche tempo un giornale dove esprimere quello che penso, e nel quale raccontare i pezzi di mondo che incontro nel mio lavoro di formazione e di artigiana della scrittura e della comunicazione affido qui alcune riflessioni urgenti, rese in parte strazianti dalla soffocante e penosa cortina di indifferenza verso la qualità della convivenza in questo paese, nelle nostre città, nei luoghi di lavoro, forse nelle famiglie, tra le persone.

Oltre la cronaca atroce e seriale delle violenze sessuali, in famiglia come per strada, sia da parte degli uomini dei quali ci si fida così come da parte degli sconosciuti, (e poco importa se siano italiani o stranieri, visto che l’affronto subìto dura per sempre a prescindere dalla provenienza del violentatore), quello che mi ha sgomentato è che le donne italiane hanno dichiarato apertamente nell’ultimo sondaggio fatto da Repubblica che hanno paura a camminare per strada.

Che cosa sta capitando in questo paese, mi chiedo e chiedo a voi che leggete, se dopo oltre tre decadi di conquiste straordinarie in tema di diritti sia per le donne che per i loro compagni, in Italia le donne tornano a doversi guardare le spalle nei luoghi pubblici, come gazzelle nella foresta, oppure a sobbalzare quando nella porta di casa gira una chiave che potrebbe essere di un’ex amore che si trasforma in carnefice?

Che succede nelle scuole, dove il bullismo dilaga, e le nuove tecnologie che avrebbero dovuto e potuto migliorare la nostra vita e quella delle persone più giovani diventano strumenti di amplificazione di perversa e crudele creatività vessatoria, con i filmati delle ’fidanzatine’ riprese più o meno nude e ’condivise’ sui vari motori di ricerca così, per ’divertirsi’, espressione usata sempre più spesso da chi fa violenza? “Volevamo solo divertirci, e poi qualcosa è andato storto”: come a dire che, di nuovo come se nulla fosse mutato dai tempi di Processo per stupro, la sessualità maschile è una incontenibile minaccia che può scatenarsi sul corpo di una donna, come in guerra.

Che cosa è successo della forza del pensiero critico del femminismo, che ha fatto saltare il tappo alle costrizioni patriarcali fecondando, se pur per una stagione breve, il pubblico sentire e lo spazio politico parlando alle donne e agli uomini della possibilità di arricchirsi nella e della differenza di genere, perchè se un genere soffre vuol dire che la società è ingiusta, iniqua e pericolosa?

Come donna e come attivista per i diritti umani delle donne sento il bisogno di momenti pubblici forti e visibili, per dire questo disagio e rimettere al centro la questione della convivenza pacifica tra i generi: non solo per me, ma soprattutto per le giovani donne e i giovani uomini che mi appaiono sempre più lontane e lontani da quegli orizzonti di autodeterminazione, di libertà e di scelta consapevole del proprio futuro per i quali la mia generazione, oggi di cinquantenni, in parte si è spesa.

Formulo una proposta, affinchè alla riflessione faccia nche seguito una possibilità d’azione.

A partire da dove stiamo, a partire da Genova, per esempio, senza nulla togliere all’eventualità di manifestazioni pubbliche di piazza di tipo tradizionale mi piacerebbe che nascessero momenti di incontro pubblici nei quali donne e uomini prendessero la parola per dire e dirsi feriti da questo clima di paura e di solitidine, ma non rassegnate.

Come Marea ogni uscita della rivista abbiamo proposto letture pubbliche di pagine di testi del femminismo.
Organizziamo, da qui a marzo, come gruppi di donne momenti di lettura pubblica di testi in cui si ri – parli della violenza.

Coinvolgiamo personalità pubbliche in questi eventi, ma mettiamoci in gioco anche a prescindere dalla notorietà, parliamone a tutte le persone che conosciamo, pensiamo a luoghi simbolici dove prendere parola, rioccupiamo lo spazio pubblico non solo con i cortei, ma con l’emozione della presenza dei corpi e delle parole che vibrano contro l’ignoranza e l’indifferenza.

Perchè siamo quelle (e quelli) che siamo grazie anche alla forza del pensiero critico femminista, che ci ha fatto arrivare a dirci non più puttane e non più madonne, ma finalmente solo donne.