La Cnn cinese

di Alessandro Ursic
da www.peacereporter.net

Della grande potenza ha l’enorme territorio, una popolazione con un quinto degli abitanti del pianeta, le più alte riserve valutarie al mondo e forze armate in veloce espansione. Manca, però, un organo di informazione che diffonda all’estero l’immagine che il Paese vuole dare di sé. Ma ora la Cina vuole porre fine a questo limite, lanciando un canale di notizie in inglese 24 ore su 24.

Pechino ha annunciato di voler investire 45 miliardi di yuan (5,14 miliardi di euro) per potenziare le attività internazionali dei suoi tre apparati mediatici: l’agenzia di stampa Xinhua, i vari canali della rete Cctv e l’organo di partito “Quotidiano del popolo”. Dalle struttura della Xinhua e della Cctv, inoltre, nascerà quella che è già stata ribattezzata “la Cnn cinese”, una rete che si ispirerà proprio ai tre grandi canali di news in inglese già esistenti (Cnn, Bbc World e da due anni Al Jazeera English). L’intenzione dichiarata è quella di contrastare la “propaganda straniera” sulla Cina, come la copertura mediatica del Paese all’estero è definita da Pechino. Il tutto in un’atmosfera di “pace e armonia”, due parole usate frequentemente dal Partito comunista per caratterizzare l’ascesa del gigante asiatico.

Dal punto di vista cinese, il 2008 non è andato secondo le aspettative. Doveva essere l’anno in cui i progressi nazionali venivano celebrati dal resto del mondo, sfruttando la cornice delle Olimpiadi. La festa sportiva c’è stata: ma all’estero, negli ultimi dodici mesi dalla Cina sono arrivate innanzitutto le notizie delle rivolte represse in Tibet, del terremoto nel Sichuan e per finire delle contaminazioni alimentari della melamina. Il 2009, inoltre, è un anno pieno di anniversari carichi di significato: si ricorderanno i 60 anni dalla formazione della repubblica popolare, ma anche i 50 anni dalle rivolte in Tibet e i 20 anni passati dalle proteste di piazza Tiananmen. Occasioni che giungono nel pieno di una crisi economica che sta colpendo duramente anche la Cina: Pechino vuole affrettarsi a dare la sua versione dei fatti al mondo, in inglese.

Non che parta da zero. La Xinhua fornisce un capillare servizio in inglese anche su Internet, sfruttando la presenza di 100 uffici in giro per il mondo (che dovrebbero diventare 186 con i nuovi fondi in arrivo). La Cctv ha da anni un canale in lingua inglese, a cui si sono aggiunte prima dei Giochi versioni in francese e spagnolo; presto arriveranno anche l’arabo e il russo. In Cina esistono già due quotidiani in lingua inglese, e un terzo verrà lanciato dal prossimo maggio.

Il problema per tutti questi organi di informazione, però, è la libertà d’espressione. Tutti hanno alti quadri di partito ai vertici delle loro strutture, e ricevono direttive dall’alto come accadeva con le “veline” nell’Italia fascista. Influenze per niente nascoste. Per dire: sul suo sito, la Cctv si definisce “l’organo del Partito e del governo”. Piccole sacche di giornalismo che cerca una sua indipendenza esistono, con quotidiani locali che provano ad essere sempre più aggressivi nella copertura della corruzione. Ma ogni tanto arriva la stangata – come l’arresto di un giornalista – che serva da esempio. Se la “Cnn cinese” seguirà lo stesso schema o godrà di più libertà, non lo può sapere ancora nessuno, anche se i precedenti non fanno ben sperare. Alla prima crisi in Tibet nello Xinjiang o su Taiwan, tanto per citare tre temi sensibili per Pechino, si avrà un’iniziale risposta.