Piazze piene in Europa, pagine vuote in Italia

di Paolo Maccioni – Megachip

L’Europa da est a ovest è in sussulto ma in Italia ne sappiamo poco o nulla. Abbiamo già visto su questo sito un riassunto di notizie sullo scossone di rivolte e proteste che sta investendo l’Europa, causate dalla Grande Crisi economica globale. Eppure in Italia si registra ben poco di tutto ciò.

Anche stavolta come a gennaio non è necessario spulciare testate indipendenti né scovare blog con le antenne ben puntate: addirittura sugli organi mainstream si dà conto dell’ondata di proteste di massa, scioperi, marce che da Mosca a Reykjavik, da Riga a Madrid sta invadendo il Vecchio Continente. Un malumore diffuso che ha invaso e che sta inondando Russia, Repubblica Ceca, Lettonia, Estonia, Lituania, Romania, Bulgaria, Creta, Grecia, Francia, Spagna, Islanda, Gran Bretagna.

Ma sotto la nostra italica campana di vetro poco di tutto ciò. Nulla sulle prime pagine, ben poco su quelle interne di grandi e piccoli quotidiani italiani, nulla nei serpentoni dei tg, niente. Come se i fatti non stessero accadendo, ora, accanto a noi.

Eppure le notizie ci sarebbero pure, anzi ci sono e come. Non solo, ma sono pure di quel tipo che fanno vendere copie o crescere l’audience, ormai gli unici criteri validi in grado concedere ad una notizia il diritto di cittadinanza sui media nostrani.

«Le proteste antigovernative sono rare in Russia» come notano in un articolo a firma congiunta Michael Schwirtz e Clifford J. Levy sull’«Herald Tribune» del 1 febbraio, «e queste ultime di sabato, a Mosca e in parecchie altre città in tutto il paese, arrivano fra la crescente rabbia popolare con un governo non abituato a critiche massicce e diffuse dopo anni di forte crescita economica». Le ragioni delle proteste dovrebbero suonarci familiari: «Il governo ha stanziato miliardi di dollari per il bail out delle banche in difficoltà ma non ha ancora pianificato una chiara strategia a lungo termine per fronteggiare la crescente disoccupazione e la rapida svalutazione del rublo.

Circa 1000 persone hanno preso parte ad una marcia organizzata dal Partito Comunista Russo a Mosca, chiedendo il ritorno delle politiche economiche centralizzate dell’Unione Sovietica. In un’altra parte della città circa 200 manifestanti di gruppi di opposizione sono riusciti a marciare per parecchi isolati, eludendo la polizia in un percorso tortuoso attraverso la rete della metropolitana cittadina. Il gruppo agitava bandiere e gridava “Abbasso lo stato di polizia!” e “Russia senza Putin”.

Il colonnello Viktor Biryukov, portavoce della polizia di Mosca, informa che 41 persone sono state arrestate in varie piccole manifestazioni non autorizzate in tutta la capitale sabato. Fra loro Eduard Limonov, scrittore e leader del già messo al bando Partito Nazionale Bolscevico, gruppo che ha avuto un ruolo di primo piano nell’organizzare le manifestazioni di piazza. Frattanto parecchie migliaia di persone si raccoglievano nel centro di Mosca per una dimostrazione organizzata dal principale partito pro-Cremlino – dice il sito web del partito – a sostegno delle politiche del governo.» Così pure a Vladivostok, all’estremità orientale della Russia.

In Francia centinaia di migliaia di persone in piazza nella più grande manifestazione popolare contro le politiche economiche di Nicolas Sarkozy da quando si è insediato nel 2007. Una notizia che ha avuto qualche rilievo da noi, ma è stata soffocata e presto spinta giù dalla cronaca nera e dalle molto più leziose e marginali tensioni diplomatiche fra Italia e Brasile e dai sofismi lefebvriani.

«In Georgia forze sparse dell’opposizione politica sono scese in piazza per chiedere le dimissioni del presidente Mikhail Saakashvili e per chiedere elezioni presidenziali e parlamentari anticipate» riferisce ancora l’«Herald Tribune». «La popolarità di Saakashvili toccò il minimo nel 2007, dopo che il governo usò la forza per porre fine alle marce di protesta. La guerra in Georgia, tuttavia, spostò l’attenzione sulla minaccia russa e consolidò il sostegno intorno al presidente (vecchia ricetta buona per tutte le stagioni e a tutte le latitudini: la guerra per rafforzare il potere). La Georgia è stata scossa dalla crisi finanziaria globale e i rivali politici di Saakashvili lo hanno ferocemente criticato per avere portato il paese al confronto con la Russia. Lo stile di Saakashvili, dicono, è diventato sempre più autocratico ed intollerante nei confronti del dissenso.»

Saakashvili dunque che «usa la forza per sedare le proteste», l’uomo che il giornalismo paludato nostrano definiva il paladino della civiltà occidentale nell’autocratica periferia russa e vittima anziché promotore della guerra in Ossetia del Sud, in una delle pagine più buie del giornalismo italiano recente. Accadde appena l’estate scorsa, quando grandi testate e pasciuti soloni radiotelevisivi si prodigarono in un’invereconda opera di disinformazione. La guerra georgiana in Ossetia divenne, grazie ai mistificatori nostrani, la guerra d’Ossetia in Georgia.

La Grecia è in agitazione da mesi ormai. Ma dopo il colore iniziale di qualche mese fa, che le fece guadagnare spazio su giornali e tv, ora è rientrata nei ranghi dell’oblio e dell’anonimato. I contadini da dieci giorni bloccano il principale passo autostradale del confine con la Bulgaria.

«La crisi può accendere disordini in tutta Europa», dice a Davos il ministro delle finanze francese, Christine Lagarde, a quanto riferisce la BBC.
Sabato, informa l’articolo, centinaia di persone hanno manifestato a Ginevra e a Davos per protestare contro il Forum Economico Mondiale.

E bisognerà sperare che a Davos si preoccupino di fronteggiare la crisi anziché di reprimere le popolazioni manifestanti. I segnali vanno in direzione della soluzione più stupida.

In Germania «Der Spiegel» impagina un réportage fotografico delle manifestazioni di protesta in tutta Europa.

Mentre addirittura il «Washington Post», che pure dista un Oceano, pubblica un lungo servizio, firmato da Philip P. Pan, sulle manifestazioni di protesta in Lettonia contro il modo di affrontare la crisi da parte del governo e per chiedere elezioni anticipate. La rabbia montante ed il diffuso malumore in parecchi paesi sopratutto dell’est Europa trovano ben più spazio nel giornale statunitense di quanto se ne rintracci nei nostri.

«Dominique Strauss-Kahn, capo del Fondo Monetario Internazionale – scrive Pan sul Post – afferma che la crisi finanziaria potrà causare tumulti e agitazioni “quasi ovunque” ed elenca Lettonia, Ungheria, Bielorussia ed Ucraina fra le nazioni più vulnerabili. “Potrebbe peggiorare nei prossimi mesi” dice Strauss-Kahn alla BBC.»

Be’, quando questo accadesse, gli italiani, come il corvo calviniano, arriveranno per ultimi: ultimi a saperlo, ultimi a capirlo, avranno meno strumenti per comprendere che cosa sta succedendo tutt’intorno a noi in Europa, a partire dai vicinisimi Balcani. Saranno i cittadini meno preparati d’Europa. In compenso avranno avuto una posizione netta e ben ponderata sull’opportunità o meno di giocare l’amichevole Italia-Brasile.