Cecchini israeliani sparano a donne e bambini

da www.terrasantalibera.org

Colloquio telefonico della nostra Redazione con Vittorio Arrigoni e la giornalista Angela Lano (InfoPal) da Gaza

Verso l’ora di pranzo siamo riusciti a contattare e parlare con Vittorio Arrigoni, a Gaza, e con lui anche la giornalista italiana Angela Lano (dell’Agenzia InfoPal), che preferiremmo, come contribuenti, di gran lunga pagare al posto di quel Pagliara, che fin’ora ci ha propinato solo notizie-bidone e veline prestampate.

Vittorio è sopravvissuto alla carneficina, nonostante sia stato oggetto più d’una volta del fuoco israeliano contro le ambulanze su cui si trovava, ma lo stress fisico e psichico delle trascorse settimane di intensi bombardamenti, più i gas di fosforo e altre diavolerie che hanno sperimentato sulla popolazione di Gaza, aspirati obbligatoriamente, come il resto degli abitanti di Gaza, gli hanno creato un senso di generalizzato malessere e nause costanti, debolezza e patologie da traumi di guerra.

Gaza, 1.500.000 abitanti circa: 1.500.000 feriti.

Ci racconta di come sia sempre difficile la situazione a Gaza. Non è cambiato al momento nulla, e delle centinaia di camion di beni di prima necessità che servirebbero, ne passano sempre solo poche decine, e non tutti i giorni.

L’assedio è sempre stretto: difficile uscire, difficile entrare. Ora manca anche il supporto del contrabbando attraverso i tunnel. Persino l’attrezzatura per gli studi dentistici, se non venisse contrabbandata non esisterebbe: confidenza del dentista di Vittorio.

In più ora è tutto uno sfacelo, macerie e puzza di morte. Interi quartieri scomparsi. Famiglie inghiottite sotto tonnellate di detriti. E bambini e giovani dappertutto, con la gioia di vivere che è propria della tenera età, ma con la tristezza e l’angoscia in fondo agli occhi, specchio dell’anima. Un anima ferita profondamente. Non c’è più il papà, non c’è più la mamma, non c’è più la casa. Qualche volta non ci sono più nemmeno le braccia o le gambe, e nemmeno gli occhi per piangere.

Gli hanno tolto il meglio della vita, gli hanno rubato la felicità dell’infanzia e dell’adolescenza, e gli hanno lasciato tristi ricordi e fantasmi che li turberanno per il resto dei loro giorni. E sono i più fortunati, quelli ancora vivi.

Questo è l’eroismo di Tsahal, l’esercito di Giuda, la gloria dello Stato ebraico, osannato da “giornalisti” senza onore, da politici senza vergogna, da criminali di guerra, senza un futuro che non sia il loro incubo.

Vittorio ci chiede di farle sapre queste cose, in Italia e in Occidente, di gridarle più forte che possiamo, per fare sentire la nostra voce nell’assordante brusio delle menzogne, della propaganda che ci vuol tenere con la mente fissa su orrori di un secolo fa, dei quali non si può mettere in dubbio la vulgata dogmatica, imposta da quegli stessi rabbini che incitano i soldatini circoncisi a sparare ed ammazzare quanti più bambini palestinesi possibile, altrimenti crescono, diventano grandi, si sposano e fanno figli. I conti non tornano.

Al mio paese si direbbe, magari con espressioni popolane meridionali un po’ più colorite e forti, che “si piange il morto per fottere il vivo”.

MusallamMa Arrigoni vuole anche parlare, tra le varie fulgide figure di eroica generosità, di un sacerdote straordinario, il parroco di Gaza Manuel Musallam, punto di riferimento per molti, cristiani e musulmani, affratellati nella disgrazia e uniti da un vincolo di carità e speranza che ha fatto superare barriere inimmaginabili prima. Eroico Padre Musallam: sacerdote, maestro, panettiere, acquaiolo, infermiere, confessore, diplomatico, voce del popolo, dei più oppressi, dei più indifesi, dei più deboli, che non ha paura di dire la verità.

Tra i pochi che ne hanno il coraggio in un mondo cattolico sionisticamente giudaizzato ed intimorito.

Giudaizzato ed intimorito da falsi sensi di colpa e succube dei ricatti della lobby dei “fratelli maggiori”, che minacciano di interrompere “il dialogo”, che si lamentano se preghiamo, oltre per la nostra, anche per la loro animaccia nera (e si che ne avrebbero ben bisogno…), che si indispettiscono se il Papa canonizza chi loro non gradiscono (ma se non credono in Cristo, nella Sua Chiesa, nei carismi dei discepoli del Messia, cosa gliene frega chi canonizza il Papa di Roma?

O sotto sotto ci credono? Ma allora…?!), che si fanno venire la bava alla bocca come degli indemoniati per via della giusta rivalutazione del Rito Tridentino e del rientro, ufficiale, in comunione con Roma di una parte importante del cattolicesimo, quella più integra e meno corrotta dalle mode giudaizzanti, che ancora celebra il Santo Sacrifico dell’altare, vero olocausto incruento del vero olocausto della Croce.

Già, come mai tanta rabbia ed escandescenza per via di semplici celebrazioni, per lo più private, nelle quali essi dicono di non credere per via di tutta la teologia connessa? Forse i cristiani moderni, quelli che attendono solo alla Messa nuova, quella di Paolo VI, hanno perso qualche battuta che invece i “grandi fratelli” comprendono bene e ne hanno gran timore? Questa riflessione ed analisi val bene un prossimo articolo a parte.

Vittorio è però un fiume in piena. Ci racconta di come sia difficile, anche se ufficialmente è stata dichiarata la tregua, dare assistenza alla popolazione, che è ancora terrorizzata e stenta ad uscire allo scoperto perchè non si fida degli israeliani, i quali più d’una volta li hanno ingannati aprendo il fuoco anche su persone disarmate e sventolanti bandiera bianca.

Proprio ieri infatti, nei pressi di villagi a nord della Striscia, per accompagnare con due macchine alcune donne palestinesi, mamme e mogli che hanno perso tutto, figli, mariti, casa, sia Vittorio che gli infermieri al seguito, come pure queste signore di Gaza, sono stati bersagliati dai gloriosi cecchini.

Non c’è scappato il morto per un pelo. Sono rimasti fuori solo una mezz’ora, riparandosi al meglio tra le macerie e rientrando di corsa verso Gaza City.

ZelanteGiudeoGli snipers, i cecchini, i franchi tiratori israeliani, appostati sulle torrette e nei palazzi alti di frontiera, muniti di carabine di grosso calibro, bullets da 243 o 380, dotate quindi di canocchiale di precisione, hanno preso di mira obiettivi che vedevano molto bene e, senza possibilità d’errore nel distinguere le donne e gli infermieri, hanno sparato per uccidere. E per uccidere civili inermi che stavano frugando tra le macerie delle proprie case, cercando di recuperare qualche effetto personale, qualche ricordo della propria famiglia, della passata vita stravolta da un esercito vile e dotato di un’etica religiosa criminale.

Quella impartita dai rabbini serial-killer dello Stato ebraico, che incitano ad uccidere quanti più civili palestinesi possibile (si sa’, perchè è stato riportato più volte persino da quotidiani israeliani, perchè oramai si sentono impunibili e sono quindi sfacciatamente arroganti).