Ciao Eluana, dopo 17 anni finisce il calvario

È la sera del 9 febbraio, poco dopo le 20. In Italia tutti parlano di lei. Al Senato si discute di un disegno di legge che vieti la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione a chi, come lei, è in stato vegetetativo. Il giorno dopo sono in programma manifestazioni nelle piazze: la gente vuole esprimere vicinanza a Beppino Englaro, alla sua battaglia. Difendere la Costituzione e i principi democratici che la determinano. Scontri, polemiche, dibattiti: tutto in suo nome. E mentre il mondo si agita, lei da questo mondo se ne va. Eluana Englaro alle 20 e 10 muore.

Dopo 17 anni di immobilità, dopo le cure ricevute a Lecco nella casa di cura Beato Luigi Talamoni, dove è stata ricoverata 15 anni fino al 3 febbraio, dopo quattro giorni di riduzione graduale dell’alimentazione e idratazione nella clinica Udine “La Quiete”, e prima di quanto anche i medici immaginassero, Eluana si spegne.

«Sì, ci ha lasciati. Ma non voglio dire niente, voglio soltanto stare solo»: sono le poche parole, tra le lacrime, di Beppino Englaro. Solo, come è stato lasciato a lungo nella sua battaglia a difesa della volontà di sua figlia. È stato l’anestesista Amato De Monte a telefonare ad avvisare il padre di Eluana, mentre anche la presidente della clinica, Ines Domenicali, confermava il decesso.

«È morta all’improvviso – spiega il neurologo Carlo Alberto Defanti, che ha seguito Eluana – ed è una cosa che non prevedevamo. Ha avuto una crisi improvvisa, per subentrate complicazioni respiratorie, ha cominciato a respirare male, in maniera sconnessa fino all’arresto respiratorio, sulla cui natura dirà una parola certa l’autopsia che era già programmata. Eluana è stata sempre senza coscienza, senza quelle strutture cerebrali che, in persone sane, fanno provare sensazioni di gioia, felicità, come anche di dolore e sofferenza».

Ma dopo le considerazioni cliniche, il neurologo si lascia andare a una riflessione: «Questa è la dimostrazione che la natura è sempre più forte e più imprevedibile di noi. La mia prima reazione è stata di sorpresa – racconta – nessuno di noi ci aspettava una fine così repentina, dovono essere intervenuto delle complicazioni che ancora non conosciamo. Ma la natura ci pone sempre delle sfide di fronte alla nostra capacità di caprirla o di prevedere il futuro».

E prova a esprimere i suoi sentimenti: «Non riesco nemmeno ad analizzarli – dice il medico – naturalmente non posso dire di essere contento, perché alla fine si tratta di una tragedia che si è compiuta. L’unico senso di sollievo che provo è al pensiero di quello che i genitori di Eluana avrebbero dovuto passare se, come sembrava, sarebbe stato approvato il provvedimento in discussione in Parlamento».

A chi gli ricorda che si è parlato molto di ‘tutela della vita’, Defanti risponde: «Quando mi agitano di fronte quelle due parole quasi a dirmi che io non tutelo la vita mi vengono i brividi. Io non sono un alfiere di morte, Beppino Englaro non tifa per la morte. Chi ha amato Eluana più di ogni altro sta solo rispettando le leggi e le sentenze. C’è troppa disinformazione sulle realtà cliniche e mediche come quella di Eluana. E c’è chi ha colto l’occasione per distorcere la realtà. Sento parlare di sofferenza non calcolata, di una donna sofferente e spenta da 17 anni che potrebbe avere figli, sono troppe le idiozie di questo tipo».

A Paluzza in Friuli, il paese natale della famiglia Englaro, la settimana scorsa Beppino Englaro aveva telefonato al parroco, aveva voluto prendere accordi sul funerale della figlia, non nascondendo il suo rammarico per talune posizioni della Chiesa e su quanto stava accandendo intorno a lui e alla sua famiglia. Le polemiche non si placheranno, il rammarico resta. Ma Eluana è libera. Paluzza la saluterà per l’ultima volta. E i suoi genitori continueranno ad amarla, come, più di sempre.

(fonte: www.unita.it)

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La foto che manca
di Giovanni Maria Bellu

Guardate bene quelle foto. I giornali domani ne saranno pieni. Le televisioni inonderanno le case degli italiani con l’immagine di Eluana. E taceranno il fatto che quella ragazza, la ragazza sorridente delle foto, non esiste più da diciassette anni.
Il presidente del Consiglio, con la tempestività dello specialista di marketing, ha immediatamente avviato la seconda fase dell’operazione-Eluana. La sua prima dichiarazione è chiara fino alla spudoratezza. “E’ stata resa impossibile l’azione per salvarla”.

Guardate quella foto e osservate la curva dei sondaggi. Cinque giorni fa due italiani su tre condividevano la scelta di Beppino Englaro. Ieri il paese era diviso a metà. Nel mezzo c’è stata una delle più colossali operazioni di disinformazione del dopoguerra. Sarà interessante e istruttivo studiarla. Perché la campagna mediatica della tragedia di Eluana Englaro è la dimostrazione evidente dei danni che la cosiddetta “anomalia italiana” è in grado di produrre nella libera formazione del consenso.
La tempestività con cui Silvio Berlusconi ha diffuso la sua dichiarazione chiarisce a tutti quelli che ancora non se n’erano accorti il senso dell’intera operazione: attribuire la morte di Eluana Englaro al capo dello Stato e all’intera opposizione. Con qualche venatura di “giallo” come ha potuto constatare chi, poco fa, si trovava davanti alla televisione e ha avuto la disgrazia di sentire Bruno Vespa.

L’uso delle immagini della ragazza sarà, nei prossimi giorni, il proseguimento con altri mezzi della falsificazione operata attraverso i servizi sui risvegli dal coma (di persone in condizioni totalmente diverse da Eluana Englaro) o con l’utilizzo ossessivo di verbi quali “bere” e “mangiare” (spesso accompagnate da immagini di focacce e bottiglie d’acqua). Per questo è importante guardare bene, cioè in modo adulto e consapevole, quelle vecchie foto.

Perché il loro uso e abuso richiamerà un’assenza. Richiamerà l’immagine mancante. Quella di Eluana nel letto di morte.
L’immagine che, se solo avesse voluto, Beppino Englaro avrebbe potuto diffondere per mettere a tacere i suoi calunniatori. Non l’ha mai fatto. Non ha voluto farlo. Ma questo, state sicuri, le televisioni del premier non lo diranno.