Quel testo fondamentale

di Aldo Schiavone
da www.repubblica.it

Era evidente sin dalle prime mosse di questa orribile partita, ma ora è arrivata la più clamorosa
conferma. La tragedia di Eluana Englaro, di questa ragazza da 17 anni in stato vegetativo, non
c’entra.
E non c’entra nemmeno in modo diretto l’inaudita battaglia di potere che si è scatenata intorno a
quella povera ragazza martoriata – e ridotta così non dalla “natura”, ma solo dall’uso improprio di
tecnologie che riescono a strappare alla morte senza poter ancora ridare la vita.
Per il nostro presidente del Consiglio tutta questa vicenda – per la quale davvero non si hanno più
parole – è stata solo un’occasione da cogliere al volo per un attacco a freddo, certamente covato da
tempo, non contro una legge dello Stato, e nemmeno contro una singola norma costituzionale, ma
contro l’impianto stesso della Costituzione, la cultura che l’ha prodotta, il sistema di idee che le
scorre dentro, il modello di democrazia che essa prescrive – e che rimane, nella sua ispirazione
fondamentale, quanto di più moderno e avanzato vi sia in Occidente, uscito da un laboratorio
politico senza eguali.
E’ stata insomma un’occasione per un colpo di teatro – come egli è solito inventarne, ma questa volta
di una gravità enorme. Con il suo annuncio egli si pone dichiaratamente al di fuori dell’ordine
costituzionale da cui pure deriva il suo potere e la sua funzione. Egli – stando alle sue parole – già
sostituisce all’ordine repubblicano uno “stato d’eccezione” fondato sulla sua persona: è il
“sovversivismo dall’alto” di cui parlano i nostri classici – un filo nero che purtroppo attraversa le
pagine più buie della nostra storia. Che a farsene protagonista sia il presidente del Consiglio in
carica produce una ferita straordinaria nell’insieme del nostro tessuto civile, che richiede
contromisure di eguale portata.
Ma perché proprio adesso? Bisogna riflettere sulla scelta dei tempi. Se guardiamo bene, a me pare
che Silvio Berlusconi abbia compiuto un gesto disperato, in cui si confonde il bisogno di voltar
pagina rispetto al passato, che è emerso in molti comportamenti collettivi della nostra società, con la
disponibilità a mettere in questione le stesse strutture portanti della nostra democrazia. E’ il gesto di
un incantatore senza più incanti. Di chi sta cercando in tutti i modi di distrarre il Paese dalla crisi
gravissima che lo sta investendo, e di proporre all’attenzione dell’opinione pubblica altri temi, e altre
prospettive. Rispetto alla crisi, Berlusconi non ha letteralmente niente da dire; non la capisce, non la
interpreta, non sa adeguarvisi. Cerca solo di esorcizzarla con un ottimismo che nessuno ascolta più.
E questa sua inadeguatezza – come dire, strutturale, immedicabile – sta affiorando ogni giorno più
chiaramente. Egli appartiene a un’altra stagione e a un’altra storia, ormai concluse. Per sopravvivere,
deve cambiare continuamente discorso: e più in alto punta, più suggerisce obiettivi sconvolgenti,
più si immagina di riuscire in un tentativo di rovesciare il gioco il cui successo è per lui
indispensabile. Tutto, purché si parli d’altro.
Un diversivo, dunque, freddamente compiuto sulla pelle del Paese: ma un diversivo che ci conduce
sull’orlo dell’abisso; un diversivo nel quale il destino politico di un uomo che ormai ha fatto il suo
tempo viene scambiato con quello dell’Italia e della Repubblica.
La risposta non può che essere una sola: isolare Berlusconi, rendendo evidente tutto il fosco azzardo
della sua scelta – e la sua carica di disperazione. Isolarlo, anche rispetto alla sua stessa parte politica.
Ci vuole attenzione, flessibilità e determinazione per farlo, ma è alla nostra portata. La nuova destra
italiana – costituzionale e repubblicana – merita ormai ben altro che di essere gettata nell’avventura
che il suo Capo le propone. La battaglia che siamo chiamati a combattere è anche in suo nome – è
una battaglia per mantenere l’Italia e la sua democrazia nel solco della modernità.