FUORI LEGGE

da www.ilmanifesto.it, 6 febbraio

1) Editoriale
di Alessandro Dal Lago

Le misure approvate al Senato descrivono il baratro in cui è caduta l’Italia, oggi il paese occidentale in cui una parte consistente della popolazione residente è letteralmente perseguitata in nome di un’ideologia xenofoba e del ricatto della Lega. Da oggi, la discriminazione degli stranieri diventa stigma ufficiale, un marchio legale impresso sull’esistenza, sui corpi e sulle possibilità di vita di chi è già privo di diritti, escluso o marginale.

Una vergogna che ci coinvolge tutti e che rende oscena ogni mediazione tra opposizione e maggioranza, anche su qualsiasi altro argomento. Intendiamoci. Con queste misure, il governo va a caccia di guai e di ulteriore riprovazione internazionale. La possibilità per i medici di denunciare i clandestini non potrà che ripugnare alla coscienza umana e professionale di chi si sente vincolato al giuramento di Ippocrate. Non è difficile prevedere su questo punto una vasta obiezione civile.

Quattro anni di carcere a chi si è sottratto all’espulsione significano intasamento degli uffici giudiziari e delle carceri, nonché nuove prigioni e Cpt. La tassa sul permesso di soggiorno è una gabella rivoltante che una società opulenta impone a chi cerca solo di sopravvivere con il proprio lavoro. Le ronde, armate o disarmate che siano, sono uno scotto pagato alla brama di delazione e di menare le mani che spira direttamente dalle osterie lombarde.

Quanto al registro dei senza tetto, eccoci tornati al virtuale imprigionamento dei poveri dell’Inghilterra settecentesca. Sono norme grottesche e in larga parte inattuabili, ma che diffonderanno il terrore tra chi vive già nell’angoscia dell’esclusione. Misure indegne della costituzione. E vedremo se passeranno il vaglio delle supreme autorità.

In ogni caso, dimostrano ampiamente quanto abbiano ragione, in Brasile o in Francia, quelli che dubitano della giustizia italiana. Una volta di più, la responsabilità di questa inarrestabile deriva razzista non è esclusivamente della destra. Se un partito xenofobo impone le sue ossessioni a gente che ha la faccia tosta di proclamarsi cattolica o liberale, è perché sente il consenso di fondo di gran parte del ceto politico, compreso quello che è minoranza in parlamento.

Magari non sulle singole norme, ma sulla cultura che le sottende. L’oscena equazione «insicurezza uguale immigrazione», lo strepito bipartisan che ha visto metter alla gogna lavavetri, mendicanti, marginali, ambulanti e così via. Un consenso che non evita all’opposizione un declino inarrestabile, in un paese che si contorce senza fine nella paura.

2) Medici delatori per i clandestini
di Carlo Lania

Via libera del Senato al ddl che introduce la possibilità di denunciare i clandestini che si rivolgono alle strutture sanitarie pubbliche. Insorgono associazioni e opposizione. La Chiesa: «Noi non denunciamo nessuno»

Nella sua ossessione xenofoba il governo arruola anche i medici, ai quali chiede di denunciare i clandestini ammalati che si rivolgono alle strutture sanitarie pubbliche. La norma che trasforma i camici bianchi in poliziotti è una delle nuove misure contenute nel disegno di legge sulla sicurezza licenziato ieri dal Senato.

Tra le altre misure restrittive approvate c’è anche la schedatura dei clochards attraverso l’istituzione di un registro nazionale che verrà tenuto dal Viminale, la legalizzazione delle ronde padane e la possibilità di utilizzare bombolette spray per l’autodifesa personale. Salta, invece, il carcere per i writers, mentre viene reintrodotta il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. Il divieto per le donne islamiche di portare il burqa, previsto in un altro emendamento del Carroccio, è stato invece trasformato in un ordine del giorno e staccato dal ddl sulla sicurezza.

Ma è proprio la norma sui medici a suscitare un vespaio di polemiche, al punto da far insorgere le associazioni professionali che annunciano non voler dar seguito alla richiesta del governo, e l’opposizione, con Walter Veltroni che definisce l’emendamento leghista «una cosa vergognosa». «L’idea di creare le condizioni per le quali persone che sono ammalate abbiano paura di farsi curare è un’idea inumana – ha detto il leader del Pd -, è un’idea che meriterebbe una risposta molto forte e determinata da parte di tutti coloro i quali hanno a cuore la vita».

Seppure privata di alcuni punti decisivi, come il prolungamento fino a 18 mesi della permanenza nei Centro di identificazione ed espulsione e il giro di vite sui ricongiungimenti familiari, la politica messa in piedi dal Viminale contro gli immigrati riesce comunque a fare un importante passo avanti.

Per i pezzi persi durante il dibattito nell’aula del Senato, quando il governo è andato sotto per ben tre volte, Maroni ha già annunciato che sia la possibilità di trattenere i clandestini per 18 mesi nei Cie, sia condizioni più difficili per gli stranieri che vogliono chiamare in Italia i propri parenti, verranno ripresentati pari pari alla Camera, dove il provvedimento adesso è atteso. E dove, salvo sorprese, non dovrebbe incontrare problemi.

Dopo lo scivolone del Senato, interpretato come una conseguenza del malumore con cui una parte del Pdl subisce le politiche razziste della Lega, ieri è stato direttamente Paolo Bonaiuti a negare divisioni interne alla maggioranza. «C’è stato solo un momento di confusione – ha spiegato il sottosegretario alla presidenza del consiglio – ma poi, appena si sono riuniti gruppi del Pdl e della Lega, abbiamo trovato la quadra e tutto è filato liscio».

Versione confermata anche da Maroni. Furioso mercoledì sera dopo le tre bocciature in fila incassate al Senato, ieri il ministro degli Interni è stato decisamente più conciliante con gli alleati: «Al Senato sono stati commessi degli errori, ma non ci sono problemi nella maggioranza». Nessun problema neanche per le critiche che piovono sopra ai provvedimenti da lui proposti: «Il binomio libertà-sicurezza è difficile da coniugare. La nostra missione impossibile – ha proseguito Maroni – è quella di dare il massimo delle libertà e il massimo della sicurezza. E’ ciò che cerchiamo di fare assumendoci le responsabilità e prendendo tante critiche»

Insieme al reato di immigrazione clandestina e alla tassa per il permesso di soggiorno (già approvati nelle scorse settimane), la possibilità per i medici di denunciare i clandestini è una delle misure più contestate del ddl sicurezza. Inizialmente la Lega voleva imporre ai medici l’obbligo della denuncia, poi trasformato in libera scelta da parte del sanitario. ma anche in questa versione più «leggera», la sola idea di trasformare i medici in delatori non piace a nessuno.

Insorge anche la Chiesa, chiarissima in merito: «Noi non denunceremo nessuno», ha detto monsignor Domenico Sigalini, segretario della Commissione episcopale per le migrazione della Cei. «Vorrei chiarire che non voglio i nessun modo contrappormi allo Stato – ha detto Sigalini – ma come cristiano a una coscienza che devo seguire, e, d fronte al problema della sofferenza, non possiamo non continuare a difendere chi ha bisogno».

Ai cattolici, ma a quelli della maggioranza, è arrivato dal teodem Luigi Bobba, che parla apertamente di «ipocrisia»: «Ma che razza di coerenza hanno i cattolici del Pdl che, da una parte, sulla dolorosa storia di Eluana Englaro fanno a gara per intervenire – si è chiesto il deputato del Pd – e dall’altra se ne restano in silenzio e votano senza esitazioni un provvedimento indecente come quello sulla segnalazione degli immigrati da parte dei medici?.

Infine per il Pd Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale,
si tratta di «un provvedimento contrario ai principi della nostra Costituzione ed è pervaso da una disumanità inaccettabile».

3) Il diritto alla salute non più fondamentale
di Pietro Massarotto

Il diritto alla salute non è più un diritto di tutti. In Italia il diritto alla salute per il cittadino straniero è già limitato: sono curabili nei presidi sanitari solo le malattie urgenti. È proprio la struttura amministrativa degli ospedali che probabilmente provvederà alla segnalazione. Non c’è bisogno di pensare al medico che viola il giuramento di Ippocrate. Sarà l’accettazione del Pronto soccorso che – temo in automatico – effettuerà la segnalazione alle autorità del cittadino straniero che necessariamente, non avendo il permesso di soggiorno, si auto-denuncerà come irregolare.

La questione non è certo quella del rischio per l’igiene pubblica, della diffusione di malattie non curate per tempo, esotiche e straniere. L’argomentazione diviene facilmente ambigua, spostando il focus dalla discriminazione nei confronti del cittadino straniero ai pericoli per la salute della collettività. Così ragionando, il cittadino straniero irregolare non solo non verrà curato ma diverrà pure l’untore.

E’ passata l’idea che il diritto alla salute non è più un diritto assoluto della persona, un diritto fondamentale dell’individuo come stabilisce l’art.32 della Costituzione. Se poi si aggiunge che la clandestinità in Italia è purtroppo una condizione necessaria e immanente dell’immigrazione, ecco che l’abrogazione del divieto di segnalazione dell’irregolare si legge e si comprende bene: discriminazione, razzismo.

Parole che non piacciono, che non si devono dire, e che infatti non si dicono. A forza di dirlo, invece, a forza di scriverlo, il sillogismo concatenato immigrato-straniero-clandestino-delinquente è divenuto senso comune: che si ammalino pure, non dobbiamo pagare noi per loro. E invece la decisione del Senato non ha nulla a che vedere con la spesa sanitaria. Gli oneri contributivi pagati dai cittadini stranieri con permesso di soggiorno sono ampiamente sufficienti (dati ministero della Salute) a coprire la spesa sanitaria complessiva degli immigrati, regolari e irregolari.

Il processo di normalizzazione del razzismo è talmente progredito che sembra inarrestabile. L’emendamento leghista sancisce, in fondo, ciò che già si sapeva, la salute è meno importante della sicurezza, moloch intangibile della contemporaneità. Il brivido securitario che percorre l’Italia è pervasivo. Al bar ho sentito: «Bisognerebbe spararli tutti in mare con una bella mitraglietta a cinquantamila colpi, così non vengono qui a curarsi e diamo da mangiare ai pescicani, povere bestie».

Noi del Naga, associazione socio-sanitaria di base che effettua 15/20mila visite all’anno continueremo ovviamente ad assistere i cittadini stranieri irregolari che si recheranno presso i nostri servizi. Siamo estremamente preoccupati, consci che la situazione potrebbe divenire molto difficile, perché esiste il forte rischio che molti immigrati irregolari preferiscano non farsi curare nei presidi sanitari. Ci auguriamo e auspichiamo pratiche di disobbedienza civile da parte dei medici oltre che una reazione collettiva perché discriminazioni come quella approvata non passino, quanto meno, sotto silenzio.

4) «Così colpiscono rom e senza fissa dimora»
di Leonardo Tancredi

Senza dimora vorrà dire sempre di più senza diritti, ora che il Parlamento ha approvato gli articoli 36 e 44 del «pacchetto» che modificano la legge sulla residenza del 1954. La denuncia arriva da Fio.Psd (Federazione italiana organismi persone senza dimora) e dalla rete dei giornali di strada italiani (Piazza Grande di Bologna, Scarp de tenìs e Terre di mezzo di Milano, Fuori binario di Firenze, Shaker di Roma e Foglio di via di Foggia) che a febbraio escono di comune accordo con un’inchiesta, «Il Residente della Repubblica», sul diritto alla residenza. Il lancio dell’iniziativa è previsto per venerdì 6 febbraio a Milano.

Il disegno di legge 733 prevede all’articolo 36 di vincolare il diritto alla residenza alla verifica, da parte degli uffici comunali, delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile in cui si intende fissare la residenza stessa.

Questo impedirebbe a tutti i senza dimora di risiedere nelle vie fittizie istituite in molte città italiane (a Bologna è dedicata a Mariano Tuccella, homeless picchiato a morte in strada il febbraio scorso) proprio allo scopo di consentire anche a chi vive in strada di esercitare un diritto fondamentale.

Avere una residenza certificata non è solo una questione di principio, per quanto sia un diritto garantito dalla Costituzione, bensì permette a ogni cittadino di iscriversi nelle liste elettorali, di beneficiare del sistema sanitario nazionale, di fare richiesta di assistenza ai servizi sociali, di avere un alloggio pubblico ecc. Aspetti vitali per chi è estremamente disagiato, come una persona senza dimora.

«Ciascun cittadino ha diritto a prendere la residenza anagrafica nel luogo dove elegge il proprio domicilio – dice Paolo Pezzana, presidente Fio.Psd in un’intervista pubblicata dai giornali di strada – Nonostante nessuno neghi che esista (e la giurisprudenza è concorde), è uno dei diritti più calpestati: un diritto di carta, perché moltissimi comuni, soprattutto i piccoli e medi, si rifiutano di dare la residenza alle persone, trascurando che senza residenza non si può avere un medico di base, non si può votare, non si possono esigere i diritti fondamentali che fanno parte dell’essere cittadini».

L’articolo 36 non colpirà solo i senza dimora, ma anche le famiglie rom che da generazioni vivono in questo Paese. Difficilmente, infatti, i requisiti igienico-sanitari si potranno trovare in roulotte e camper usati come dimora stabile da intere famiglie. Le conseguenze sulle possibilità reali di integrazione sono facilmente immaginabili: in che scuola può iscriversi un bambino privo di residenza?

Non è tutto. La legge targata Lega potrebbe complicare la vita non solo a soggetti politicamente “poco spendibili” come senza dimora e rom, ma anche a famiglie italianissime che vivono in abitazioni non idonee. Anche loro si ritroverebbero improvvisamente prive di residenza. Il progetto leghista, in realtà, prevede un’iscrizione anagrafica per chi vive in strada.

E qui entra in gioco l’altro punto contestato da Fio.Psd e giornalisti senza tetto. L’articolo 44 delle legge 733 istituisce, presso il ministero degli Interni, un registro unico dei senza dimora al quale dovranno iscriversi tutti i cittadini italiani che non possono dimostrare altra residenza. Un provvedimento che sa molto di più di schedatura che di effettivo esercizio di un diritto.

5) «Per far contenta la Lega più aborti clandestini»
Intervista alla ginecologa Sacchetti

Da quest’estate l’accesso degli immigrati irregolari agli ambulatori pubblici è crollato del 30%. «È bastato che giornali e tv ventilassero le intenzioni della Lega ed è scattato l’effetto paura», dice la ginecologa Graziella Sacchetti, che raggiungiamo a Trapani dove sta partecipando al la conferenza della Società italiana di medicina delle migrazioni (Simm). Se anche la Camera approverà la cancellazione del divieto per i medici di segnalare gli irregolari, «scatterà il terrore». E a pagare il prezzo più alto saranno le donne straniere, aggiunge la ginecologa che lavora al Centro di salute e ascolto per le donne immigrate, in funzione da dieci anni all’ospedale San Paolo di Milano. Una buona metà delle donne che si rivolgono al Centro non hanno i documen
ti in regola.

Tutti i medici e le associazioni di categoria annunciano che non faranno la spia. Non basterà a tranquillizzare i migranti?
Questo è il messaggio che dobbiamo in tutti i modi far arrivare. Ma ci vorrà del tempo perché il tam tam rassicurante si propaghi nelle diverse comunità. Siamo arrivati a Trapani da tutta Italia con un dato certo: il semplice annuncio ha già allontanato moltissimi immigrati dagli ospedali e dagli ambulatori. Se l’emendamento Bricolo diventerà legge, ci sarà una fuga di massa dalla sanità pubblica e un riflusso in una sanità fai da te. Per i migranti andare all’ospedale sarà come giocare alla roulette russa. Ieri al San Gallicano di Roma hanno messo fuori il cartello “Qui non denunciamo nessuno” tradotto in cinque lingue. Mi sembra una strategia più efficace dell’obiezione di coscienza, ridondante non essendoci l’obbligo di denunciare gli irregolari. E’ un’ottima idea, ma in un ospedale pubblico persino per attaccare un cartello su una muro occorre l’autorizzazione della direzione sanitaria, dell’Asl. Un singolo medico o un gruppo di medici non possono farlo.

Come si comporterà l’amministrazione sanitaria?
Vorremmo tanto saperlo. Questa è la vera incognita, essendo pacifico che i camici bianchi spioni si conteranno sulle dita di una mano. La sanità però non è fatta solo di medici e infermieri. Gli impiegati che stanno agli sportelli, quelli che assegnano il codice “stp” (straniero temporaneamente presente) agli immigrati irregolari, che direttive riceveranno dall’alto? Oggi gli elenchi degli “stp” non possono e non devono essere consegnati all’autorità, se non su richiesta di un magistrato. L’emendamento Bricolo interviene anche su questo aspetto? Se sì, sarà un ulteriore problema.

Veniamo alle migranti. Aumenteranno gli aborti clandestini.
In questi ultimi mesi abbiamo già registrato una diminuzione delle richieste d’interruzione volontaria di gravidanza. Vale anche in questo caso l’effetto annuncio. Se si si tiene conto che sono migranti il 31% delle donne che praticano l’igv in Italia (il 50% a Milano), si capisce che le conseguenze saranno numericamente rilevanti. Aumenteranno gli aborti clandestini a pagamento e quelli indotti ingerendo farmaci antiulcera. Negli ambulatori e nei consultori le interruzioni di gravidanza sono il punto di partenza per costruire un rapporto con le donne migranti, per fare prevenzione. E’ un lavoro duro e faticoso. Maroni, il vero ministro della paura, lo cancella con un colpo di spugna.

In Italia su 100 donne che partoriscono, 10 sono migranti (30 a Milano). C’è da sperare che almeno loro continueranno a farlo in un ospedale, non in una stamberga.
Sono abbastanza sicura che le migranti irregolari continueranno a venire in ospedale a partorire. Temo che ci verranno solo all’ultimo momento, senza farsi seguire durante la gravidanza. Anche qui è un lavoro che va in fumo. Negli ultimi anni sono diminuiti i parti prematuri e i neonati sottopeso. Un risultato ottenuto grazie al fatto che le migranti hanno imparato a rivolgersi alle strutture sanitaria fin dal terzo mese di gravidanza.

Per contrastare l’istigazione alla delazione molti usano l’argomento convenienza: se i migranti smetteranno di rivolgersi agli ospedali, semineranno in giro Tbc e Aids e ci ammaleremo pure noi italiani. Non è un’arma a doppio taglio?
E’ un argomento da usare con molta cautela. Da una parte, ci sono casi tra i migranti di malattie infettive. Dall’altra, si rischia di gridare all’untore. Si gioca sporco su due paure. Si costringono i migranti ad aver paura a metter piede in un ospedale, si aizzano gli italiani ad aver paura di loro. La Simm contrasterà con ogni mezzo questa barbarie che insulta la deontologia medica, ma soprattutto l’umanità.