Le parrocchie anticrisi: prestiti a tasso zero e accordi con le banche

di Gian Guido Vecchi
in “Corriere della Sera” del 1 marzo 2009

Fondi di solidarietà, sottoscrizioni pubbliche, prestiti senza interesse, accordi con le banche, progetti
di microcredito sul modello dell’economista e Nobel Muhammad Yunus. Le classiche mense dei
poveri restano fondamentali ma non bastano più da un pezzo. Ci sono altre difficoltà, strati sociali e
famiglie che non avrebbero mai immaginato di aver bisogno. E le diocesi italiane moltiplicano un
impegno peraltro abituale, mobilitano parrocchie fedeli, lavorano di carità e creatività, raccolgono
milioni per sostenere chi si trova in difficoltà. Si farebbe prima ad elencare quelli che non stanno
facendo nulla, anche perché non ce ne sono.
Certo siamo in Quaresima, per i fedeli tempo di «preghiera, digiuno e obolo». Ma non si tratta solo
di questo. A fine mese, tra il 23 e il 26 marzo, il comitato permanente della Cei si riunirà per
definire i dettagli di quel «fondo di garanzia per le famiglie in difficoltà » voluto dal cardinale
Angelo Bagnasco, una «colletta» che «verrà fatta in tutte le diocesi » e «si aggiunge a ciò che c’è
già». Si è parlato di «decine di milioni di euro». Ma l’essenziale, qui, sta nel ruolo di coordinamento
dei vertici della Chiesa italiana: alla Cei spiegano che «non si vogliono interventi a pioggia»,
d’emergenza, la «Chiesa di popolo» conosce la sua gente, è realista e vuole organizzarsi a
fronteggiare la crisi «per un lungo periodo». Fermo restando che, se «la Chiesa non si tira indietro»,
lo Stato «deve fare per intero la sua parte», ha spiegato il presidente della Cei invitando le forze
politiche a un «vera coesione » davanti alla crisi.
Intanto molte diocesi si sono mosse. Già prima di Natale il cardinale Bagnasco aveva prospettato il
suo piano e la prima risposta è arrivata dalla diocesi più grande, Milano, con il cardinale Dionigi
Tettamanzi che la notte della vigilia annunciò la nascita di un fondo per le famiglie da un milione di
euro raccolto tra fondi dell’8 per mille, risparmi della diocesi e risorse personali: in queste settimane
il fondo è già salito a quasi tre milioni (2.935.335, per la precisione), uno dalla Fondazione Cariplo
e il resto grazie alla sottoscrizione della gente ( www.chiesadimilano. it). Lo stesso ha fatto a
Bologna il cardinale Carlo Caffarra con il suo «Fondo emergenza famiglie 2009» gestito dalla
Caritas. Da Torino a Genova, da Venezia a Napoli le grandi diocesi stanno in prima fila.
Ma sono quelle piccole a dare l’idea di quanto siano capillari le iniziative di diocesi e Caritas
diocesane, d’intesa con amministrazioni e banche locali. I vescovi di Pavia, Vigevano e Tortona
hanno definito un piano di prestiti da duemila euro, senza interessi e con rate personalizzate. Un po’
come il «credito solidale» di Trento, con uno stanziamento iniziale di 40 mila euro. Quello dei
microcrediti è in effetti lo strumento più diffuso. A cominciare dai luoghi dove la crisi non è una
novità: a Prato, con un fondo di garanzia di 130 mila euro, il microcredito è attivo dal 2005, con
prestiti fino a cinquemila euro. Qui nel 2005 è nato il primo fondo anticrisi per le famiglie, in due
anni la Caritas ha stanziato 250 mila euro. E c’è anche un «Emporio Caritas» dove i bisognosi fanno
la spesa senza soldi: aperto a giugno 2008, ha distribuito merce per 180 mila euro.
Un progetto di «microcredito etico-sociale» è appena stato lanciato dalla diocesi di Chieti e Vasto,
guidata dall’arcivescovo- teologo Bruno Forte: la chiesa si farà garante per l’accesso al credito in
banca di chi non ha i requisiti. Un’iniziativa simile, tra le tante, si trova anche nella diocesi di
Cesena. Un’altra a Potenza e in tutta la Basilicata. Un fondo per microcrediti aperto anche alle
piccole imprese sta nascendo nella diocesi di Pitigliano-Sovana- Orbetello. E poi ci sono i fondi
veri e propri per le famiglie. A Lucca (120 mila euro stanziati) il fondo si aggiunge a un progetto di
microcredito. A Mazara del Vallo è permanente: esiste da otto anni per tutti i 13 Comuni della
diocesi. A Lodi — dove è vescovo Giuseppe Merisi, presidente della Caritas italiana — la diocesi
inizia con 50 mila euro. A Bergamo e Vicenza con 300 mila. A Siena si parte da 150 mila. Altri se
ne annunciano da Frosinone a Molfetta, da Novara a Trani, dove ci sarà una «colletta di solidarietà»
come a Cremona o Reggio Calabria. E poi Piacenza, Modena, San Minato… Qualsiasi elenco è
inevitabilmente provvisorio e carente. Anche perché per molte parrocchie, evangelicamente,
l’importante è che l’iniziativa sia conosciuta in zona: «Quando fai l’elemosina, non sappia la tua
sinistra ciò che fa la tua destra…».