L’America che non tortura più

di Stefano Rizzo
da www.aprileonline.info

Lotta al terrorismo: con la pubblicazione dei “memo del terrore” sappiamo che l’amministrazione Bush aveva dato poteri straordinari alla polizia federale e alle agenzie di spionaggio di perquisire, indagare, intercettare e catturare cittadini americani sul suolo degli Stati Uniti senza autorizzazione della magistratura. Aveva dato all’esercito e alla CIA il potere di catturare, torturare e giustiziare in carceri segrete sparse per il mondo i sospettati di azioni terroristiche e i combattenti catturati sui campi di battaglia iracheno e afgano. Ma allora tutti quegli attivisti della American Civil Liberties Union, di Amnesty International, di Human Rights Watch, di American Citizens for Peace and Justice non erano degli scalmanati che con il loro imbelle idealismo mettevano in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti! Non erano dei paranoici che vedevano complotti dappertutto, veterosinistri mossi solo da animosità antigovernativa, che gridavano – addirittura! – all’attentato contro la costituzione e al pericolo dello stato di polizia!

Adesso sappiamo per certo che non lo erano. Con la pubblicazione, da parte del nuovo ministro della giustizia di Obama, Eric Holder, dei pareri legali stilati subito dopo gli attacchi terroristici del settembre 2001, sappiamo che l’amministrazione Bush aveva dato poteri straordinari alla polizia federale e alle agenzie di spionaggio di perquisire, indagare, intercettare e catturare cittadini americani sul suolo degli Stati Uniti senza autorizzazione della magistratura. Aveva dato all’esercito e alla CIA il potere di catturare, torturare e giustiziare in carceri segrete sparse per il mondo i sospettati di azioni terroristiche e i combattenti – definiti illegali – catturati sui campi di battaglia iracheno e afgano. Non solo. I consiglieri di Bush avevano anche stabilito che il Congresso non aveva nessuna autorità in materia sul presidente, non poteva vietare, né sottoporre a controllo tutte queste pratiche, che in sovrappiù rimanevano rigorosamente segrete. Il presidente, a suo piacimento, avrebbe potuto fare la guerra, sospendere le garanzie costituzionali, cancellare i trattati, sequestrare cittadini e stranieri in patria e all’estero.

Tutto ciò era stato denunciato da quegli scalmanati attivisti dei diritti civili, ridicolizzati dalla stampa compiacente (in America, ma anche in Europa) come dei deboli che non si rendevano conto del pericolo del terrorismo (quando non ne erano complici). Quello che non si sapeva è che l’amministrazione aveva progettato, ottenendo il via libera dei suoi esperti giuridici, di utilizzare l’esercito in patria non solo come presidio passivo di siti sensibili, ma anche in operazioni di polizia per scovare i presunti terroristi e “neutralizzarli”, cioè ucciderli. Un brivido corre lungo la schiena al pensiero che gli Stati Uniti sono stati ad un passo dal diventare una qualsiasi dittatura militare latinoamericana. E con tutta probabilità è quello che sarebbe successo, se i piani di al-Qaeda non si fossero limitati ai sanguinosi attentati dell’11 settembre, ma avessero previsto e attuato una catena di altri drammatici attacchi. Probabilmente avremmo assistito ai convogli di truppe nelle città, alle porte sfondate, alla gente rinchiusa nelle scuole militari, alla giustizia sommaria, alle sparizioni.

L’amministrazione Bush si era preparata a questa evenienza commissionando in primo luogo le giustificazioni giuridiche stilate da compiacenti professori (uno di questi, John Yoo, insegna ora tranquillamente agli studenti dell’Università della California). Probabilmente, ma questo forse non lo sapremo mai, erano stati anche elaborati i piani per dichiarare lo stato di emergenza e dare di fatto al presidente poteri dittatoriali. I memorandum ci dicono che nella forma questi poteri Bush se li era già attribuiti e aveva stabilito gli strumenti per esercitarli – l’esercito. Se così non è stato – a parte le intercettazioni illegali, le vessazioni e l’incarcerazione arbitraria di alcune migliaia di americani di religione mussulmana – è perché la minaccia terroristica dopo l’11 settembre si è come liquefatta: da allora non ci sono stati più attentati sul suolo degli Stati Uniti. Al punto che è stato necessario pomparla ad arte con una “politica della paura” martellante: continui annunci di minacce sempre nuove e sempre più terribili (ricordate le lettere all’antrace – che si scoprì poi essere partite da un laboratorio dell’esercito?), aumentando e abbassando la scala colorata del terrore e – naturalmente – lanciando una guerra dopo l’altra come parte di quella più generale contro il terrorismo.

Con la pubblicazione dei “memo del terrore” Obama ha mantenuto fede ad una promessa fatta in campagna elettorale: quella della trasparenza, non solo su ciò che farà la sua amministrazione, ma su ciò che ha fatto il suo predecessore. Aveva promesso di porre fine alla stagione della segretezza, voluta da Bush e Cheney, che aveva mantenuto le decisioni sulla sicurezza in una zona opaca, impermeabile al controllo parlamentare e dell’opinione pubblica (come appunto avviene in ogni dittatura degna di questo nome). Ed era stato molto chiaro nel condannare le violazioni dei diritti individuali e delle convenzioni di Ginevra. “L’America non tortura”, aveva proclamato annunciando la chiusura del carcere di Guantanamo, intendendo dire che l’America non torturerà più, come invece ha fatto sotto il suo predecessore.

Obama era stato criticato nelle scorse settimane dai suoi stessi sostenitori perché aveva escluso di perseguire penalmente coloro che nell’amministrazione Bush (a partire dallo stesso presidente) si erano macchiati di reati come la tortura e che avevano attentato alla costituzione. Obama aveva detto che individuare penalmente queste responsabilità sarebbe stato difficile e lacerante, proprio perché i crimini commessi avevano una giustificazione formale nei documenti approvati dagli esperti giuridici dell’amministrazione Bush. Meglio sarebbe stato voltare decisamente pagina e al contempo rendere accessibili questi documenti, segretissimi fino all’altro ieri.

L’operazione verità che ha messo in moto – al di là delle opinioni diverse che ci possono essere sulla necessità o meno di punire i colpevoli – è la migliore garanzia perché fatti del genere, vergognosi per un paese democratico, non si verifichino più. Ma poiché l’America non è così lontana e anche l’Italia ha fatto e continua a fare parte del campo occidentale; e poiché nel nome della difesa dei comuni valori e della comune guerra al terrorismo in tutti questi anni centinaia di giornalisti, opinionisti e pensosi commentatori, anche su questa sponda dell’Atlantico, hanno giustificato ogni attacco alle libertà democratiche, ogni nefandezza, rapimento, uccisione e tortura di inermi – a tutti costoro vogliamo fare una domanda: quando ammetterete di avere avuto torto? Quando ci chiederete scusa?