Crisi: i pericoli maggiori per le donne

di Claudia Bella
da www.womenews.net

La crisi economica che stiamo vivendo non è neutra. Gli effetti non saranno uguali per tutti e le donne sono quelle che rischiano di subire le ripercussioni più pesanti, in termini di condizioni di vita e di lavoro.

Il calo dell’occupazione, la perdita del potere d’acquisto, l’aumento delle povertà inciderà maggiormente sui soggetti più deboli ed in particolare sulle donne che guadagnano mediamente meno degli uomini, svolgono molto spesso tipologie di lavoro precario o con scarse tutele, sono occupate in settori meno ricchi e, per questi motivi, in molti casi non hanno neppure la rete di protezione degli ammortizzatori sociali.

La crisi viene utilizzata dal Governo e dalle controparti in maniera strumentale come pretesto/occasione per erodere tutele e diritti frutto delle conquiste di decenni. Ultimo esempio l’attacco all’età pensionabile delle donne.

Si cerca di raggranellare un po’ di spiccioli a danno delle donne, nascondendosi dietro la richiesta dell’Unione Europea. In realtò non c’’e nessun “obbligo” di innalzare l’età pensionabile, perchè questa presunta “disparità di trattamento” sollevata dalla Ue può essere giustificata in molte maniere e la legislazione europea ammette le deroghe al principio generale di parità, purchè siano, ovviamente, motivate: non c’e’ nulla di più iniquo di trattare in maniera eguale situazioni diseguali.

Le donne, a causa della maggiore difficoltà ad entrare e permanere nel mercato del lavoro, delle loro carriere discontinue, ben difficilmente riescono a maturare una contribuzione sufficiente a raggiungere la pensione di anzianità (che viene utilizzata in grandissima parte dagli uomini ed anche prima dei 60 anni), quindi la “vecchiaia” è per molte l’unica possibilità reale di pensionamento.

Altro esempio, il Protocollo del 22 gennaio sulle nuove regole per la contrattazione, che la Cgil non ha firmato. Un nuovo modello che non tutela i redditi di lavoratori e lavoratrici, e per le donne contiene qualche rischio in più.

Basti pensare al meccanismo delle deroghe, che consente alla contrattazione aziendale o territoriale di modificare, anche in peggio, il contratto nazionale. Possiamo immaginare, soprattutto in una fase difficile come quella attuale, quale giungla di scambi impropri possa innescare un meccanismo di questo tipo: i diritti rischiano di divenire una merce, da barattare per ottenere un aumento salariale o il mantenimento dell’occupazione, e in questo gioco le donne sono le più esposte.

Anche la bilateralità, così come è intesa nell’accordo – ovvero come sostituto “povero” del welfare in tantissimi campi, dalla sanità, alla maternità, alla protezione sociale rappresenta lo smantellamento dello stato sociale universale, sostituito da un sistema a scacchiera in cui le categorie più forti riusciranno forse a mantenere una discreta copertura, per le altre la perdita sarà inevitabile.

E quanto questo colpisce le donne, maggiori fruitrici/supplenti del welfare e al tempo stesso perlopiù occupate in settori meno ricchi, è evidente. Non c’e’ lavoro, non ci sono servizi efficaci di supporto rispetto alla cura di bambini, anziani, disabili, non ci sono tutele sufficienti per la maternità e le altre situazioni di disagio: le donne tornano a casa.

Questo può essere l’esito della attuale fase recessiva, per noi donne , la restaurazione di un modello economico, sociale e culturale vecchio di trenta o quaranta anni e che abbiamo cercato di superare con le nostre battaglie.

Ma non ci sono solo i temi economici. L’attenzione dei media e del mondo politico sembra, nelle ultime settimane, aver “scoperto” il problema della violenza contro le donne. In realtà si è indirizzata solo verso una delle forme di violenza a cui le donne sono sottoposte: lo stupro. E più precisamente, lo stupro in strada ad opera di sconosciuti. Ed ancor più precisamente ad opera di immigrati.

Ignorando deliberatamente che una donna su tre subisce una qualche violenza nell’arco della propria vita, e nella grandissima maggioranza dei casi non per strada da sconosciuti ma ad opera di parenti, amici, colleghi e soprattutto ( quasi il 70%) del partner o dell’ex partner.
Nella fascia di età 16-50 anni le donne muoiono più per violenza che per malattie o incidenti stradali.

Invece la violenza contro le donne sale alla ribalta della cronaca solo quando accadono episodi che per le loro caratteristiche colpiscono l’opinione pubblica e attirano l’attenzione dei mass media , oppure possono essere utilizzati politicamente per tutt’altre finalità.

E così la spettacolarizzazione di un crimine odioso come lo stupro, lo sciacallaggio, che aggiunge ulteriore violenza alla sofferenza è utile a alimentare l’intolleranza verso i migranti che rappresentano sempre più il capro espiatorio ideale per tutti i mali del paese, perfetti per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dai veri problemi e dalla inefficienza di chi ci governa.

Creando un clima di paura, sospetto, odio, razzismo pericolosissimo che già provoca fenomeni allarmanti e rischia di lievitare ulteriormente. Sì, gli effetti di questa fase sulle donn rischiano di essere davvero pesanti. Ma non è inevitabile. Dipende anche da noi, dalla capacità di essere visibili, in quanto donne, di rilanciare sui nostri temi e le nostre battaglie, di imporre le nostre priorità, nell’azione politica e sindacale..

Perchè i diritti, le tutele, i bisogni, l’occupazione delle donne non sono “altro” rispetto alla crisi, al Protocollo sulla contrattazione, alle questioni generali: rappresentano una questione fondamentale per il complesso del mondo del lavoro e lo sviluppo del Paese.

Tutti questi temi sono al centro delle iniziative che noi donne della Cgil abbiamo programmato nel mese di marzo, della campagna di assemblee contro l’accordo separato sulla contrattazione e, soprattutto, della manifestazione nazionale cgil del 4 aprile a Roma.

Proprio per avere maggiore visibilità, come Coordinamento Donne Cgil Roma e Lazio parteciperemo a quella manifestazione con un nostro slogan “Noi non abbiamo paura”, legando i temi del lavoro e dei diritti alla protesta contro tutte le violenze e ci auguriamo che moltissime donne siano insieme a noi, ed alla Cgil, per non rinunciare al progetto di un futuro diverso.