Un vertice incolore, inodore e insapore

di Forum italiano dei movimenti per l’acqua

Si è svolto a Istanbul il quinto Forum mondiale dell’Acqua. Vi hanno partecipato rappresentanti sia politici che espressione delle multinazionali del settore. Proprio per gli interessi economici non si è riusciti, nella dichiarazione finale, a riconoscere come “diritto essenziale” l’accesso all’oro blu. La società civile, riunita nel Controforum, ha contestato la legittimità della sede e delle decisione prese

Dal 16 al 22 Marzo si è svolto ad Istanbul il quinto Forum Mondiale dell’Acqua; è questo un importante consesso internazionale che si tiene ogni tre anni e che viene organizzato dal Consiglio Mondiale dell’Acqua. Legato alla Banca Mondiale, il Consiglio è composto oltre che dalle principali multinazionali che gestiscono i servizi idrici come Suez e Veolia, anche da rappresentanti dei governi di alcune tra le più importanti nazioni.

Nei dibattiti che si tengono in questa sede, vengono prese decisioni fondamentali riguardo agli indirizzi relativi all’uso, alla proprietà ed alla gestione di un bene essenziale alla vita quale l’acqua. E tutto ciò avviene in una cornice rappresentata dal libero mercato e dalla conseguente mercificazione del bene in questione.

Quest’anno, oltre agli importanti impegni presi in relazione alla necessità di economizzare l’impiego dell’acqua in particolare nel settore agricolo, oltre a combattere l’inquinamento sia nei corsi d’acqua che nelle falde sotterranee, è stato chiesto con forza, da numerosi paesi intervenuti, ma anche dalla società civile, di sancire l’accesso all’acqua non come un una “necessità fondamentale” ma come un “diritto essenziale”. Non c’è stato verso, malgrado l’intervento del governo francese prima e di quello spagnolo, e di alcuni stati africani e sudamericani poi.

Si è cercato di modificare l’impostazione del dibattito, oltre che della dichiarazione finale uscita dal Forum. Ma le spinte messe in atto dagli interessi economici presenti sono state nettamente più forti. E questo malgrado le cifre rese note dall’Onu in contemporanea al Forum parlino chiaro: 1,1 miliardi di persone che non hanno accesso all”acqua potabile; 2,5 miliardi di persone che non godono di servizi igienici; 3.900 bambini che muoiono ogni giorno in tutto il mondo per malattie legate alla scarsa qualità dell’acqua che bevono. Secondo l’Onu tra il 2030 ed il 2050 metà della popolazione della terra non avrà accesso all’acqua.

Il senatore francese Jean François Legrand, che ha animato un collegio di 300 parlamentari provenienti da circa 90 paesi ha giudicato la dichiarazione finale “incolore, inodore e priva di sapore”.

Il disaccordo tra i partecipanti al Forum è stato profondo, tanto che una ventina dei paesi intervenuti, tra cui Spagna, Sud Africa e Bangladesh, hanno presentato una dichiarazione finale in contrasto a quella ufficiale.

Il segretario generale del Forum, Oktay Tabesaran, ha affermato che il documento finale è comunque “importante e servirà da riferimento a livello governativo”.

Intanto la società civile, riunita nel Controforum, nonostante la manifestazione del giorno di apertura sia stata pesantemente caricata dalla polizia turca e diciassette attivisti siano stati tratti in arresto, ha fortemente contestato sia la legittimità del Forum quale luogo decisionale, che le decisioni finali da esso prese.

Nella dichiarazione finale del Controforum viene inoltre pesantemente criticato il progetto di costruzione di dighe idroelettriche dell’Anatolia dell’Est – anche noto come progetto Gap, il quale prevede la costruzione di 18 dighe in diversi fiumi che attraversano la Turchia – poiché oltre ad avere un pesante impatto sull’ecosistema, di fatto provoca lo spostamento forzato di circa 400 mila kurdi, in una regione in cui sono in atto da anni gravi violazioni dei diritti umani, a fronte di un conflitto a cui il governo turco ancora non ha posto termine. Ed anzi sembra dare ad esso una nuova recrudescenza attraverso il progetto di costruzione delle dighe.

Il movimento mondiale per l’acqua chiede l’organizzazione all’interno dell’Onu di un Forum composto dai paesi membri, e non dalle multinazionali, che riconosca l’acqua come un diritto umano universale.

Oltre a criticare la decisione di non escludere l’acqua dagli accordi mondiali sul commercio, viene infine pesantemente criticato il modello attuale di gestione dell’acqua, basato sulle privatizzazioni, sulla mercificazione e sulla finanziarizzazione, così come si critica aspramente il modello neoliberista che si basa oltre che sulla speculazione finanziaria, sullo sfruttamento intensivo delle risorse naturali, tra cui oltre all’acqua, anche il suolo, l’aria e la biodiversità.