Quale opposizione?

di Paolo Bonetti
da Critica liberale n° 159

Se si sta all’opposizione, bisogna fare gli oppositori. Questo dice il semplice buon senso, questo pensa il comune elettore che non frequenta le sedi dei partiti o le redazioni dei giornali. L’elettore è una creatura semplice e ingenua che, anche quando è un moderato, ama le posizioni nette, le identità precise, i valori di riferimento (se ci sono) difesi senza ambiguità e compromessi tanto faticosi quanto sterili.

L’elettore prende molto sul serio quello che dici di essere e ti attende impaziente alla prova dei fatti. Non gliene importa niente degli equilibri e delle alchimie, delle correnti e dei notabili che si fanno guerre più o meno velate, delle prudenze, degli inciuci o delle vendette personali che si prolungano nei decenni.

L’elettore, insomma, non è un terzista e neppure un equilibrista, il riformismo parolaio e velleitario gli fa semplicemente schifo, dei politicanti furbastri e vili ne ha piene le tasche, e alla fine preferisce inevitabilmente Berlusconi, che almeno si sa chi è e cosa vuole, sovvertire la Costituzione, sottomettere la magistratura, consegnare lo Stato laico nelle mani della Chiesa cattolica, far pagare la crisi economica ai ceti sociali più deboli e meno garantiti.

Qualcuno chiederà: ma questo tuo elettore è forse un masochista? No, è semplicemente uno che ha i suoi piccoli interessi da difendere, le sua paure da tenere sotto controllo, le sue speranze, magari egoistiche, da coltivare. Non per questo deve essere disprezzato, è lui il popolo sovrano, con lui bisogna parlare, dei suoi interessi, bisogni e paure bisogna tenere realisticamente conto.

Non così si è comportato, fin dall’inizio, il fu segretario Veltroni, non così l’intero gruppo dirigente del Partito democratico. Appena ne vedevi comparire uno in televisione, cominciavi a temere lo sbrodolamento, il parlarsi addosso, gli ammiccamenti più o meno trasversali, le dichiarazioni di principio vuote e retoriche. Il Pd è nato senz’anima dall’incrocio snaturato di due nomenklature moribonde, ha proseguito la sua vita stentata senza mai tentare di averne una, rischia di morire senza capire, neppure in punto di morte, che razza di partito o di non-partito è stato.

Le due qualità principali di una classe politica che creda davvero nel proprio futuro sono la chiarezza delle idee e il coraggio di difenderle con coerenza. Puoi stare all’opposizione anche per vent’anni, ma devi starci sapendo chi sei. Veltroni se n’è andato in modo patetico, parlando ancora una volta del suo sogno infranto. In realtà, non bisogna sognare (questa è roba da lasciare alle signorine cuorinfranti), bisogna saper leggere la realtà senza tante illusioni e poi lavorare pazientemente su questa realtà ingrata.

E bisogna anche sapere dove è utile e possibile cercare il consenso, senza andare scioccamente a cercarlo fra i propri irriducibili avversari. Bisogna coltivare e valorizzare gli amici, concedendo loro lo spazio necessario e non mortificarli o addirittura distruggerli nell’assurdo tentativo di condurre da soli una battaglia impossibile, magari finendo col blandire proprio coloro che dici di voler combattere.

I dirigenti del Pd si sono invece comportati come gli ignavi di Dante, a Dio spiacenti e ai nemici suoi, seguendo magari i consigli di chi ha tutto l’interesse a promuovere il riformismo degli eunuchi, quello che, in nome di un presunto interesse nazionale, non mette in discussione gli equilibri di potere esistenti, attende rassegnato le decisioni altrui, si compiace perfino delle lodi che vengono dal campo avverso.

Il riformismo vero è ben diverso, irrita e spaventa gli avversari, perché ne smaschera ipocrisie e contraddizioni. Le riforme vere, da quelle delle socialdemocrazie nordiche a quelle del laburismo inglese o del New Deal americano, si sono sempre fatte contro la parte politica conservatrice, non in collaborazione con essa. A maggior ragione quando si è nel pieno di una gravissima crisi economica, da cui si esce soltanto facendone pagare il conto a chi l’ha provocata con i propri errori e i propri privilegi.

E quello che sta cercando di fare Obama negli Stati Uniti, rovesciando la politica della vecchia amministrazione repubblicana con una serie di provvedimenti che non saranno certamente indolori per quei ceti che hanno tratto vantaggio dalle scelte di Bush e del suo governo. Se non si ha la forza di intraprendere strade nuove quando le vecchie non sono più percorribili, allora è meglio lasciare campo libero a chi possiede ancora il coraggio di scegliere e di rischiare. Cari democratici, diteci finalmente chi siete e cosa volete, schieratevi apertamente da una qualche parte, smettetela di praticare il ridicolo riformismo degli eunuchi.