C’era una volta il biotestamento

di Marzia Bonacci

Via libera al ddl Calabrò dal Senato con 150 si, 123 no e 3 astenuti. Passa l’emendamento Udc che non obbliga il medico al rispetto della volontà del paziente, mentre la Dat è riportata alla durata di tre anni e il fiduciario ridotto a poliziotto. Alla Camera arriva un testo peggiore di quello formulato in origine dal centrodestra. L’opposizione sul piede di guerra: Idv per il referendum e il Pd per la Consulta

E’ proceduto tutto secondo il copione politico originale. Non ci sono sorprese per il Pdl, la Lega, l’Udc e il Vaticano. L’ultimo ciak della prima versione del film sul testamento biologico, con il voto definitivo del Senato che apre il passaggio del testo alla Camera, non regale purtroppo sorprese. Incassa infatti 150 sì, 123 no e 3 astenuti. A favore hanno votato Pdl, Lega e Udc, contrari Pd e Idv. In dissenso dal loro gruppo, per ragioni diverse, hanno votato i senatori del Pdl Ferruccio Saro, Lucio Malan, Laura Bianconi, Marcello Pera e Antonio Paravia. Mentre tra le file dell’opposizione le voci contrarie sono state quelle dei senatori del Pd Claudio Gustavino ed Emanuela Baio Dossi.

Ogni scena, pensata e scritta nel dettaglio, è stata dunque girata come la regia l’aveva appunto pensata e scritta. Niente cambia, o meglio se cambia è per radicalizzarsi. Già proibitivo e illiberale, il documento Calabrò passa tra i banchi dei senatori e si potenzia nei suoi tratti negativi, senza che sia stato possibile per l’opposizione cambiare il filmato, invertire o mutare qualche sequenza, per rendere il lavoro complessivo meno proibitivo e meno illiberale.

Dall’Aula esce un testo ancora peggiore di quello che vi era entrato. Passa il divieto di scelta sull’idratazione e alimentazione artificiali che non potranno essere oggetto di Dat perché considerati “sostegni vitali” e non trattamenti sanitari, per cui imposti erga omnes. Sparisce ogni riferimento diretto e inequivocabile all’accanimento terapeutico per introdurre locuzioni generiche e approssimative. Si circoscrive il provvedimento al solo stato vegetativo ignorando tutta la vasta platea di sofferenti per patologie diverse.

E, dulcis in fundo, questa mattina l’Udc, per mano del senatore Antonio Fosson, avanza un emendamento che cancella la vincolatività della Dat e la modifica passa. L’articolo 4, come accaduto ieri per il 3 su sondino e flebo, relativo a forma e durata della Dat, è così oggetto di un cambiamento che lo rende ancora più nefasto di quanto lo era prima, quando è arrivato all’Aula dalla Commissione Sanità del Senato. Poi, sempre a coronare il quadro, la senatrice sentinella ultra-cattolica del Pdl, Laura Bianconi, avanza un emendamento sempre all’articolo 4, anche questo approvato, che riporta a tre anni la validità delle Dat (come era previsto nel ddl originario poi modificato con il passaggio a cinque anni nella Commissione Sanità su richiesta di un emendamento a firma Francesco Rutelli).

Anche sull’articolo 6 relativo al ruolo del fiduciario, grazie all’azione congiunta della Bianconi e del leghista Fabio Rizzi, viene cancellata la parte che stabiliva che il fiduciario avrebbe operato per far realizzare le volontà del soggetto che ha redatto la dat e viene cancellato il comma 3 che specificava che “il fiduciario non può in alcun modo modificare la dat e si impegna a garantire che si tenga conto delle indicazioni sottoscritte”. Mentre resta il comma 5 in cui è previsto che il fiduciario si impegna a verificare attentamente che non si determinino a carico del paziente situazioni che integrino fattispecie di omicidio, omicidio del consenziente e istigazione al suicidio.

Un testo ancor peggiore della sua versione originale che incassa il voto favorevole dell’Aula, mentre fuori protestano Sinistra e radicali. Il Pd ricompattato al suo interno si oppone, eccetto il senatore Gustavino (“Il valore di questa legge è dove altri vedono una sua debolezza, cioè non indulge all’eutanasia”) e la collega Baio Dossi (“Una legge che coniuga difesa della vita ma che al contempo garantisce la scelta del cittadino sul suo fine vita”).

Ma la capogruppo democratica Anna Finocchiaro non lascia margine di fraintendimento sulla valutazione, quando annuncia il no del suo gruppo: un ddl “fondato sul tradimento” perchè “gli italiani sono portati a credere che chi esprimerà una propria volontà, questa volontà sarà rispettata. Ma non è così”. Parla di “inviolabilità del corpo”, che consiste nel “non vedere praticati su di esso trattamenti sanitari che non si vuole” con lo Stato che “deve garantire questo diritto”. Ciò che non è stato fatto dalla maggioranza, obbligo disatteso. Così che oggi si è costretti, con l’approvazione del ddl, “a vedere morire la libertà e la dignità dell’uomo – così come garantita dall’art. 32, secondo comma, seconda parte della Costituzione repubblicana, così come scritta da Aldo Moro”. La Finocchiaro ricorda poi quanto compiuto dal suo partito, “dove dal confronto serrato, e anche difficile, ho imparato a dubitare”. Ovvero “un privilegio” che certo è mancato nella maggioranza, che accusa di aver tradito la Costituzione, “proprio voi che vi chiamate Popolo delle libertà, la vostra, suppongo”. Un lavoro, quello democratico, che non ha mai avuto come intento l’eutanasia: “Rispetto a cui il Pd è sempre stato contrario”, ribadisce.

Compatto procede come un tank il centrodestra, Lega e Pdl sostengono il ddl Calabrò, con il sostegno dell’Udc (“Diciamo si alla vita, senza se e senza ma”, dichiara il presidente Gianpiero D’Alia). Sporadiche le eccezioni tra le fila azzurre. Tra queste, quella del senatore Paravia che, con Saro e Malan, critica il testo perché “non è un testamento biologico” in quanto “non rispetta le volontà personali”. In dissenso anche Pera e Bianconi, con questa ultima che non appoggia il documento temendo che “apra la strada a dilatazioni della volontà” sconfinando quindi in un possibile e futuro riconoscimento dell’eutanasia.

Ma per la maggioranza non si poteva fare di meglio, come ricorda il capogruppo: “Sappiamo di aver fatto un buon lavoro”, afferma Gaetano Quagliariello, perché “non e’ stata scritta una legge sotto la dettatura del Vaticano, la legge nasce dal libero convincimento di liberi legislatori”.

Fatti fuori Costituzione e sentenze della magistratura, pareri contrari di esperti e voci critiche dei cittadini, appelli ad invertire la rotta di associazioni e sindacati, entrate in campo per evitare cadute non degne di un paese civile di esponenti della cultura e dello spettacolo, dissidenze anche tra i propri. Tutti attori ridotti a ruoli secondari, a comparse sulla scena del film girato da maggioranza e governo, con l’illusione di strappare qualche parte e poi costretti a sedere a bordo del set per vedere il solo regista e qualche figurante (gradito al primo) recitare in prima linea.

Così arriva al vaglio della Camera un testamento biologico che non è più tale, svuotato di senso, completamento spostato verso la cultura più costrittiva che si possa immaginare, scritto di pugno dalla Chiesa, quella versione ortodossa e integralista di cui l’attuale pontefice è espressione rappresentativa, figlio del bavaglio e del disprezzo imposti all’opposizione, che pure dovrebbe essere per un governo un interlocutore da ascoltare di fronte a tematiche così delicate, prodotto di una cultura che celebra la vita all’inizio e alla fine, ma non nel suo svolgimento.
Uno schiaffo, infine, alla vicenda Englaro, riprova che quando la politica è cieca e sorda, nemmeno il dolore e la sofferenza di una persona, simbolo di una collettività umana, possono scalfire il manovratore che cancella la libertà individuale e l’autodeterminazione sul proprio corpo, sotto i colpi dello Stato etico e teocratico che avanza erodendo.

Unica speranza è qualche miglioramento alla Camera, ma anche nell’ipotesi più fortunata l’impianto del ddl non potrà cambiare. Così si apre la discussione sul che fare
. Il ricorso alla Corte costituzionale (come vorrebbe il Pd) e il referendum (a cui già lavora, annunciando la raccolta delle firme, l’Idv) sono le strade che possono essere battute. Il contrasto con l’articolo 32 della Costituzione secondo la democratica Finocchiaro, “solare”, tanto che “non c’è margine di dubbio sull’eventualità che questo testo arrivi davanti al giudice e alla Corte costituzionale”. Mentre per il dipietrista Giuseppe Astorre di fronte ad una legge “sacrificata all’altare di qualche interesse politico” perché si aveva la necessità “di qualche pennacchio da portare a qualche congresso tra qualche giorno”, non resta che consultare la società: “L’Idv chiederà ai cittadini di firmare per il referendum contro una legge inutile e incostituzionale”, dice il capogruppo al Senato.