Il divieto di interrompere l’alimentazione: effetti devastanti per i malati di tumore

di Michele Bocci
da “la Repubblica” del 26 marzo 2009

«Il divieto di interrompere idratazione e alimentazione può avere effetti devastanti per chi sta morendo di tumore. Per alcuni pazienti può addirittura anticipare la fine e aumentare la sofferenza». Daniela Valenti dirige due hospice a Bologna, cioè strutture che accompagnano verso la fine i malati terminali. Secondo lei le conseguenze del provvedimento che si sta approvando in Senatonon riguardano solo le persone in stato vegetativo permanente, come era Eluana.

«Penso ad esempio ai casi di tumore al polmone, ma anche ad altri tipi di cancro – dice la dottoressa – Quando la fine si avvicina e il loro cuore inizia a pompare in modo più lento bisogna interrompere l’idratazione perché il corpo non può più accettare quei liquidi. È anche il momento di somministrare farmaci anticolinergici, che riducono le secrezioni dell’organismo. Se invece si continua a dare acqua questa finisce nei polmoni, si crea un edema che può anche anticipare la morte e provocarla per annegamento. E aumentano così le sofferenze per il malato».

Rendendo tra l’altro più penoso il momento della fine anche per le persone che lo assistono. La dottoressa Valenti, responsabile della struttura della Fondazione Seragnoli e di quella dell’ospedale approvando in Senato. «Il problema fino ad oggi è stato proprio quello di aver mescolato la questione tecnica con quella ideologica, su cui in questo momento non mi voglio addentrare».

Per impedire che nasca un nuovo caso Eluana si incide sull’assistenza di migliaia di malati. «Lo spunto di riflessione che pongo io riguarda le tantissime persone nella fase terminale della vita – dice sempre Valenti – E non tutti hanno la fortuna di essere assistiti in strutture a loro dedicate: negli hospice in Italia muoiono circa il 12% delle persone colpite da un tumore; il 40% muore nei reparti di Medicina.

Penso a quei colleghi meno esperti nelle cure palliative che si troveranno a imporre trattamenti che se non sospesi possono fare molto male al paziente. E senza dare mezza giornata di vita in più, anzi forse accelerando la morte».

A Daniela Valenti capita di registrare le ultime volontà dei malati che segue negli hospice di Bologna riguardo alle cure farmacologiche e all’alimentazione e idratazione? «Certo. Ma quando parlo di interrompere l’idratazione parlo di un atto medico, cioè di un’azione compiuta per motivi clinici. Quando diventa addirittura nociva, per sospenderla non dovrebbe esserci bisogno di chiedere il parere del paziente. Sempre che sia possibile ottenerlo».