Ambiente, torna il fronte negazionista

di Maurizio Gubbiotti
Resp. Dipartimento Internazionale Legambiente

Ieri è stata scritta una pagina nera per la dignità e l’autorevolezza del Parlamento italiano: il centro-destra in Senato ha votato e fatto approvare una mozione del Pdl in cui c’è scritto che i mutamenti climatici sono un’invenzione e comunque non dipendono dall’uomo, e in cui si chiede al governo italiano di battersi contro impegni stringenti e vincolanti per ridurre i consumi di petrolio e fonti fossili e abbattere così le emissioni che stanno alterando gli equilibri climatici”

Pensavamo davvero che i negazionisti sui mutamenti climatici stessero diventando una specie in via di estinzione ed invece ancora una volta dobbiamo ricrederci e a vederli materializzare e proprio in un luogo così istituzionale come il Senato.

Se non fosse tanto tragico, e soprattutto se non fossero tanto tragiche per intere comunità le conseguenze dei mutamenti climatici, la mozione al voto in Senato sarebbe un perfetto pesce d’aprile! Proprio l’anno non da tanto passato, è stato caratterizzato da alcuni eventi dal forte impatto simbolico, oltre che concreto e reale.

Per la prima volta da quando sono iniziati i monitoraggi scientifici al Polo Nord, i ghiacci eterni dell’Artico si sono sciolti fino a lasciare completamente liberi, per due settimane in settembre, i due passaggi dall’Atlantico al Pacifico e dal Pacifico all’Atlantico, mentre ad una velocità che supera anche le più nere previsioni stanno arretrando la banchisa antartica, i ghiacci nell’Artico canadese e della Groenlandia.

Stessa situazione per le riserve di oro blu custodite nei ghiacciai delle regioni tibetana e himalayana, che secondo i dati riportati dal Worldwatch Institute starebbero arretrando di 35 metri l’anno. Fanno da contraltare a tutte queste “fusioni”, le siccità sempre più intense che si registrano, ad esempio, in Australia.

Agli inizi del 2009 la parte sudorientale del Paese è stata devastata da una serie di incendi che hanno bruciato quasi 4.000 chilometri quadrati di territorio, lasciato 7.000 persone senza tetto e, stando al bilancio ufficiale delle vittime di metà febbraio, hanno ucciso 200 persone. Non è un caso, d’altra parte, se lo scorso gennaio il Worldwatch Institute ha lanciato l’allarme clima, sostenendo, tra l’altro, che undici degli ultimi dodici anni sono stati i più caldi della storia conosciuta.

Una diagnosi confermata anche dai dati pubblicati nello stesso mese dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l’Amministrazione nazionale per l’Aria e l’Oceano degli Stati Uniti, che danno il 2008 come l’anno più fresco dal 2000, ma anche come l’ottavo nella classifica dei più caldi dal 1880 ad oggi. Il riscaldamento climatico è già oggi misurabile e che dipenda da emissioni di origini antropica è decisamente una certezza scientifica. L’IPCC coinvolge migliaia di scienziati di reputazione internazionale che concordano sia sulle cause che sugli effetti dei cambiamenti climatici. Solo un infima minoranza, spesso al soldo dell’industria petrolifera, afferma ancora il contrario.

Affidarsi a questa infima minoranza sarebbe come credere alla minoranza di storici che affermano che le camere a gas non sono mai esistite (o un altro esempio di questo genere). I modelli scientifici costruiti dall’IPCC sono altamente affidabili e prendono in conto i principali elementi che influiscono sul clima (sole, nubi, oceani, atmosfera, inquinanti, mondo vivente, ecc.). Questi modelli, aventi un grande livello di accuratezza, sono stati testati con successo. Le loro previsioni si dimostrano molto accurate sia per quanto riguarda il passato che il presente.

La scienza mostra senza alcun dubbio significativo l’impatto dell’anidride carbonica sul clima. L’impatto del CO2 sull’effetto serra è dimostrabile con un semplice test in laboratorio. I danni sull’ ambiente sono già visibili ora. C’è un aumento degli avvenimenti meteorologici estremi che colpiscono milioni di persone soprattutto nei paesi poveri: meno responsabili dei cambiamenti climatici e con minore risorse per adattarsi. Il Worldwatch Insitute nel suo ultimo rapporto (2009) ha ricordato l’impressionante contributo del taglio di boschi e foreste nelle emissioni globali di gas climalteranti. A questo settore, infatti, è attribuito il 17,4% dei milioni di tonnellate di CO2 equivalente immesse ogni anno in atmosfera. Esteso a molte regioni del pianeta, e condiviso fra Paesi esportatori ed importatori di legno,bestiame e prodotti agricoli, il fenomeno deforestazione spiega la FAO, provoca ogni anni la perdita di circa 13 milioni di ettari di foreste e raggiunge i picchi più elevati nelle aree tropicali.

E’ evidente quindi che gli sforzi di riduzione delle emissioni sono urgenti per evitare che i cambiamenti climatici diventino irreversibili e colpiscano miliardi di persone creando un numero sconfinato di persone costrette a lasciare i loro territori perché resi invivibili dalle conseguenze dei mutamenti climatici. Nel 2010 si calcola che i rifugiati in fuga dagli effetti dei cambiamenti climatici sarà di 50 milioni e questo numero non farà che aumentare esponenzialmente se azioni rapide e coraggiose non saranno prese per ridurre le emissioni.

Previsioni del tutto simili arrivano anche dall’United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR), l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, stando ai cui dati i profughi nel mondo al 2007 erano arrivati a 37,4 milioni di persone, il 66,8% dei quali a causa di catastrofi naturali.

Nella macrocategoria dei cambiamenti climatici e ambientali sono compresi anche i sempre più frequenti disastri naturali. In gennaio l’United Nations Children’s Fund (UNICEF), il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, ha diffuso l’Humanitarian Action Report 2009 evidenziando che negli ultimi decenni il numero e la gravità dei disastri naturali sono aumentati in modo significativo.

Tra il 2005 e il 2007, l’agenzia dell’ONU ha risposto a una media annua di 276 emergenze in 92 Paesi, oltre la metà delle quali causate da calamità, il 30% da conflitti e il 19% da emergenze sanitarie. Inoltre, stando ai dati dell’ultimo rapporto sullo sviluppo umano dell’United Nations Development Programme (UNDP), il Programma ONU per lo Sviluppo Umano, oggi sono 344 milioni le persone a rischio di cicloni tropicali e 521 milioni quelle a rischio di inondazioni. Oltre a vittime e sfollati, poi, le calamità si lasciano dietro uno strascico fatto di potenziali epidemie e aumento del rischio fame. Tanto che, secondo le proiezioni dell’UNICEF, al 2010 saranno circa 60 i milioni di persone che nel mondo soffriranno la fame a causa di emergenze umanitarie e climatiche.

E si potrebbe continuare cosi per tutti i pseudo argomenti scientifici che la mozione negazionista sottolinea. Gli impegni che dovranno essere presi dai singoli paesi dovranno dipendere dalla responsabilità storica e dalle capacità. L’Italia in modo equo dovrà fare la sua parte.

Bisogna concentrarsi su quello che UE, USA e Giappone devono fare subito per evitare la catastrofe piuttosto che criticare i paesi in via di sviluppo. Bisogna anche ricordare che molti dei paesi emergenti stanno facendo sforzi maggiori dell’Italia. Basti pensare che la Cina è il secondo più grande investitore in energie rinnovabili ed è il maggior produttore di energie rinnovabili.
L’industria dell’energia rinnovabile sarà il settore cruciale per uscire dalla crisi e creare posti di lavoro. Se l’Italia perde questa occasione, le perdite economiche e sociali per il paese saranno incalcolabili.