Pasqua senza pace

di Giancarla Codrignani
da www.womenews.net

A Paqua auguri? Quando Medea esce dal silenzio e si rivolge, da straniera, alle donne di Corinto, dice: “davvero, noi donne siamo il genere più infelice”. Come non ripeterlo con l’infelicità che viene prodotta deliberatamente contro tante di noi, quindi contro noi tutte.

Avevo trascorso una settimana molto bella, in primo luogo per l’incontro con Wanda Szimborska e con la poesia “straordinariamente ordinaria” di un’ironica vita quotidiana di donna. Poi al liceo Luxemburg la presentazione di un “corto” prodotto da ragazzi stranieri che ha vinto una selezione nazionale: un premio non per quella scuola, ma per la scuola tutta quanta, salvata da insegnanti che conservano passione e trasmettono senso. Poi domenica a Casalecchio una giornata fantastica con tanta gente che affollava la “Casa della conoscenza” mentre fuori diluviava: ci si cimentava a smontare le mafie e la loro immagine di morte, ragionando di “etica che salva la bellezza”. Cose da non crederci, in una Bologna in cui il ceto politico non ha idea di quali emozioni, principi, autenticità la gente abbia bisogno di sentire esprimere.

Poi il contraccolpo di notizie che distruggono. In Afganistan il presidente Karzai ha firmato la legge che consente ai cittadini di fede sciita di stuprare la moglie. Orrore e immediata solidarietà con le parlamentari afgane contrarie e impotenti. Poi, la tristezza di riflettere da italiana: la legge contro la violenza sessuale si è trascinata per sette legislature, nonostante fosse una legge che non costava una lira allo stato e soddisfaceva le donne di tutte le parti politiche (quelle di base, perché in Parlamento “il genere” non è così stabile).

E una memoria che risale. In uno dei tanti intoppi la legge si era bloccata al Senato e io chiesi a Giglia Tedesco come mai la sinistra non decidesse di andare allo scontro: perdeva, ma acquistava il consenso delle donne (che allora assediavano le piazze, compresa quella di Montecitorio, da allora chiusa alle manifestazioni). Giglia mi rispose che il problema non era la Democrazia cristiana, ma “i nostri” che non avrebbero votato un articolo che prevedeva la colpa anche per il marito.

Sono purtroppo tanti i maschi che si chiedono ancora per quale motivo mai si dovrebbero sposare se non per avere un corpo di donna disponibile anche quando lei non ne ha voglia; ma è anche chiaro che le libere convivenze garantiscono la donna più del matrimonio, finché il costume resta patriarcale. E poiché chi dice o ha detto di amarti, o ti è familiare, amico è una delle principali cause di morte delle donne, c’è da disperarsi pensando al tempo necessario al legislatore per capire la necessità che il femminicidio diventi reato distinto dall’omicidio.

Infine, a rattristare ci sono leggi e comportamenti che hanno dato grande sofferenza alle straniere. Un pakistano è finito in coma pestato da cinque delinquenti italiani e la moglie, Karunasekera (bisogna ricordare anche i nomi faticosi, perché sono la storia), ha perduto il bimbo che aspettava; ed è già in piedi a tenere aperto il negozio che fornisce la sopravvivenza ( “bisogna essere positivi”, dice). Poi Kante a Napoli, un’ivoriana rifugiata – e, quindi, soggetta a protezione di legge – che è andata a partorire in ospedale (pensate al nome: “Fatebenefratelli”) ed è stata denunciata dall’istituto come clandestina: la polizia, subito intervenuta, l’ha portata in questura e l’ha segregata per dieci giorni dal suo bambino che non ha potuto succhiare il latte della sua mamma per tutto il tempo.

Tutto in nome di una legge che ancora non c’è, ma che produce già conseguenze xenofobe intollerabili. Chi restituirà al bimbo i dieci giorni di distacco da quel corpo materno che conosceva solo dall’interno? chi compenserà Kante del suo terrore, della sua umiliazione, del post-partum in galera?

Tutti sembriamo sdegnati, ma ci sono nel nostro corpo sociale segni troppo gravi di degrado dei sensi umani. Obiettivo delle persecuzioni volute da chi sostiene che “bisogna essere cattivi” con gli stranieri siamo tutti, uomini e donne, lo sappiamo bene. Ma l’essere donne dà alla dignità umana un valore di “differenza” non ancora recepito come perdita di bene per tutti. Pura crudeltà aggiunta. Per Pasqua: auguri?