Ma Dio non manda i terremoti

di Giorgio Crespi

Martedì mattina, il giorno dopo il sisma che ha colpito l’Abruzzo, ascoltavo in macchina attorno alle 9 il “commento alla stampa” di p. Livio Fanzaga, padre fondatore di RadioMaria.
Due cose mi hanno colpito delle sue sottolineature.

La prima. Gesù manda le croci. E le manda a spalle capaci di portarle. Come per esempio quelle del vescovo de L’Aquila, scampato miracolosamente al sisma e premurosamente ospitato in casa della sorella. E le manda a tutte quelle persone che sono “pronte a seguirlo”. Potremmo tradurre, niente affatto liberamente: Dio – che i cristiani conoscono come misericordioso, addirittura un Dio che è Padre (qualcuno dice che sia anche Madre) – avrebbe mandato il terremoto in Abruzzo per portarsi con sé coloro che riteneva pronti a raggiungerlo nella comunione dei santi.

La seconda. Pare che in un paesino della zona colpita dalla calamità naturale, tutte le case siano crollate tranne una, nel giardino della quale stava una statuetta della Madonna di Lourdes. “Altro che statue di Venere – ammoniva il conduttore radiofonico, con piglio bilioso – mettete nei vostri giardini statue della Madonna!”. In questo nulla da eccepire: molto meglio una bella statua della Vergine che certe orribili riproduzioni di Biancaneve e i sette nani lungo il vialetto di ingresso. Ma mi domando, e questo è l’aspetto serio: quali immagini religiose emergono da simili argomentazioni?

Come si fa a spiegare a una mamma che ha estratto dalle macerie il proprio bambino morto sotto i calcinacci che Dio, venuto di notte come un ladro, ha pensato bene di mandare a lui la “croce” del crollo della casa solo per poterselo prendere, giacché lo aveva considerato pronto? Vi pare che sia un ragionamento religioso e che tenda a una qualche forma di consolazione? Oppure, nella sua blasfema incomprensibilità, non possa far altro che aumentare il dolore e la rabbia?
Sì perché, in simili discorsi ammantati di sacro, l’immagine di Dio-Padre-buono sfuma dietro quella di un despota senza scrupoli seduto in trono, che dall’alto della propria onnipotenza lancia sconquassi sul mondo per metterlo alla prova e prendere con sé quanti siano insindacabilmente giudicati maturi per il regno dei cieli.
Incredibile! Se a pensarci viene da vomitare a me, chissà che cosa dovrà succedere a quella madre o a quel padre nel sentirsi raccontare porcherie teologiche di questa natura.

E la Madre? E Maria? La giovinetta di Nazaret, l’icona stessa della tenerezza capace di accogliere il mistero della Parola che si fa prossima al dolore del mondo, si vede ridotta al ruolo di vigilante di una qualche compagnia di sicurezza. Se avete messo la sua effige di gesso in giardino potete stare tranquilli: avrete salva la vita, altrimenti vi si sfascia la casa e vi muoiono figli. Proprio una bella immagine di madre, complimentoni padre Livio! Non le pare che somigli piuttosto al fascio di issòpo intinto nel sangue di animali sacrificati, utilizzato dalle famiglie ebree in Egitto per indicare allo Sterminatore di passare oltre le porte la cui architrave fosse stata spruzzata di liquido ematico?

Certi preti predicano la redenzione ma non ci credono. Come in una gara di atletica, questi custodi della legge hanno costantemente bisogno di alzare l’asticella della salvezza, via via sempre più in alto (naturalmente per gli altri, perché loro poi ci passano sotto). Non gli basta che Dio si sia abbassato e “umiliato sino alla morte e alla morte di croce”, prendendo sopra di sé una volta per tutte il dolore del mondo. Pretendendo di saperla sempre più lunga persino del Padreterno, costoro applicano al Dio di Gesù atteggiamenti che gli sono assolutamente estranei, proiettando su di Lui le proprie mai risolte ossessioni nevrotiche, spacciate per verità di fede.

Guide cieche tornano incessantemente a riesumare il cadavere di un Dio precristiano, cui mostrano di essere particolarmente affezionati, inquietante nella sua ambiguità. Un Dio che dobbiamo chiamare buono ma che poi fa morire la gente perchè così gli par bene. Precisamente l’immagine di Dio che Gesù ha tentato di sradicare dal cuore del suo popolo, pagando a caro prezzo la sua testimonianza di un Dio premuroso verso tutte le sue creature.

Dietro argomentazioni simili a quelle prodotte in diretta radio da p. Fanzaga, il lieto annuncio tace, la buona novella non trova diritto di cittadinanza. Al suo posto una brodaglia di contraddittorie nozioni da catechismo della prima comunione, che umiliano la ragione e il buon senso e che sarebbero degne di silenzio, se soltanto non facessero letteralmente ammalare chi abbia la buona fede di prenderle sul serio.

No, Dio non manda i terremoti e neppure li permette. Semplicemente accadono anche se Lui non li vuole. Dio non fa questo giochino di terrorizzare i figli nel cuore della notte per farne perire qualcuno e dire che era pronto al trapasso. I terremoti non vengono da Dio, anche a discapito della sua presunta onnipotenza. Secondo il Magnificat egli è semplicemente “Colui che è Potente”. “Potente solo d’amare”, canta David Maria Turoldo.
E il biblista Fernando Armellini grida: “Dio è solo buono”. Basta parlarne a vanvera, nominandolo invano. Per di più dai microfoni di una radio che si autocelebra come più cattolica del papa. È infrazione al settimo comandamento. Vada a confessarsi, padre!

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Il terremoto? Lo ha voluto il Signore…

Padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria, sul terremoto in Abruzzo:

“Il Signore ha voluto in questa settimana santa che in qualche modo anche loro partecipassero al mistero della sua passione. Vogliamo vedere qualcosa di positivo, anche in questa tragedia. In fondo il Signore quando vuol farci partecipare delle sue sofferenze vuol farci anche partecipare della gloria della sua resurrezione”.

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Terremoto: sabbia di mare nel cemento armato delle case crollate

da www.adnkronos.com

Il cemento armato delle case dell’Aquila non ha retto perche’ non era fatto a regola d’arte. Conteneva al posto della sabbia cava quella di mare, che non costa niente ma che “oltre alle molte impurita’ e’ piena di cloruro di sodio”. E quei cloruri con il tempo si sono mangiati il ferro delle fondamenta. Lo ha dichiarato alla ‘Repubblica’ Paolo Clemente, ingegnere della task force Enea-Protezione civile al lavoro tra le macerie dell’Aquila.

Ecco perche’ gli edifici di nuova costruzione dell’Aquila, cioe’ quelli aventi meno di trent’anni di vita, sono implosi tutti allo stesso modo. Si sono seduti sulle proprie fondamenta per poi accartocciarsi al suolo sotto il proprio peso. Addirittura, “per quello che e’ stato sin qui possibile vedere attraverso la ricognizione tra le macerie il collasso dei piani bassi e’ stato prodotto dallo schianto dei pilastri in cemento”, ha spiegato Clemente. Secondo Paolo Buzzetti, presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) “se parliamo di sollecitazioni di grado e accellerazione pari a quelle registrate all’Aquila, il cemento armato se fatto a regola d’arte deve reggere. Non si discute”. Ma “quel cemento non era di qualita’”, Paolo Clemente e’ daccordo.

Incapace di assorbire e disperdere energia, si e’ sfarinato come pasta frolla non appena investito da una forza di accelerazione che e’ stata domenica notte tutt’altro che irresistibile. “Normalmente i cattivi costruttori u
tilizzano sabbia di mare” , spiega, perche’ “i margini di guadagno sono molto alti. Diciamo che fatto cento il costo della costruzione, chi gioca con la qualita’ del cemento arriva a guadagnare fino a 50, 60. Chi costruisce a regola d’arte e’ al 30”.