IL PROGRAMMA NUCLEARE IRANIANO

di Luca Mazzucato
da www.altrenotizie.org

Quando si parla di nucleare ed Iran, la confusione regna sovrana: le opinioni di politici e scienziati sono diametralmente opposte. Secondo Netanyahu, l’Iran è a un passo dall’ottenere la bomba e va fermato a tutti i costi, incluso un attacco. Secondo l’intelligence americana, l’Iran ha fermato il suo programma militare nel 2003, concentrandosi sulla costruzione di una centrale ad uso civile. Pochi giorni fa, in diretta sulla CNN, il capo delle forze armate americane Mike Mullen, ha dichiarato che, ebbene sì, l’Iran possiede abbastanza uranio arricchito per produrre una bomba. Per districarsi in questa confusione, abbiamo controllato le fonti, ovvero le stime basate sul rapporto degli ispettori dell’ONU. Che per il momento smentiscono la capacità di produrre bombe dell’Iran. E forniscono una via d’uscita.

Il protagonista della storia è l’uranio, un minerale che in natura si trova in due diverse forme, chiamate isotopi: U-238 e U-235. Il numero si riferisce alla diversa massa atomica: entrambi gli isotopi hanno lo stesso numero di protoni, ma diversi neutroni. Il fratello minore U-235 è raro, meno di una parte su cento nel minerale, ed è quello più ambito: è il combustibile nucleare di tutti parlano. U-238 viene chiamato “uranio impoverito,” è più pesante ma meno radioattivo e viene utilizzato nella costruzione di famigerati proiettili e armi convenzionali: ma questa è un’altra storia.

Per utilizzare l’uranio come combustibile, è necessario “arricchirlo,” ovvero distillarlo in modo da aumentare la concentrazione di U-235. Per fare andare una centrale nucleare, l’uranio deve essere arricchito attorno al 5%. Per costruire una bomba atomica del tipo ad implosione usato a Nagasaki, è necessario procurarsi almeno 18 kg di uranio arricchito al 95%: uno sforzo ben maggiore.

Avendo in mano queste semplici nozioni, basta usare le quattro operazioni e i dati ufficiali forniti dall’AIEA per capire a che punto della corsa si trovi l’Iran. È proprio questo che hanno fatto i ricercatori dell’Università di Princeton, tra cui Scott Kemp, recentemente intervistato da Altrenotizie.org. Vediamo i risultati del loro studio.

L’Iran possiede una tonnellata di uranio arricchito al 3,5%, che deve essere riprocessato fino ad arrivare al 90% per essere utilizzato per la bomba. Per arricchire l’uranio, il metodo utilizzato è quello delle centrifughe, che l’Iran ha dislocato nel famoso sito di Natanz. Ora, è noto che l’Iran sospese il programma militare nel 2003 (secondo la CIA). La domanda da porsi dunque è: nel caso decidesse di riprendere a costruire la bomba, quanto ci vorrebbe per farlo e come potrebbe arrivarci? I ricercatori di Princeton mostrano due possibili alternative.

Nel primo caso, l’Iran deve prendere la sua tonnellata di uranio al 3.5% e farlo passare e ripassare più volte nelle attuali centrifughe, fino a raggiungere il fatidico 90% di arricchimento. In questo modo, in due anni e mezzo, verrebbero distillati circa dieci chili di combustibile per la bomba: meno della metà di quello necessario per la bomba di Nagasaki. L’altra possibilità è che l’Iran decida di riconfigurare tutti i suoi impianti di centrifughe in un’unica “super-centrifuga,” per poi ottenere in circa un anno 25 kg di uranio al 90%, in teoria sufficiente per costruire una bomba. Il problema è che in quest’ultimo caso la ristrutturazione sarebbe sotto gli occhi di tutto il mondo e dunque la guida suprema verrebbe sgamata all’istante, con prevedibili conseguenze (o imprevedibili, nel caso di Bibi Netanyahu).

Basandosi sui dati degli ispettori dell’ONU, assumendo ovviamente che l’Iran non possiede altri colossali ma segreti impianti di arricchimento dell’uranio, sembra improbabile che la Repubblica Islamica possa costruire una bomba, almeno nel breve periodo. Ammesso che cambino idea e decidano di costruirla, beninteso. Altra storia è il nucleare civile, che sembra ormai difficile fermare: la centrale di Busher è ultimata e i russi dovranno fornire il combustibile nucleare, sempre che l’Iran stacchi l’assegno. Proprio mercoledì, durante i festeggiamenti per la giornata nazionale dell’energia nucleare, Ahmadinejad ha inaugurato un nuovo impianto ad Isfahan, per la produzione di barre di ossido di uranio, il formato specifico da utilizzare come carburante per le centrali.

Oltre ad analizzare l’attuale situazione, i ricercatori di Princeton fanno un ulteriore passo avanti e forniscono una soluzione definitiva al problema. L’uranio al 3.5% può essere arricchito ulteriormente fino al 90% per ottenere la bomba soltanto nel caso in cui si trovi sotto forma di gas fluoruro, ovvero nella sua attuale forma. Ma se l’uranio venisse trasformato da fluoruro in ossido di uranio, cioè la forma effettivamente usata come combustibile nelle centrali, allora il problema verrebbe risolto: l’ossido di uranio non può più essere arricchito usando le centrifughe. Non resta dunque che sperare che Barack Obama riesca a convincere la guida suprema a convertire il fluoruro in ossido.