I retroscena della caccia ai pirati somali

di Antonio Mazzeo
da http://www.peacereporter.net/

Una nuova ondata di sequestri di navi e petroliere, circa trecento marinai nelle mani dei pirati, gli inseguimenti da parte di una cinquantina di imbarcazioni militari provenienti da Europa, Asia, Africa e Nord America, le prime cinque vittime, quattro pirati e un ostaggio, dopo la controffensive delle unità da guerra francesi e statunitensi. La campagna internazionale contro la pirateria che imperversa nelle acque del Golfo di Aden ha subito una drammatica escalation.

L’evento più emblematico, seguito in diretta da centinaia di milioni di telespettatori, è avvenuto la domenica di Pasqua, quando i tiratori scelti dei Navy Seals , il corpo d’élite della marina Usa imbarcati sulla fregata lanciamissili ‘Bainbridge’, hanno ucciso tre pirati che navigavano a bordo di una scialuppa a largo delle coste somale. Nell’imbarcazione era tenuto prigioniero il capitano Richard Philipps, sequestrato dopo il fallito arrembaggio alla nave cargo ‘Maersk-Alabama’.

Un quarto sequestratore è stato fatto prigioniero dai marines e condotto sull’unità navale Usns Lewis and Clark, trasformata in vero e proprio carcere galleggiante per la detenzione ‘provvisoria’ delle persone sospettate di atti di pirateria. I militari Usa decideranno nei prossimi giorni se deportare il prigioniero in Kenya, paese con cui è stato sottoscritto un accordo che ricorda le ‘extraordinary renditions’ post 11 settembre, o se processarlo invece direttamente negli Stati Uniti.

Lo show può iniziare. Il sanguinoso blitz dei Navy Seals era un atto dovuto: la compagnia di navigazione statunitense Maersk Line Ltd. è infatti una delle più strenue sostenitrici di Africom, il nuovo comando istituito dalle forze armate Usa per le operazioni di guerra nel continente africano. Il 27 novembre 2007, questa società privata aveva organizzato un convegno dal titolo ‘Africom: anticipare le richieste logistiche’, invitando come relatore Dan Pike, direttore del team per gli affari africani del Dipartimento della Difesa Usa.

La liberazione del capitano Richard Philipps è stata anche l’occasione perché il Pentagono portasse a termine la trattativa con la rete televisiva Spike Tv (legata a Mtv di Viacom), che si è aggiudicata l’esclusiva delle operazioni anti-pirateria della marina statunitense nel Golfo di Aden. Sarà così realizzato un vero e proprio reality show che si chiamerà ‘Pirate Hunters: USN’ (Cacciatori di pirati: la Us Navy”) e che sarà seguito da due troupe che opereranno a bordo della nave anfibia San Antonio e della portaelicotteri lanciamissili Uss Boxer, nave ammiraglia della Combined Task Force 151 che presidia le acque del Corno d’Africa.

Con l’acutizzarsi della crociata anti-pirateria, l’ammiraglio Mike Mullen che guida la flotta Usa anti-pirati, ha preannunciato che le forze armate rivedranno “globalmente e profondamente” le loro strategie operative. In discussione c’è l’ipotesi di estendere le azioni armate direttamente in territorio somalo, forti dell’autorizzazione deliberata recentemente dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Gli esperti del Pentagono e della Nato suggeriscono poi l’uso di forze aeronavali ‘miste’, composte da portaelicotteri, fregate, unità più piccole e veloci per l’inseguimento delle imbarcazioni dei pirati, più un ampio dispositivo di forze aree, elicotteri e velivoli senza pilota. Verrebbe auspicato inoltre l’intervento diretto dei contractor privati nella prevenzione degli assalti e l’ampliamento delle ‘difese passive e attive’ delle navi cargo e delle petroliere, grazie all’installazione di armi ‘non letali’ come cannoni ad acqua, fili elettrici e apparecchiature laser ed acustiche che generano rumori dolorosi a lungo raggio.

Dallo scorso 6 aprile le acque del Corno d’Africa sono perlustrate dalla fregata italiana ‘Maestrale’ con un equipaggio di 220 marinai, più gli incursori-subacquei del Comsubin e due elicotteri lanciamissili Ab-212. Nei piani originari del ministero della Difesa, la ‘Maestrale’ avrebbe dovuto operare nell’ambito dell’operazione navale dell’Unione europea ‘Atalanta’, sotto il comando dell’ammiraglio britannico Philip Jones.

Dopo il sequestro del rimorchiatore italiano ‘Buccaneer’ con 16 membri di equipaggio, è stato però deciso che la fregata resterà sotto comando nazionale, mantenendo così massima autonomia d’azione nel caso in cui si decida un blitz per liberare gli ostaggi. Pare infatti che il comando della flotta europea volesse dislocare la ‘Maestrale’ all’imbocco del Golfo di Aden, allontanandola dal porto somalo di Lasqorei, nella regione autonoma del Puntland, dove la ‘Buccaneer’ è stata ormeggiata dai pirati. Sembra comunque che sia in corso una trattativa per il rilascio degli ostaggi della nave italiana in cambio di un riscatto.

Yusuf Bari Bari, ambasciatore della Somalia a Ginevra, ha dichiarato alla Bbc che “la gente del Puntland teme che le chiatte rimorchiate dalla Buccaneer trasportino rifiuti tossici”. Ipotesi fermamente smentita da Silvio Bartolotti, manager della ditta di Micoperi di Ravenna, proprietaria del rimorchiatore sequestrato dai pirati.