L’agenda rivoluzionaria

di Stella Spinelli
da http://www.peacereporter.net/

Crisi globale, America Latina e Barack Obama. Tre tematiche che si intrecciano nelle parole di Alfredo Somoza, Presidente dell’Istituto di Cooperazione Economica Internazionale

La crisi globale letta da un’America Latina che reagisce guardando con ottimismo a Barack Obama. E’ quanto ci racconta Alfredo Somoza, Presidente dell’Istituto di Cooperazione Economica Internazionale, appena rientrato dall’Argentina.

In realtà il continente latinoamericano non sta risentendo più di tanto le ripercussioni della crisi che è partita dagli Usa per crollare sulle spalle dell’Europa. Molto probabilmente perché la maggior parte dei paesi latinoamericani sono vaccinati alle crisi finanziarie.

Per esempio, Brasile e Argentina già nel 2001 hanno visto il crollo finanziario quindi le banche già erano pronte. Ma quel che più conta è che le commodities, per lo più prodotti agricoli quali soia, grano, zucchero, che sono alla base dell’export di quei paesi, non sono crollate.

A dirla tutta, al Venezuela per esempio ha creato molti più danni il crollo del prezzo del petrolio che non la crisi in sé. Certo si è sentita sull’export industriale, come in tutti i paesi del mondo, Cina in testa, però il grosso dell’export brasiliano o argentino sono le commodities che non hanno visto né cali di vendita, né cali di prezzo.

Ma che percezione ha della crisi la gente comune?

Sono tornato ieri dall’Argentina, e in realtà la domanda che si pongono là è “Siamo terrorizzati da questa crisi, perché tutti lo sono, ma non abbiamo capito bene perché dobbiamo esserlo”.

E intanto, gli addetti ai lavori si parano le spalle…

Sì. Paesi come l’Argentina hanno stabilito piani alternativi per scavalcare il dollaro. Buenos Aires, per esempio ha stabilito una linea di credito con la Cina pari a 4 miliardi di dollari per acquisti di merci cinesi in pesos, senza doversi indebitare per comprare il dollaro. E il Brasile anche sta studiando di fare l’intero scambio commerciale con i cinesi, servendosi delle rispettive monete.

C’è un tentativo di sganciarsi dal dollaro ormai concreto (come si è visto anche con la recentissima creazione del Sucre, la moneta unica regionale per i Paesi che fanno parte dell’Alternativa bolivariana per le Americhe (Alba), ossia Bolivia, Cuba, Repubblica Dominicana, Honduras, Nicaragua e Venezuela, più l’Ecuador). In Cina è ormai evidente questa manovra, mentre in America Latina è molto caldeggiata, perché libera definitivamente la regione dal bisogno di acquistare valuta forte.

La Cina sta mandando messaggi ambigui agli Usa

Un doppio messaggio molto forte, direi. Da una parte Pechino sta dicendo a Washington di non preoccuparsi, che continueranno a comprare i loro bond; ma dall’altra si sta muovendo seriamente e molto bene per sganciarsi dal dollaro.

Tornando alla crisi e all’impatto sull’America Latina…

Torno a ribadire che statisticamente è una delle aree meno toccate dalla crisi. Ma, diciamocelo chiaro, dopotutto gli unici ad avere un problema in casa sono gli Stati Uniti. Gli altri subiscono di riflesso. L’Argentina nn ha un problema economico in casa. Il Brasile nemmeno. Subiscono i riflessi Usa. Tutti i paesi subiscono più o meno a seconda di come sono inglobati nel sistema. Quelli che vendono commodities, ripeto, non ne hanno risentito, quelli che vendono radioline, sì. Per fare un esempio spiccio.

Per i latinoamericani, dunque, ha molto più impatto un Barack Obama che la crisi?

L’approccio di Obama all’America Latina è la novità epocale. Per la prima volta negli ultimi 40 anni l’America Latina torna nell’agenda degli Stati Uniti. Il presidente Usa ha già incontrato due volte quello messicano, Felipe Calderon, ha già visto il suo omonimo brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva, e ora, a Trinidad e Tobago per il summit delle Americhe, ha incontrato praticamente tutti. Non solo.

Ha anche affrontato addirittura la questione Cuba. Al di là di come la si pensi, questa è la notizia: che gli Usa sono tornati a trattare con gli stati americani, si sono accorti di aver perso terreno prezioso nel decennio Bush e cercano di recuperarlo.

La differenza fondante tra Geroge W. Bush e Barack Obama nell’approccio all’America Latina è che il primo ha tentato di gestire tutto puntando sul Messico quale garanzia per la creazione dell’Alca, il mercato comune delle Americhe miseramente fallito, Obama invece sta tentando di entrare nel gioco latinoamericano puntando sull’alleanza con il Brasile, il paese che più ha boicottato la politica di Bush facendo, appunto, franare l’Alca.