Good morning Milano

di Luciano Muhlbauer
da http://www.aprileonline.info/

Ci sono momenti che condensano meglio di mille dotte analisi il senso dei tempi in cui viviamo. E l’ultima settimana a Milano, tra rifugiati trattati come un mero problema di ordine pubblico e crociate anti-kebab trasformate in legge regionale, è uno di questi. Cronaca di una settimana di guerra istituzionale contro rifugiati, kebab e gelati

Nella notte di venerdì 17 aprile 300 rifugiati africani sono emersi dall’invisibilità. Succede ciclicamente a Milano, perché la polvere sotto il tappeto ci rimarrà pure, ma non così gli esseri umani. Questa volta si sono materializzati nel quartiere Bruzzano, periferia nord. Il luogo è un monumento alla speculazione edilizia e all’abbandono delle periferie, che fa di Milano una città dalla percentuale di edifici vuoti e alloggi sfitti senza pari tra le metropoli europee. Tre casermoni gemelli, in mezzo un albergo funzionante, da un lato uno stabile sventrato stile Sarajevo e dall’altro quello occupato dai rifugiati, vuoto da molti anni.

Lunedì pomeriggio la Questura ha censito i rifugiati, smentendo il grido “sono clandestini!” del farneticante De Corato e stabilendo che erano 299, tutti con regolari permessi di soggiorno, tutti accolti dallo Stato italiano perché scappati da guerre e persecuzioni. In larga maggioranza eritrei e gli altri sudanesi, etiopi e somali. 28 donne, due bimbi e il resto uomini. Eppure, soltanto 12 ore più tardi è arrivata l’operazione di polizia. Avevano deciso che andava sgomberato l’edificio, il resto era un dettaglio. Ne sono seguiti tensione, inganni, proposte improvvisate di ospitalità precaria nei dormitori per una minoranza di loro e molte manganellate. Alla fine i rifugiati sono finiti per strada, qualcuno anche ferito.

Manco a dirlo, il coro ufficiale del giorno dopo ha subito assolto le istituzioni e accusato i rifugiati stessi e/o gli immaginari “registi occulti”, promettendo le denunce del caso. Nel frattempo i rifugiati avevano dormito al Pini, grazie all’ospitalità dell’associazione Olinda, poi sono scesi in corteo nel centro città e la seconda notte l’hanno passata sull’asfalto di Porta Venezia.

Infine, giovedì, è arrivato l’epilogo momentaneo della vicenda, imposto con un’ulteriore esibizione di muscoli da parte della istituzioni. Così, un gruppo di rifugiati presenti al momento nei giardini di P.ta Venezia è stato prelevato dalla polizia e portato in un parcheggio sotterraneo di Quarto Oggiaro, ufficialmente per identificarli -ripetendo di fatto l’operazione di tre giorni prima…-, ma in realtà per imporre con la forza una “soluzione”.

I rifugiati, cioè il centinaio presente, poiché gli altri 200 censiti non sembrano più esistere per Comune e Prefettura, a questo punto hanno optato per la tregua, accettando per 15 giorni di stare in un centro comunale. Tregua durata comunque soltanto una notte, poiché gli accordi imposti con la forza e la minaccia tendono a non durare nel tempo.

E mentre le istituzioni giocavano a fare la guerra a 300 rifugiati, il centrodestra in Consiglio regionale, nello stesso giorno dello sgombero dei profughi, non ha trovato di meglio che approvare una legge regionale, composta da soli sei articoli, il cui unico scopo è quello di assecondare la campagna leghista contro le rivendite di kebab, considerate nemiche perché gestite in prevalenza da immigrati. Cioè, la medesima futile e misera ragione che aveva giù motivato le legge regionale contro i phone center.

E pur di farlo, non potendo ovviamente scrivere una legge speciale sulle sole kebaberie, hanno penalizzato anche le gelaterie, le rosticcerie e le rivendite di pizze al trancio, nonché contraddetto la legge n. 248/2006 (“decreto Bersani”). E così, tutte quelle imprese artigiane non potranno più mettere nemmeno una sedia davanti al negozio, né vendere bibite senza DIAP e dovranno chiudere entro l’una di notte, pena multe e chiusure forzate.

A tutto questo va aggiunta, inoltre, la norma regionale, inserita nella legge urbanistica il 3 marzo scorso, sempre su pressione della Lega, che dà ai Sindaci il potere discrezionale di vietare qualsiasi attività, qualora venga considerata “suscettibile di determinare situazioni di disagio a motivo della frequentazione costante e prolungata dei luoghi”. Cioè, anche qui, non solo le kebaberie, ma qualsiasi cosa.

Insomma, dei cassaintegrati e dei precari licenziati si parla sempre di meno, ma in cambio le istituzioni si scagliano, armati dei loro poteri e dei loro proclami, contro profughi africani, kebab e gelati. Sarà un caso?

Meno male che c’è stato il bel 25 aprile, almeno abbiamo respirato un po’, nonostante le presenze indesiderate, e per un giorno abbiamo potuto far finta di non vivere in una città dove il ridicolo e lo squallido stanno diventando pubbliche virtù.