TALEBANI AVANZANO VERSO ISLAMABAD, PAKISTAN NEL CAOS

di Michele Paris
da http://www.altrenotizie.org/

La notizia, è stata diffusa in anteprima dal quotidiano locale in lingua inglese DAWN ed è stata confermata da tutti gli organi di stampa internazionali e dagli stessi residenti: i Talebani hanno conquistato un’area strategicamente fondamentale del Pakistan. L’avanzata degli estremisti islamici nel distretto di Buner – porta d’accesso ad alcune grandi città pakistane, come la capitale Islamabad – arriva a poco più di due mesi dal controverso cessate il fuoco stipulato dal presidente Asif Ali Zardari con le milizie ribelli nella confinante “Swat Valley”, accordo risoltosi con l’introduzione della legge islamica (Sharia) e con l’abdicazione di fatto del governo centrale. La drammatica evoluzione degli eventi in un paese di oltre 160 milioni di abitanti dotato di armamenti nucleari rischia di sconvolgere gli equilibri dell’intera regione e di mettere sempre più in difficoltà un’amministrazione americana impegnata a combattere la resistenza talebana e gli affiliati alla rete terroristica di Al Qaeda nelle aree tribali del nord-ovest al confine con l’Afghanistan.

Senza praticamente incontrare resistenza, i Talebani hanno assunto il controllo della regione a nord-ovest di Islamabad, ordinando l’evacuazione immediata delle organizzazioni non-governative e costringendo il personale di polizia all’interno delle proprie caserme. L’irruzione nel distretto di Buner pare essere stata facilitata da fiancheggiatori locali dei ribelli e addirittura dall’amministrazione locale, i cui membri sono stati nominati dietro suggerimento degli stessi leader talebani. Una situazione quest’ultima che contribuisce a chiarire il livello di potere ormai raggiunto dai militanti islamici in un paese che dovrebbe rappresentare al contrario – quanto meno nell’ottica di Washington – uno degli snodi fondamentali nella lotta al terrorismo jihadista. Le resistenze della popolazione nella regione di Buner sono state inoltre stroncate sul nascere anche dall’esempio stesso della Swat Valley – ex paradiso turistico che ospitava numerosi resort sciistici – dove il governo aveva aperto la strada ai ribelli nel tentativo di pacificare l’intera area, una volta constatata l’impossibilità di prevalere militarmente.

Questa ulteriore erosione dei poteri del governo di Islamabad lancia nuovi preoccupanti segnali agli Stati Uniti e al presidente Obama, il quale fin dai primi giorni del suo insediamento alla Casa Bianca aveva fatto della pacificazione di Afghanistan e Pakistan sotto la guida di governi moderati uno dei punti centrali della propria politica estera. La notizia dell’espansione talebana verso il sud del paese coincide con l’ennesima visita negli ultimi mesi di un alto ufficiale americano a Islamabad – il capo di Stato Maggior, ammiraglio Mike Mullen – a conferma dell’apprensione che si sta vivendo a causa della questione pakistana dall’altra parte dell’oceano. Mullen dovrebbe manifestare tutti i timori di Washington in una serie d’incontri con i vertici militari e dell’intelligence pakistana (ISI), quest’ultima peraltro spesso accusata di connivenza con i gruppi islamici operanti a nord-ovest del paese.

L’occupazione di Buner rivela inoltre aspetti inquietanti circa l’autorità e la forza raggiunte dai Talebani in Pakistan, dal momento che non più tardi dello scorso anno i residenti locali di quest’area si erano organizzati efficacemente in piccole brigate di resistenza per contrastare l’avanzata dei jihadisti nel loro territorio. La possibilità di ricostruire il proprio esercito, di reclutare ed addestrare forze nuove grazie alla tregua stipulata nella regione di Swat ha permesso infatti ai Talebani di entrare indisturbati in un distretto che si trova a poco più di 100 km di distanza dalla capitale. Proprio la vicinanza a quel che rimane dei centri di potere pakistani ha suscitato il panico tra i vertici delle forze armate locali. Il controllo della regione collinosa di Buner darebbe infatti un comodo accesso alle pianure del distretto di Swabi e da qui alla rete stradale che collega Peshawar – la capitale della Provincia di Frontiera del Nord-Ovest – con Islamabad.

L’arrivo dei Talebani nella regione di Buner – dove l’autorità del governo centrale era affidata alle sole forze di polizia, mentre l’esercito era completamente assente – ha portato con sé i consueti provvedimenti dettati dalla più rigida interpretazione della legge islamica. Come già era accaduto a Swat, alle donne è stato immediatamente proibito di muoversi liberamente per le strade e per i bazaar. Una volta stabilizzata la situazione, seguiranno come di consueto anche i divieti per le donne di frequentare le scuole e il sistema giudiziario pakistano relativamente laico verrà rimpiazzato da tribunali islamici. Le residue e flebili speranze per il governo pakistano di non cedere definitivamente terreno ai militanti nel distretto di Buner sono affidate ora ad alcune unità paramilitari – composte complessivamente da poche centinaia di uomini – che, secondo lo stesso quotidiano DAWN, sarebbero state inviate nella regione.

Dopo aver più o meno apertamente criticato l’accordo stipulato dal presidente pakistano Zardari con i Talebani nella Swat Valley, l’amministrazione Obama negli ultimi giorni ha inasprito i toni nei confronti di un governo inefficace, che dal 2001 incassa annualmente svariati miliardi di dollari in aiuti statunitensi per combattere gruppi terroristici che stanno ora assumendo il controllo di aree sempre più ampie del paese. L’ultimo atto d’accusa in ordine di tempo è stato quello del Segretario di Stato Hillary Clinton, la quale in un intervento di fronte alla Commissione Affari Esteri del Congresso ha avvertito come il governo pakistano stia “sostanzialmente abdicando nei confronti dei Talebani e degli estremisti”. La ex first lady ha poi sollecitato Islamabad a migliorare il proprio sistema giudiziario e i servizi da garantire ai cittadini, quello cioè che ci si attenderebbe da un governo che beneficia di miliardi di dollari in assistenza versati regolarmente da Washington. L’audizione di Hillary si inserisce appunto nel processo legislativo che dovrebbe autorizzare lo stanziamento nei prossimi cinque anni di 7,5 miliardi di dollari per lo sviluppo economico del Pakistan e di 3 miliardi in forniture militari. Per la prima volta da sette anni a questa parte – da quando cioè l’amministrazione Bush garantiva finanziamenti in maniera incondizionata all’allora presidente Musharraf –- il governo pakistano dovrà dimostrare il raggiungimento di una serie di condizioni minime di progresso della propria situazione interna per accedere ai fondi erogati dagli Stati Uniti.

Nell’ultimo periodo tuttavia le notizie provenienti dal Pakistan continuano ad essere tutt’altro che incoraggianti e l’atteggiamento delle massime autorità del paese indica un clima di crescente incomprensione con Washington. Come dimostra la risposta alle dichiarazioni di Hillary Clinton dell’ambasciatore pakistano negli USA, Husain Haqqani, il quale ha ammesso la minaccia che incombe sul proprio paese, pur negando fermamente che il governo sia sul punto di cadere nelle mani dei Talebani. Fin dall’indomani dell’invasione dell’Afghanistan, le truppe americane avevano iniziato ad ingaggiare furiosi combattimenti con la resistenza talebana ricostituitasi nelle aree tribali di frontiera del Pakistan. Facendo affidamento, soprattutto negli ultimi mesi, su ripetute incursioni oltre confine con l’impiego di velivoli senza pilota (droni, o UAV) – spesso guidati da agenti della C.I.A. dagli USA – per colpire le basi talebane, gli Stati Uniti si sono scontrati con un clima di crescente ostilità a causa delle numerose vittime civili di questi bombardamenti. Le operazioni dei militanti islamici sia in Afghanistan che in Pakistan, nonostante gli sforzi di Washington, si sono così moltiplicate, finendo per
galvanizzare un movimento insurrezionale che minaccia ora seriamente il governo di Islamabad e gli stessi piani dell’amministrazione Obama.