E’ CRISI DEFINITIVA PER LA CARTA STAMPATA?

di Cinzia Frassi
da www.altrenotizie.org

Il primo a chiedere aiuto al governo Berlusconi è il presidente del gruppo Espresso, Carlo De Benedetti, e lo fa senza mezzi termini. Parlando agli azionisti e comunicando loro la chiusura in perdita di 2,5 milioni del primo trimestre, spiega la forte crisi dell’editoria e, in particolare, dei ricavi pubblicitari: occorrono, dice, “misure straordinarie per le quali deve intervenire il governo”. Note dolenti anche per il colosso Caltagirone Editore. Infatti, il presidente, Francesco Gaetano Caltagirone, davanti all’Assemblea degli azionisti parla di “emergenza drammatica” arrivando perfino ad affermare che dalla “crisi uscirà completamente modificata la geografia e la sostanza dell’editoria italiana”. Lasciando da parte il dilemma se ci sia in Italia chi abbia il vezzo di cavalcare la crisi per portare a casa qualche regalìa del governo, la situazione sembrerebbe proprio grave.

Qualche settimana fa al “Summit del comunicare”, a Roma, il presidente della Fieg, Carlo Malinconico, vedeva solo nubi nere nel futuro della carta stampata a causa della raccolta pubblicitaria in brusco calo: rispetto allo scorso anno si parla infatti di “una flessione del 30-40%” e, aggiunge Malinconico, “nulla fa immaginare un andamento migliore”; occorre quindi “ripensare i limiti antitrust nella raccolta pubblicitaria che sono diversi tra le concessionarie per la carta stampata e per la tv”.

La flessione delle vendite quindi fa fuggire gli investitori ed i concessionari pubblicitari verso altri orizzonti, vale a dire la Tv. Il fatto è che in Italia, oltre alla tv appunto, non è che vi siano altri spazi a far gola agli inserzionisti: il web non è ancora un porto sicuro dove approdare e si registra un incremento lentissimo di interesse degli investitori. Andrebbe detto loro che se la crisi si è già fatta sentire dal lato vendite nella carta stampata, le transazioni on line sono in forte incremento.

Ma qui stiamo parlando d’informazione e non di commercio elettronico. Se è vero che già moltissime testate italiane hanno un’edizione on line piuttosto apprezzata dagli internauti, va detto che in Italia il web non è ancora un punto di riferimento per gli investitori e ciò significa che non potrà essere una soluzione adeguata a fronteggiare la crisi né per i pubblicitari né tanto meno per gli editori. Dobbiamo infatti riflettere su alcuni dati che la dicono lunga sul sodalizio tra il cittadino italiano e il mouse: nel 2007 solo il 41,7% degli italiani utilizzava il pc, mentre il 36,8% navigava in rete ma solo il 16,1% lo faceva tutti i giorni. La percentuale di chi non usa internet è a dir poco drammatica: 60% degli italiani secondo dati Istat.

Comunque sia, la crisi economico finanziaria che attraversa mezzo mondo sembra però mettere definitivamente in ginocchio la carta stampata, scrivendo quello che potrebbe essere l’ultimo capitolo della storia dell’informazione su carta. Perfino Rupert Murdoch vede nero e consiglia ai quotidiani d’oltre oceano di passare ad un accesso on line e a pagamento, configurando lo stesso come una sorta di contributo per il salvataggio stesso dell’informazione su carta. Il tycon della comunicazione e dell’informazione aggiunge inoltre che “stampa ed internet continueranno a vivere fianco a fianco ancora per molti anni, ma ormai tutto quanto dipende dalla pubblicità ed i quotidiani di carta costano solo di più, specie se raffrontati a quanto pubblicato gratuitamente dalle loro controparti digitali.”

Indubbiamente la crisi si è fatta sentire prima negli Usa, dove perfino un quotidiano come il New York Times le sta provando tutte per far quadrare il bilancio, lasciando presagire tuttavia una ritirata strategica sul web nei prossimi anni. Un ripiego questo che è già stato ampiamente utilizzato da altre testate storiche ed autorevoli: il Rocky Mountain News, con oltre 150 anni di storia alle spalle e quattro premi Pulitzer, così come il Philadelphia Newspapers. Non solo: pilastri dell’informazione a stelle e strisce come il Chicago Tribune e il Los Angeles Times hanno dichiarato bancarotta e lo “scandalo” dello spazio pubblicitario in prima pagina, recentemente concesso con l’acqua alla gola dal New York Times rappresenta anche simbolicamente la dimensione della crisi americana.

Tuttavia, oltre oceano è la situazione dell’editoria e della pubblicità è molto diversa, così come diverso è il web, ormai considerato un buon investimento anche per l’informazione e con un numero di utenti decisamente maggiore rispetto a quanto si registra nel nostro paese. Non è solo una questione “tecnologica”, perché l’informazione su carta è ben diversa da quella on line, per i contenuti e non solo per il contenitore. Se facciamo un confronto tra le maggiori testate italiane in edicola e la loro “versione digitale” ci accorgiamo di quanto le leggi della comunicazione via web ne ridimensionino i connotati. Il web, frequentato per lo più dalle fasce di età più giovani predilige una fruizione rapida, poche righe per riportare la notizia e, cosa più importante, il suo corredo mediatico fatto di immagini, video, commenti in chiaro.

Difficile orientarsi in una situazione del genere, sia per quanto riguarda le ipotesi e le soluzioni nel settore dell’editoria nel breve periodo, sia per quanto riguarda la possibilità e l’opportunità di tutti di fruire d’informazione di qualità. Per il momento forse è opportuno riflettere su una caratteristica che la carta stampata ha sempre avuto: autorevolezza. Il patrimonio di ogni testata, quale che sia l’ideologia che si possa intravedere tra le colonne di ogni pagina, è la reputazione, l’attendibilità che si costruisce anno dopo anno e che si traduce in qualità dei contenuti non limitati a brevi spot. Lo stesso dovrebbe essere anche sul web. O no?