Napolitano e i diritti di Paolo

di Raffaele Ferraro
da http://www.arileonline.info/

Il Presidente della Repubblica risponde al videomessaggio di Paolo Ravasin, che da anni chiede in tutti i modi che gli venga riconosciuto il diritto a non essere sottoposto ad alimentazione e idratazione artificiale nel momento in cui non riuscirà più a bere e a mangiare naturalmente. Una risposta equilibrata, ma non priva di un passaggio in cui riconosce il valore di un “dovuto equilibrio tra i diversi beni costituzionali da tutelare”, in riferimento al biotestamento all’esame del Parlamento

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ritenuto di rispondere al videoappello di Paolo Ravasin. E questa è la prima notizia. Avrebbe potuto decidere deliberatamente di non farlo in quanto non interessato o semplicemente ritenere che vi fossero altre priorità dal momento che immagino si rivolgano a lui decine di cittadini ogni singolo giorno.

Nel merito la risposta è equilibrata e non potrebbe essere altrimenti da parte di un Presidente che ha dimostrato di interpretare il suo ruolo di rappresentante degli italiani di ogni colore politico e di garante della Costituzione, in particolar modo in riferimento ad una legge che è stata approvata da uno solo dei due rami parlamentari e sta per approdare alla Camera nei prossimi giorni.

Cercando di analizzare nello specifico la missiva in maniera analitica, essa può essere divisa in tre tronconi: nella parte iniziale Napolitano sottolinea la decisione di Ravasin di iniziare il proprio appello usando le stesse parole con le quali cominciava il messaggio inviato al Presidente da Piergiorgio Welby due anni e mezzo addietro. Anche in quell’occasione il Presidente ritenne di rispondere. Nella parte centrale Napolitano si limita a ricordare le tematiche oggetto dell’appello di Ravasin, sottolineando le numerose sfaccettature e problematiche.

Ma è la parte finale ad essere densa di significato politico e istituzionale: quando il Presidente afferma di poter “constatare che in Parlamento si è venuto a determinare un clima di grande riflessività” infatti si può leggere tra le righe una contrapposizione rispetto al clima tutto ideologico in cui il ddl Calabrò fu approvato in fretta e furia al Senato sulla scia del recente caso Englaro. Laddove invece prosegue invocando il “dovuto equilibrio tra i diversi beni costituzionali da tutelare” il Presidente parla da garante della Costituzione ed è facile individuare un riferimento all’art. 32 Carta Costituzionale che impedisce di sottoporre un individuo a un trattamento sanitario contro la sua volontà; queste sono anche le parole che riprende Ravasin nella sua brevissima replica in cui rivendica la sua libertà di scelta come appartenente a detti beni costituzionali da tutelare.

Senza poi voler attribuire al Presidente qualcosa che non ha detto, giova tuttavia ricordare che quando egli parla di “impegno a individuare soluzioni il più possibile condivise” è necessario scindere tra i cittadini e i loro rappresentanti. Se da un lato infatti il Senato si è espresso in maniera molto restrittiva in merito alle scelte di fine vita e i parlamentari di maggioranza (ma anche alcune frange dell’opposizione) ci hanno descritto -dai salotti buoni televisivi- un paese spaccato in due su queste tematiche, d’altro lato gli istituti demoscopici ci hanno invece unanimemente riportato di maggioranze “bulgare” di cittadini a favore della libertà di scelta di Eluana, di Paolo e quindi di noi tutti.

Come spesso accade gli elettori sono su posizioni più avanzate dei loro rappresentanti; e finché permane il metodo di elezione degli stessi mediante il voto su liste bloccate temo succederà sempre più spesso e non solo su tematiche etiche.