DISCARICA EUROPA

di mazzetta
da www.altrenotizie.org

L’Italia è uno dei paesi fondatori dell’Unione Europea, la qual cosa vorrebbe il nostro paese in prima fila nell’amministrazione dell’Unione, ma purtroppo la situazione è molto diversa e negli ultimi anni ha teso a deteriorarsi. Fin dalla fondazione l’ideale europeista ha goduto in forte gradimento popolare e trasversale nel paese. Al di là delle retoriche di segno diverso, che hanno cercato di spiegare questo favore tirando ciascuna l’acqua al proprio mulino, l’evidenza ci dice che gli italiani hanno guardato all’Europa come ad una speranza: la speranza di essere un giorno amministrati da politici migliori di quelli italiani e, di conseguenza, di riuscire a raggiungere standard europei -nonostante- una classe dirigente per nulla interessata allo stesso obiettivo.

La stessa dinamica ha sostenuto il consenso all’ingresso nell’Euro, la moneta comune che ha sostituito la Lira, ma soprattutto strumento di dislocamento della gestione delle politiche monetarie, lontano dalle mani della classe dirigente locale. Che non si discuta troppo di un dettaglio del genere non deve stupire, è facile intuire che nessuna personalità italiana abbia grande interesse a dare evidenza al fatto che i compatrioti hanno preferito affidarsi a perfetti sconosciuti stranieri, piuttosto che ai conosciutissimi amministratori locali.

La combinazione di questi eventi negli ultimi anni ha drasticamente ristretto l’ambito di manovra dei politici italiani e dello stesso Parlamento. Le norme europee nella gerarchia delle fonti precedono quelle nazionali; il che vuol dire che ogni volta che una direttiva europea è recepita nell’ordinamento nazionale, diventa causa di nullità di provvedimenti di segno diverso. L’italica fantasia e la profonda corruzione hanno comunque avuto ragione anche delle norme più virtuose, dimostrando che la vicinanza con i colleghi europei non ha per nulla contagiato la nostra classe dirigente, per la quale l’ingresso in Europa ha avuto altri significati.

Grande successo hanno riscosso i fondi europei: inizialmente snobbati e considerati solo dal personale più accorto, si sono presto affermati come veicolo di una quantità impressionante di truffe ai danni dell’Unione. Dai fondi per l’agricoltura a quelli per la formazione, il flusso di denaro che giunge direttamente da Bruxelles è stato dirottato in gran parte nelle tasche degli amici degli amici. Tutto prevedibile, in un paese che è primatista in tutte le classifiche sulla corruzione senza che la cosa desti il minimo dibattito; non ci sono regole che tengano, nemmeno l’appartenenza all’Unione è un vaccino sufficiente.

L’evidente degrado etico certificato dalle vicende di Mani Pulite e dal loro imbarazzante esito ultimo, l’inciucio bicamerale e la progressiva omologazione del personale politico della sinistra storica, l’irrompere e l’affermarsi di Berlusconi e dei suoi complici, hanno trasformato l’arena politica in un recinto ad invito, al quale si accede solo per cooptazionne. Forti di questa certezza, i partiti giocano con le candidature europee come con quelle nazionali, con la fondamentale differenza che essendo quelle europee candidature ad una rappresentanza diluita, diventano spesso strumento di retribuzione (illecita) o espediente per azioni che riverberino in patria.

Nella prossima tornata europea ne vedremo delle belle. Berlusconi si presenterà capolista, il che vuol dire che coprirà il paese con la sua immagine e con il logo del suo partito, proprio in coincidenza con le elezioni amministrative. Due piccioni con una fava, in Europa andrà un mix di “eletti” (da lui) trainati e beneficiati dal grande capo e dai suoi potenti mezzi, gran parte di questi sono già stati suoi dipendenti o beneficiati.

Non molto diversa la situazione negli altri partiti, dove i segretari hanno scelto personalmente, accostando ai vecchi arnesi della politica qualche nome di richiamo, senza alcun disegno evidente oltre la retribuzione della vicinanza politica di nuovi e antichi sostenitori. Prova ne sia che i maggiori partiti non faranno campagna su programmi europei (facile previsione) e che i candidati seguiranno in buon ordine questo simpatico costume.

In Europa ci si va in parcheggio, in vacanza-premio, con poche idee ma confuse. Per il PDL il programma è chiaro: invece di spiegare all’Italia le misure europee, l’Italia spiegherà all’Europa le misure vincenti, quelle di fine casting. I dipendenti del PDL seguiranno poi i popolari del PPE come un’ombra, la Lega andrà dietro agli estremisti di destra e quel che rimane della sinistra cercherà sponda in Die Linke, mentre il novello Partito Democratico galleggerà attorno al gruppo socialista del PSE, impedito ad entrarvi dall’opposizione democristiana interna.

La confusione si riflette nel mix delle candidature. Alla prevedibile infornata di famigli berlusconiani (salvo un 30% garantito ad AN, alla faccia del partito unico), il PD risponde con un mix di capolista che va dall’imbarazzante Cofferati all’eroina “giovane” dell’ultimo congresso, passando per la starlette dei telegiornali; a seguire domina il manuale Cencelli, con le quote contrattate a sangue all’interno del partito. Una nota di merito per l’UDC, che candida Magdi (Cristiano) Allam e il principino de noantri, ma che non candida Luciano Moggi e Carlo Taormina, Casini è davvero uomo dallo stomaco di ferro, è riuscito a digerire anche il principino danzante, che già minacciato di avere “un gruppo di lavoro che sta elaborando un programma valido per le Europee di giugno”. Almeno a tavola sarà più elegante di Mastella. Fiamma tricolore, candiderà invece Fabrizio Corona, ma solo perché Olindo e Rosa non erano disponibili.

La sinistra di Vendola candida Vendola di bandiera e poi in ordine sparso Staino, Flamigni e quello che avanza. Di Pietro candida Di Pietro e una serie di funzionari presi qua e là da altri partiti e spacciati per “società civile”, mentre Ferrero e Diliberto contratteranno fino all’ultimo le candidature per i comunisti riuniti, purché funzionari di sempre e funzionali a niente. Ciliegina sulla torta, in Emilia Romagna c’è anche il sorridente Tiziano Motti, che non si presenta per nessuna lista, ma che ha bombardato lo stesso la regione con i suoi manifesti da candidato.

Motti è un imprenditore, un clone in miniatura di Berlusconi, detto da lui. La sua speranza è che qualche partito di centrodestra decida di tirarlo dentro, la clausola di sbarramento al 4% non gli lascia altrimenti nessuna speranza. Intanto paga le feste in discoteca con tronisti e gente dello spettacolo, poi si vedrà. La massima aspirazione dichiarata di Motti e della sua Europa dei Diritti è quella di entrare alla corte di Arcore, ma invece di finanziare un club di Forza Italia ha scelto questo strano approccio. Un altro pessimo segno dei tempi.

L’Europa sembra aver capito da tempo e da tempo i nostri eletti in Europa sono presi in carico e sterilizzati, per quanto possibile, dai colleghi di altri paesi, che nei gruppi li guidano dove non possono fare danni. Nonostante il peso teorico del nostro paese, ben pochi ottengono incarichi prestigiosi od operativi. La cosa non è simpatica e ovviamente deprime l’immagine del paese e le sue possibilità di incidere sull’operato e sull’evoluzione dell’Unione, ma in fondo gli elettori italiano hanno sempre pensato che sia meglio così. Come dargli torto?