Sicurezza, un ddl razzista

di Piero Soldini
da www.cgil.it

Il paradosso grottesco è che s’insiste con l’istituzione del reato di clandestinità, che rappresenta la madre di tutte le aberrazioni, di trasformare in “spie” tutti i pubblici ufficiali e non si vuole fare invece una cosa semplice per sanare la piaga della clandestinità: cioè “spiare” pardon “denunciare” dove gli immigrati irregolari lavorano in nero e offrire un’opportunità di regolarizzazione

Il Presidente della Camera Gianfranco Fini ha manifestato il suo dissenso rispetto al pacchetto sicurezza mettendo l’accento sulle norme che riguardano i medici-spia e i presidi- spia mettendo in guardia il governo anche da probabili profili d’incostituzionalità di queste norme.

Sembrerebbe che il governo e tutta la maggioranza compresa la Lega, abbiano accolto queste obiezioni e si apprestano a modificare queste specifiche norme, ma se non è una pantomima, oltre che una telenovela come ha dichiarato il Ministro Maroni, ci si dovrebbe spiegare perché le stesse obiezioni non riguardano i funzionari dello stato civile-spia che sono ancora contenuti nel DDL sicurezza e che impediranno il matrimonio (diritto umano sancito dalla carta dell’ONU – art. 16) e la registrazione delle nascite e delle morti ed il riconoscimento di figli naturali.
E’ evidente che anche per questa fattispecie valgano i fondanti motivi d’incostituzionalità di cui sopra.

Il paradosso grottesco è che s’insiste con l’istituzione del reato di clandestinità, che rappresenta la madre di tutte le aberrazioni, di trasformare in “spie” tutti i pubblici ufficiali e non si vuole fare invece una cosa semplice per sanare la piaga della clandestinità: cioè “spiare” pardon “denunciare” dove gli immigrati irregolari lavorano in nero e offrire un’opportunità di regolarizzazione.

In questo modo la stragrande maggioranza degli immigrati irregolari diventerebbero legali e la clandestinità patologica e criminale sarebbe isolata e più facilmente perseguibile.
Non si vuole fare perché le norme al di la del pretesto della clandestinità e della sicurezza, vogliono colpire gli immigrati e dare sfogo propagandistico ed elettorale ad una ondata di razzismo pericolosamente dilagante. In questo impianto legislativo s’incontrano come ulteriore materiale esplosivo le norme sulle ronde e sulla detenzione prolungata nei CIE che sembrava fossero cancellate ed invece sono state di nuovo inserite.

L’ispirazione razziale è confermata anche da altre norme che se analizzate razionalmente non hanno nulla a che vedere con l’immigrazione illegale e la sicurezza.
Mi riferisco alla tassa di 200 euro per rinnovare il permesso di soggiorno o chi fa richiesta della cittadinanza, o la restrizione dei ricongiungimenti familiari, l’istituzione del permesso a punti, l’innalzamento della idoneità alloggiativa, tutte restrizioni e vessazioni persecutorie che riguardano lavoratori e cittadini immigrati regolari che pagano le tasse e rispettano le leggi di questo Stato.

Questo DDL se approvato, rappresenta un vulnus gravissimo della nostra civiltà giuridica e dei valori di uguaglianza sanciti dalla nostra Costituzione ed avrà ripercussioni negative dirompenti sulla sicurezza, sulla coesione sociale e sulla convivenza civile della nostra comunità nazionale, nel breve, medio e lungo periodo.

Che il governo abbia posto la fiducia su questo provvedimento è un atto di arroganza nei confronti del Parlamento e di tutti quei deputati compresi molti della maggioranza che avevano rivendicato giustamente un voto di responsabilità e coscienza.

Se questa legge sarà approvata senza significativi cambiamenti dovremo valutare tutte le possibili impugnazioni davanti alla Corte Costituzionale, e di Giustizia Europea non escludendo anche il ricorso al referendum abrogativo.

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“Vivono qui, lavorano qui, resteranno qui”

di Giustiniano Rossi
da www.aprileonline.info

Dopo 9 mesi di lotta, gli 88 lavoratori sans papiers della società Man BTP, sostenuti dall’Unione sindacale Solidaires, dall’associazione Droits devant e da un comitato di solidarietà, hanno vinto una battaglia esemplare per ottenere la loro regolarizzazione ed il diritto di lavorare legalmente in Francia. Grazie alle conquiste ottenute con questa lotta, in un settore dove i lavoratori interinali sono esclusi da ogni processo di regolarizzazione, migliaia di lavoratori dipendenti potranno infine uscire dall’ombra e cessare di vivere nella clandestinità

In Francia, la grande maggioranza dei 400.000 sans papiers sono lavoratori regolari con contratti a tempo indeterminato, determinato o interinale, con documenti incompleti o falsi (gli imprenditori chiudono un occhio!), che pagano imposte, tasse e contributi senza poter usufruire dei relativi diritti e prestazioni (pensione, indennità di disoccupazione, case popolari, servizi pubblici, cittadinanza…).

Lo Stato francese incassa così circa 2 miliardi di euro all’anno senza sborsare un centesimo. Giustizia vorrebbe che i lavoratori sans papiers potessero usufruire in Francia dei diritti acquisiti mediante il versamento dei loro contributi ed il solo mezzo per impedire un racket inammissibile è il blocco delle espulsioni e la regolarizzazione di tutti i lavoratori e lavoratrici sans papiers.

Questo vero e proprio furto è perpetrato ai danni di lavoratori che, dopo anni di contributi pagati in Francia, sono brutalmente espulsi e si ritrovano, senza nessuna risorsa, nei loro paesi d’origine, per i quali i sans papiers sono protagonisti incontestabili dello sviluppo economico e sociale poiché il denaro che gli immigrati con o senza documenti vi inviano rappresenta il triplo degli aiuti provenienti dai governi dei paesi ricchi. Il comportamento dello Stato francese pesa sull’economia dei paesi d’origine riducendo le possibilità finanziarie degli immigrati e delle loro famiglie. Una volta di più è il Nord che si arricchisce a spese del Sud.

I governi del Senegal, della Tunisia, del Gabon, del Burkina-Faso, del Benin, della Repubblica Democratica Congolese, del Togo, del Capo Verde e dell’isola Maurizio hanno firmato con la Francia degli accordi di “immigrazione scelta” che facilitano le espulsioni dei loro cittadini sans papiers. In Francia, sono i consolati di questi paesi che rilasciano i lasciapassare necessari a queste espulsioni, rendendosi complici di questo racket e privando i loro stessi cittadini di un aiuto spesso indispensabile.

Sostenuti dall’Unione sindacale Solidaires di Parigi, 71 lavoratori interinali della società Man BTP sono stati regolarizzati. Dopo 9 mesi di lotta, gli 88 lavoratori sans papiers di questa impresa, sostenuti dall’Unione sindacale Solidaires, dall’associazione Droits devant e da un comitato di solidarietà, hanno vinto una battaglia esemplare per ottenere la loro regolarizzazione ed il diritto di lavorare legalmente in Francia.

Di questi 88 lavoratori interinali delle costruzioni, 71 hanno ottenuto un titolo di soggiorno che permette loro di continuare a lavorare senza aver costantemente paura e soprattutto di vivere degnamente. Questi 88 lavoratori interinali sans papiers vivono e lavorano in Francia da anni, pagano le imposte ed i contributi (assicurazione malattia, disoccupazione, pensione, oneri sociali vari…) votano allle elezioni dei prud’hommes (organismi paritetici imprenditori/dipendenti per la soluzione delle controversie) senza godere degli stessi diritti degli altri lavoratori.

Grazie alle conquiste ottenute con questa lotta, in un settore dove i lavoratori interinali sono esclusi da ogni processo di regolarizzazione, migliaia di lavoratori dipendenti potranno infine us
cire dall’ombra e cessare di vivere nella clandestinità.

Dall’aprile 2008, l’Unione sindacale Solidaires si è risolutamente impegnata nella difesa dei lavoratori sans papiers per la conquista di diritti uguali per tutte e tutti. Quale che sia la loro situazione particolare, il sindacato esige dal governo la regolarizzazione globale di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori sans papiers.

Quello della Man BTP non è che un episodio, fra i tanti che si verificano in Francia, della presa di coscienza da parte del movimento sindacale e dei lavoratori “regolari” dell’importanza di sostenere la lotta dei lavoratori sans papiers per la loro regolarizzazione: i lavoratori sans papiers rappresentano, infatti, le cavie sociali sulle quali gli imprenditori e gli Stati che ne rappresentano gli interessi sperimentano la precarizzazione dei rapporti di lavoro, il taglio dei salari, la “riforma” di quel po’ di Stato sociale che generazioni di lavoratori avevano conquistato a duro prezzo in un secolo di lotte.

“Vivono qui, lavorano qui, resteranno qui” risuonava in una parte consistente dei cortei che hanno percorso tutte le città francesi in occasione del 1° maggio per rivendicare migliori condizioni di lavoro in un paese dove ogni giorno 3 000 nuovi disoccupati si aggiungono ai quasi 4.000.000 già censiti, una parte costituita da sans papiers stanchi di vivere come animali braccati, di lavorare in condizioni di semi-schiavitù e di essere indicati dai governi dei paesi che ne sfruttano il lavoro come capri espiatori.