L’occhio maschile

di Erika Tomassone
in Riforma n. 19 del 15 maggio 2009

Per una donna, entrare in un mondo maschile volendo far considerare la propria capacità di
ragionamento e organizzazione, ha spesso significato, nel corso degli ultimi due secoli, presentare la
propria persona sobriamente vestita. Sobriamente eleganti e quasi un po’ sciatte appaiono le prime
parlamentari nel dopoguerra. A un certo punto il mondo si era abituato a quelle donne, che tenevano
comizi, presentavano proposte di legge e votavano proprio come gli uomini. In alcuni casi a suon di
battute le si considerava come uomini, o più uomini che donne, come se attraversare la soglia di un
mondo professionale maschile le avesse cambiate nel loro genere. Corpo nascosto, prezzo di pari
opportunità. La scrittrice tedesca Christa Wolf narra che la moglie del camionista un giorno si
svegliò cambiata nel suo genere femminile. Lui, tornato da un lungo viaggio in camion, non fece
una piega, ma cominciò con la compagna metamorfosata uno stretto rapporto cameratesco, di
scambio e considerazione per quello che lei aveva da dire e da proporre. Tranne che nel corpo, lei
era sempre stata una donna dai mille interessi e piena di capacità organizzative che lui prima
ignorava.
Ecco il punto resistente del viaggio delle donne nelle relazioni con il maschile: il corpo, schermo,
impedimento o chance, in ogni caso un fatto non eludibile; nascosto, mascherato, trasfigurato,
mercificato, a seconda dei viaggi che facciamo nel mondo maschile. Lo smarrirsi del corpo delle
donne, dipende dall’occhio maschile. Nelle vicende italiane di donne inserite come candidate nelle
liste per le elezioni europee, non sembra per competenze politiche specifiche, ma soprattutto a causa
della loro esposizione mediatica, vedo uno degli esiti nefasti della formazione delle candidature a
partire dai leader politici e non da un riconoscimento, «dal basso». Tutto è affidato all’occhio
maschile, solo un corpo giudicato appropriato ai suoi fini dall’occhio maschile, verrebbe scelto. La
presenza è assicurata, ma anche neutralizzata. Si potrebbe dire: nella politica finalmente si fa posto
al corpo non nascosto delle donne. Tuttavia, quando il corpo è esposto come ornamento di uno
spettacolo, può nascere il sospetto che le donnedonne si riconoscono perché esibiscono il loro corpo
come elemento ornamentale. Quelle donne, anche se avessero le competenze necessarie e come è
stato detto e scritto, se sapessero parlare in campo politico, sarebbero identificate comunque con il
loro corpo.
L’occhio maschile del leader offre all’occhio dell’elettore il corpo delle donne come decorazione
nello spettacolo che si estende alla politica, offrendosi come luogo di uno stereotipo maschile
vecchio come il mondo. Se per dar fiducia agli elettori e alle elettrici ed essere votate le donne del
dopoguerra rivestivano il corpo con sobria eleganza per far udire la loro parola, il corpo svestito e
ornamento dello spettacolo viene riproposto con fare ammiccante in un gioco politico al maschile.
Nei due casi il mondo maschile resta l’ago della bilancia. Il sogno è il corpo curato a partire dai
propri desideri, come si cura l’ambiente della propria casa e non strumento da sacrificare all’occhio
maschile, per raccogliere qualche briciola di considerazione, o strappare un po’ di spazio.