Un gioco da ragazzi

di Stella Spinelli
da www.peacereporter.net

Armi illegali e armi legali. Le prime si combattono, le seconde si fatturano. Il risultato: 140mila morti all’anno nella sola America latina

Far entrare armi illegalmente in America Latina? Un gioco da ragazzi. Almeno a quanto rivelano i due processi ai più potenti trafficanti d’armamenti del mondo: il russo Viktor Bout, il mercante di morte, catturato in Thailandia e ora in attesa di estradizione in Usa, e il siriano Monser al Kassar, condannato a trent’anni a New York. La porta privilegiata per il continente: il Nicaragua. Acquirenti particolari: le Forze armate rivoluzionarie della Colombia, ma non solo.

Secondo la Dea, Agenzia antidorgra statunitense, sia Bout che Al Kassar stavano tentando di vendere dei lanciamissili portatili terra-aria russi Sam alle Farc. La via individuata per riuscirci: Romania o Bulgaria, quindi il paese centroamericano, da dove sarebbero decollati mezzi aerei che avrebbero paracadutato le armi direttamente nella selva colombiana, in braccio alla guerriglia. “Certo non ci sono prove che il governo di Daniel Ortega sia complice, ma senza dubbio il paese ha enormi lacune illegali che facilitano il traffico illegale”, ha dichiarato allo spagnolo El Pais Roberto Orozco, esperto nicaraguense di Studi strategici e politiche pubbliche. “Non dimentichiamo, comunque, che Ortega ha dato riparo ai narcoterroristi delle Farc”, ha quindi replicato il direttore della Fondazione filo-uribista Sicurezza e Democrazia di Bogotà.

Un attacco al Nicaragua in piena regola, rafforzato dalle fonti della Difesa Usa: “I porti nicaraguensi sono dei colabrodi per le armi”, specialmente, secondo Orozco, il porto di Corinto, “l’unico che ha acque profonde e che è controllato da Esercito e polizia, che fanno finta di niente. Non ci sono statistiche affidabili sulla quantità di imbarcazioni che attraccano lì, ma sono sufficienti due o tre caricati bene per rifornire il mercato di migliaia di armi”.

Armi-droga, connubio perfetto. Sono più di 80 milioni le armi illegali in America Latina. Lo stabilisce il Centro per l’informazione della Difesa di Washington. Chiunque può riuscire a comprare una pistola o un fucile. E per chi si impegna un po’ di più, ecco che trova facilmente un bazzuca o un lanciamissili. E, valutando il tasso di omicidi della regione i conti son presto fatti: la Banca mondiale dichiara che sono 140mila all’anno i morti ammazzati, più del doppio della media mondiale. E se si guardano alcuni paesi i dati balzano alle stelle: la Colombia, a causa del conflitto interno, ha una media di 65 morti da arma da fuoco ogni centomila abitanti, seguita da 50 in Guatemala, 45 nel Salvador, 35 in Venezuela e 28 in Brasile. E va da sé che l’acquisto di armi illegali vada a braccetto con il narcotraffico.

I centri di smistamento, una volta che le armi sono arrivati perlopiù, appunto, dal Nicaragua, ma anche dal Guatemala, sono la Tripla frontiera tra Brasile, Argentina e Paraguay; il golfo colombiano di Urabà, al confine con Panamà; e il confine in piena regione amazzonica fra Perù, Colombia e Brasile. E, a quanto pare, nella maggior parte dei traffici illegali ci sono invisghiati poliziotti o militari, che ci ricavano lauti guadagni. Ma molto spesso c’è uno scambio alla pari droga-armi. Una sorta di baratto, gestita dalla mafia internazionale: cocaina dalla Colombia, dal Perù e dalla Bolivia verso l’Europa, attraverso il Venezuela, l’Ecuador e il Brasile, e in cambio arrivano armi dal medesimo canale in senso contrario.

Un tema, quello del traffico di armi, legale e illegale, che preoccupa molto le amministrazioni europee, ma anche statunitensi. E’ del 20 maggio, infatti, la notizia che alla Camera dei rappresentanti Usa è stata approvata una proposta di legge che, se promulgata, imporrà multe milionarie e fino a dieci anni di prigione per il delitto di traffico di armi verso il Messico. Perché, per quanto riguardano gli armamenti da e per gli Usa la porta messicana è logisticamente la preferita, sia clandestinamente che alla luce del sole. E infatti la nuova legge prevede non solo un controllo attento delle armi legali ma, anche, la nascita di una Forza speciale per prevenire il traffico di armi illegali nell’intero continente americano, che verrà guidata dai dipertimenti di Stato, della Sicurezza interna e della Giustizia.

Da e per il Messico. A scoperchiare il vaso di pandora e a far sì che il Parlamento Usa sia corso ai ripari, fu, circa un mese fa, l’ambasciatore messicano negli Stati Uniti, Arturo Sarukhán, il quale denunciò che il 90 percento delle armi utilizzate dai cartelli della droga messicani provengono dagli Usa. Una diretta conseguenza del fatto che la legge che regolava la vendita di armi di assalto e semiautomatiche è decaduta nel 2004, per la pressione, guarda caso, del Partito Repubblicano e di organizzazioni come l’Associazione nazioanel del Rifle. E se si pensa che, in Messico, soltanto tra il 2008 e il 2009, sono morti ammazzati per la violenza legata al narcotraffico almeno settemila persone, tutto è più chiaro. Come è chiara la caotica rivalità tra mercato legale e mercato illegale delle armi.

Sì perché, a prima vista, questa battaglia, l’ennesima, contro il traffico di armi illegali potrebbe anche sembrare una buona notizia per chi sogna un mondo senza guerre, ma se si guarda un po’ più attentamente la speranza inizia a sfumare. Perché, va bene il no all’illegalità, ma restano le armi vendute regolarmente, e sono tante. Questo mercato è stato e resta fra i più redditizi dell’economia globale. Quindi qualcosa resta stonato e il dubbio rimane: tanta veemenza nel combattere l’illegalità in questo campo non sarà dettata dal fatto che il traffico clandestino di armi fa troppa concorrenza al mercato di armi con tanto di fattura?