Il corpo delle donne

di Carla Fronteddu
da www.womenews.net

Da quasi un mese è presente sul web un documentario realizzato da Lorella Zanardo e Marco Malfi, intitolato Il corpo delle donne. Gli autori sostengono di averlo realizzato per rispondere all’urgenza di rendere noto come le “donne vere” stiano scomparendo dalla televisione.

Il documentario offre un’immagine della televisione che osservata da lontano ha le sembianze di una montagna di rifiuti indistinti, mentre da vicino rivela un aggrovigliamento di cosce, sederi, seni, pizzi, bocche turgide, lingue carnose, sguardi di uomini, e a volte di donne, compiacenti e soddisfatti.

La televisione italiana descritta ne Il corpo delle donne ospita una donna artificiale, appiattita su un corpo uguale a tutti gli altri e su volti accomunati dalla stessa forma del naso, dallo stesso spessore delle labbra, dalla stessa altezza degli zigomi, dallo stesso sguardo che non lascia trasparire nessuna unicità. Il ruolo di queste donne, nella maggior parte dei casi, è di cornice; non viene mai chiesto loro, infatti, di mostrare una qualche professionalità.

Gli autori del documentario denunciano l’assenza della donna “reale” dalla televisione, assenza camuffata da questi ibridi che sembrano poco più di bambole erotizzanti e offrono, attraverso il loro lavoro, importanti spunti di riflessione.

In primo luogo credo sia doveroso riflettere sul modello di donna che viene offerto alle spettatrici e agli spettatori. La soubrette, la figurante, la giovane donna disposta a farsi spogliare, a infilarsi sotto una doccia per rivelare le trasparenze del vestito, che si lascia appendere come un prosciutto, non viene compensata da altrettante immagini femminili collocate in posizioni di rilievo in ambito politico, culturale, artistico.

Il modello di donna giovane, sensuale, silenziosa è diventato così il modello più diffuso, egemone rispetto a tutti gli altri modelli scarsamente o affatto pubblicizzati.
Tutto ciò ha conseguenze rilevanti sia sulle giovani donne che vengono spinte a seguire un modello unico di femminilità, sia a livello più ampio, nella società intera in cui viene diffusa l’immagine della donna come piacevole cornice.

Il documentario suscita una seconda domanda:perché? Perché accettiamo che quest’immagine artefatta della donna sia l’immagine dominante? _ Perché accettiamo che la nostra società sia divisa tra la donna-mamma e la donna-oggetto sessuale?

Lo spettacolo che viene quotidianamente offerto agli italiani altro non è, a mio avviso che la sintesi dell’eterno tentativo da parte del soggetto maschile di privare la donna della possibilità di esprimere la propria volontà e il proprio pensiero, ora confinandola nei ruoli di madre e moglie, ora inguainandola nel modello di femminilità disegnato per lei dal desiderio maschile.

Lo spettacolo di cui siamo continuamente testimoni descrive una realtà in cui si cerca di confinare le donne all’esterno dello spazio pubblico, invitandole a seguire un modello di donna la cui specificità è quella di votare la propria esistenza al piacere dell’uomo.

Il documentario si conclude con la domanda: perché non reagiamo? Dai post depositati sul blog di Lorella Zanardo si evince che non possiamo aspettarci una reazione dagli spettatori stessi; chi critica la televisione non è chi la guarda (non a caso Zanardo all’inizio del documentario confessa di non aver mai guardato la televisione).

Spesso gli spettatori non avvertono il problema, perché non hanno gli strumenti per interpretare criticamente i messaggi che gli vengono offerti.

Il documentario di Zanardo e Malfi rappresenta sicuramente una denuncia da non sottovalutare e un’occasione per ragionare su possibili strategie per condividere con gli spettatori la critica al modello di femminilità che viene proposto e fornire loro gli strumenti per una fruizione non passiva della televisione.