Paura chiama schiavitù

di Carla Fronteddu
da www.womenews.net

In occasione della conferenza stampa del 28 Maggio a Palazzo Chigi il Ministro Carfagna ha sostenuto che :”l’impiego dei militari nelle città va a beneficio di tutti, ma, soprattutto, a vantaggio dei più deboli e, quindi, delle donne”.

Sul sito del Ministero che rappresenta si legge che la richiesta del Ministro della Difesa, Ignazio La Russa, di prolungare la missione dei soldati nelle città, è stata l’occasione per tracciare un bilancio: “Con l’utilizzo dei militari nella città i reati contro le donne hanno subito una fortissima diminuzione. E ciò, per un governo che ha ingaggiato una battaglia contro la violenza sulle donne, costituisce un punto di vantaggio.”

Ammesso che sia effettivamente diminuito il numero degli stupri per strada, vorrei sollevare alcuni problemi.

L’impiego dei militari in città sembra, in primo luogo, una strategia abbastanza rozza per rispondere all’esigenza di sicurezza: in che modo la militarizzazione delle città dovrebbe renderci più sicure?
Sicurezza non è camminare per strade in cui il mio nemico è tenuto lontano da una divisa e da un’arma.

Sicurezza non è vivere in un contesto in cui vengono riempite le orecchie e gli occhi con cronache di stupri avvenuti per strada ad opera di stranieri, ma si impone il mutismo alle violenze subite in casa o sul posto di lavoro.

Sicurezza è vivere in un contesto in cui si ha la certezza che i propri diritti saranno rispettati e tutelati; in cui si combatte per eliminare ghettizzazione, miseria, ignoranza, il pregiudizio e tutti quei fattori che spingono all’odio, al disprezzo e alla violenza.

Sicurezza è vivere in un Paese in cui viene condannato socialmente chi sminuisce le donne, chi non le riconosce come soggetti autodeterminati, chi non accetta la loro libertà, chi abusa di loro.
Sicurezza è vivere in un Paese in cui vengono valorizzate ed incentivate le strutture in cui si offre sostegno alle vittime di abusi e si cerca di sensibilizzare e di aiutare a prendere coscienza del significato di “violenza sessuale”.

La mia impressione è che la presenza dei militari in città non serva a ridurre la percezione di rischio ma, al contrario, aumenti il senso di paura e la paura mina la nostra libertà.
Paura chiama schiavitù.
La schiavitù di non sentirsi libere di tornare da sole a casa la notte; la schiavitù di evitare di percorrere certe strade piuttosto che altre; la schiavitù di non sentirsi libere di vestirsi come si vuole; la schiavitù che ci induce a guardare i nostri vicini con occhi diversi.

La paura è la prima nemica della nostra libertà, è il nostro carceriere invisibile, è quella cosa che rende sempre più limitato il nostro raggio d’azione, che ci fa perdere il senso della realtà.

La paura è nemica della nostra libertà perché ci rende sensibili al richiamo di chi si vuole fare paladino della nostra sicurezza; è nemica della nostra libertà perché ci induce a seguire acriticamente chi ci vuole rendere sicuri confezionando un nemico su misura e distraendoci da ciò che mina veramente la nostra autodeterminazione.

Piuttosto che elogiare i “successi” raccolti in seguito all’ingresso dei militari in città, bisognerebbe impegnarsi a sradicare i pregiudizi e il sessismo dalle nostre società, bisognerebbe sostenere il lavoro di chi opera nei centri antiviolenza, bisognerebbe sensibilizzare la società e insegnare ai cittadini e alle cittadine a chiamare le cose con il proprio nome, a riconoscere i casi di violenza, bisognerebbe far calare un potente dissenso sociale nei confronti del sessismo e degli abusi nei confronti donne e aprire, in questo modo, la strada ad una sicurezza non strumentalizzata.