Buongiorno, Beirut

di Erminia Calabrese
da www.peacereporter.net

Ore 12. I quartieri di Beirut oggi sono deserti. Pochissimi i negozi e i caffè aperti, a parte qualche edicola che espone gli ultimi titoli dei quotidiani locali sui risultati elettorali.

Dopo la tensione manifestatasi ieri sera, soprattutto in quei quartieri misti dove vivono sunniti, sciiti e cristiani, oggi Beirut è avvolta dalla calma. Una calma che sembra quasi insospettire chi conosce bene questa città. All’indomani delle elezioni legislative e della vittoria della coalizione del 14 marzo, capeggiata da Saad Hariri, le strade della città non sono attraversate da sfilate di automobili, bandiere di partito e musica ad alto volume, né le forze politiche vincitrici hanno organizzato un festival per celebrare la vittoria, come di solito fanno. A parte i pochi festeggiamenti della notte scorsa soprattutto a Koreitem, quartier generale di Hariri nel cuore di Beirut e a Sassine, dove la battaglia nel fronte cristiano si è conclusa con la sconfitta di Aoun, oggi sono solo dei rari fuochi d’artificio ad interrompere il silenzio in cui la città è immersa.

L’amarezza tra i partigiani di Aoun è forte. ”Abbiamo perso”, dice Fuad, 24 anni, tornato nel suo appartamento a Piazza Sassine dalla regione dove ha votato. ”Non me l’aspettavo, giuro”. ”Il generale ha sbagliato forse sulla scelta dei candidati qui a Sassine”, continua Jumana, 26 anni anche lei di Byblos. ”Anche se nella regione di Byblos e Kesserwan Aoun ha conquistato tutti i seggi a livello nazionale è una sconfitta, bisogna ammetterlo”, conclude Fuad.

A Zarif, quartiere a maggioranza sunnita di Beirut, alcuni uomini seduti dinanzi alla sede del partito Mustaqbal di Hariri, bruciato il 7 maggio dell’anno scorso durante gli scontri tra maggioranza e opposizione, così commentano i risultati elettorali: ”E’ una vittoria certo, abbiamo vinto ma bisogna ora lavorare per poter costruire un Paese”, dice Maher, mentre beve una tazza di caffè. ”Lo sheikh Saad Hariri saprà risollevare il paese dallo stallo di questi anni, inshallah”, conclude Mohammad, un uomo di cinquant’anni mentre legge il giornale al-Moustaqbal.
Nessuno sembra aver paura di possibili scontri o problemi che potrà attraversare il paese. In molti sono convinti che non si ritornerà alle violenze del 7 Maggio del 2008 e che non ci sarà una nuova guerra. ”Non ci sarà nessun problema dice Samaha, 27 anni, ”qualche scaramuccia si ma non credo che si arriverà alle armi”. ”Oggi è un grande giorno. Spero che queste elezioni e la maggioranza al governo possa risolvere i problemi di questo paese”, afferma Ali, 24 anni.

La rabbia è più forte tra i partigiani di Amal. Ahmad, 27 anni racconta: ”Hanno governato il paese per 19 anni e non hanno fatto che aumentare il debito pubblico libanese. Se avesse vinto l’opposizione avremmo potuto metterli alla prova, avviare delle riforme, non è andata così purtroppo, conclude amareggiato. Mohammad 55 anni, taxista, commenta: ”Non cambierà niente. Ieri non ho neanche votato. Sino a quando questo paese sarà governato dalle stesse famiglie e il sistema sarà confessionale io non voterò, sarebbe un voto perso”, racconta, mentre da Sassine scende verso Hamra. Intanto circolano già le primi voci di un possibile imbroglio nello spoglio delle schede elettorali del distretto del Metn, altro enclave cristiano, i cui risultati sono stati dati solo pochi minuti fa , attribuendo a Sami Gemayel, figlio di Pierre Gemayel ex presidente della Repubblica e leader del partito delle falangi libanesi e Michel Murr, ex primo ministro del paese la maggioranza dei voti. ”Hanno tardato molto a dare i risultati non ci crediamo, conosco bene questa regione”, commenta Amer, 30 anni. Per ora comunque il Libano sembra essere in attesa.