Cremazione. È scontro tra i vescovi

di Giacomo Galeazzi
da www.lastampa.it

Scoppia la «guerra delle ceneri». In alcune province, come Modena e Reggio Emilia, le cremazioni
hanno raggiunto le tumulazioni e crescono ad un ritmo tale da suscitare le proteste di chi abita
vicino agli impianti crematori e teme che le esalazioni siano nocive per la salute. Un fenomeno che
allarma e divide i vescovi. «Spargere le ceneri di un defunto o conservare l’urna in un luogo diverso
dal cimitero è una scelta contrarie alla fede cristiana e pertanto comporta la privazione delle esequie
ecclesiastiche», fa esplodere il caso, Mario Meini, vescovo di Pitigliano, Sovana e Orbetello in una
lettera inviata ai parroci della diocesi del Grossetano per negare i funerali religiosi a chi sparge le
ceneri.
La raccomandazione
Il vescovo toscano raccomanda ai parroci di essere vigili: «La Chiesa raccomanda vivamente che si
conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti». Ma non tutte le diocesi si regolano in
questo modo. Luciano Pacomio, vescovo di Mondovì e commissario Cei per la Dottrina della fede,
nega che dopo la cremazione sia proibito disperdere le ceneri. «Dio come configura un corpo
collaborando con i genitori, così non ha difficoltà a recuperare gli elementi comunque si siano
volatilizzati – spiega Pacomio -. E dalle ceneri, Dio può ripristinare ugualmente la configurazione
del corpo. Non ha senso vietare il funerale a una persona che voglia disperdere le ceneri e che
intenda farlo non in una forma ostile, “ostracista”, di disprezzo del corpo ma perché ritiene che sia
le formula migliore». Negare il funerale religioso, aggiunge, «è il riflesso di una vecchia mentalità».
Le Sacre Scritture
Certo, evidenzia Pacomio, «se uno ritiene che dopo la morte non ci sia niente e quindi tanto vale
annullarsi totalmente, sottovaluta la corporeità come condizione specifica dell’uomo nella storia e
nel cosmo. Ma se le motivazioni non sono un segno di disprezzo, non si infrange nulla di ciò che la
Chiesa ha legiferato». Tanto più, osserva Pacomio, che secondo le Sacre Scritture «nel giorno del
giudizio, la resurrezione avverrà in anima e corpo, nella totalità della persona. La comprensione
dell’io spirituale va oltre la durata del tempo e della condizione di corporeità. Il corpo sono io
stesso, non è un’altra cosa rispetto a me»
Il boom delle cremazioni ha spinto la Conferenza episcopale a inviare alle diocesi un sussidio
pastorale per i «funerali in caso di cremazione» nel quale si prende atto che «la cultura del cimitero
e della tomba è mutata e pratiche un tempo atee vanno diffondendosi anche tra i credenti».
Il dolore
La legislazione civile lo consente ma la Chiesa ritiene che «spargere le ceneri impedisca di
esprimere in un luogo preciso il dolore personale e comunitario, estinguendo anzitempo il ricordo
dei morti per effetto di mentalità panteistiche o naturalistiche». In Italia le cremazioni
corrispondono al 10% dei decessi (53mila su 558mila decessi annui) e sono in funzione 45
crematori (altri 6 entro giugno): 31 al Nord, 9 al Centro e 5 al Sud. Ciò significa che la cremazione
arriva al 15,7% al Nord, al 9,6% al Centro e allo 0,35% nel Mezzogiorno. Gli impianti più grandi
sono a Milano, Torino, Roma, Genova e Bologna. «Nell’ultimo decennio si è passati dallo 0,7% a
quasi il 10% nazionale – afferma Alessandro Bosi, segretario della Federazione Imprese Onoranze
Funebri -. E’ un trend supportato dal proliferare di leggi regionali, mentre a livello nazionale si
sconta l’assenza di una normativa ad hoc».