PER OTTENERE UNA SCUOLA ALMENO UN PO’ LAICA

di Antonia Sani
da www.italialaica.it

La contestata iniziativa del prof.Marani per aver proposto ai suoi alunni e alunne del Liceo Righi di Cesena un questionario circa le loro preferenze tra insegnamento della religione cattolica e di altre discipline, alternative ma rese ugualmente curricolari (diritti umani, storia delle religioni…), dimostra una volta di più il nervo scoperto delle autorità scolastiche quando si tocca l’argomento “religione cattolica”.

Ma non solo. Dimostra anche come sia radicata nell’opinione pubblica la concezione che basterebbe un insegnamento formativo “certo” e “programmato” in alternativa all ‘irc per avere assicurata la laicità della scuola! Il groviglio di contraddizioni che avvolge “l’ora alternativa” è a dire il vero difficilmente comprensibile. Al centro c’è la famosa sentenza della Corte Costituzionale n.203/1989

che stabilisce lo stato di assoluto non obbligo per coloro che non si avvalgono dell’irc, poiché non ci sono alternative paragonabili all’irc, la cui scelta dipende da un’esigenza della propria coscienza (e non dal fatto se vi siano proposte alternative più o meno stimolanti). La sentenza pone pertanto sullo stesso piano tutte le scelte relative a come impiegare quell’ora se non ci si avvale dell’insegnamento religioso, annullando di fatto la mozione parlamentare del 1986 che considerava “opzionale” la scelta facoltativa dell’irc e prevedeva per i non avvalenti un insegnamento alternativo “certo”, in un certo senso “equivalente”, pertanto “obbligatorio”.

L’indicazione di un’attività formativa – interpretando il giudizio della Corte – deve essere esplicitata, in alternativa ad altre scelte di pari dignità (studio individuale, uscita dall’edificio, nessuna attività…), solo dopo aver deciso di non frequentare l’irc, ( il cui carattere confessionale è ampiamente sottolineato dalla Corte).

Da qui nascono tutte le contraddizioni. Si ha diritto ad ottenere un’attività formativa solo se la si chiede; non può essere imposta. Ma quante scuole in realtà sono in grado di fornirla? Soprattutto secondo queste modalità? E poi, la questione della valutazione, che discrimina, laddove un’attività formativa viene offerta a chi la chiede, coloro che non la seguono avendo compiuto scelte diverse, tutte peraltro altrettanto legittime. Un esempio è ciò che sta succedendo con i Crediti scolastici agli Esami di Stato in cui sono coinvolti sia gli insegnanti di religione cattolica che quelli di attività alternativa. Il nuovo Regolamento proposto dal ministro Gelmini escluderebbe invece il docente di a.a. dal Consiglio di classe, suscitando le proteste di genitori e di qualche sindacato…

Come si vede, da una questione così complessa si può uscire in un solo modo: collocando l’irc al di fuori dell’orario scolastico obbligatorio.

La Corte Costituzionale, su questo punto è stata evasiva. Nella sentenza n.13 del 1991 ha ampliato lo stato di non obbligo fino a prevedere l’uscita dei non avvalenti dall’edificio scolastico qualora lo desiderino, ma, quanto alla collocazione oraria dell’irc, ha definito il compito di competenza dell’amministrazione.

È questa la vera battaglia da intraprendere per ottenere una scuola almeno un po’ più laica.