LA FINE DI OMAR BONGO, CAMERIERE DELLA REPUBLIQUE

di mazzetta
da www.altrenotizie.org

La morte di Omar Bongo Ondimba, presidente del Gabon, è passata largamente inosservata nel nostro paese, ma ha fatto rumore in Francia. Bongo è rimasto a capo del Gabon dal 1967 fino alla sua morte, avvenuta pochi giorni fa, dopo la quale il governo gabonese ha chiuso le frontiere e dichiarato un mese di lutto. La figura di Bongo è il paradigma del rapporto con le ex-colonie africane, sulle quali la Francia è riuscita a mantenere uno stretto controllo dall’indipendenza loro concessa fino ad oggi. Lo schema è elementare e collaudato, all’alba dell’indipendenza “concessa” dalla Francia, le prime elezioni furono vinte dai candidati sostenuti dai francesi e, da allora, le cose sono rimaste sempre così; ogni tentativo di modificarle si è infranto contro la relazione violenta dell’elite locale cooptata e assistita militarmente dalla Francia.

Bongo ha governato un sistema monopartitico dal 1967 fino alle elezioni del 1993, nelle quali si è affermato ottenendo il 51% dei voti, probabilmente ricorrendo ad estese frodi. Un colpo dal quale si è ripreso in fretta cooptando a sua volta l’opposizione e vincendo poi quelle del 1998 e del 2003 con percentuali bulgare, anche se il 79,2% delle ultime elezioni è inferiore al suo record del 99,96% segnato nel lontano 1976.

La sua morte apre una successione relativamente incerta, dovendosi scegliere tra il figlio di Bongo e il marito della figlia di Bongo. La morte chiude anche uno sgradevole processo in Francia, dove giudici impertinenti accusano il defunto dittatore di aver occultato ricchezze immense sottraendole alle finanze del paese. Auto di lusso e case da decine di milioni di dollari risultano intestate a lui e ai suoi familiari in mezzo mondo, nonostante il suo reddito da presidente sia sempre stato ufficialmente modesto. Situazione inversa per i suoi amministrati, che con un reddito pro-capite che è quattro volte la media di quello degli altri paesi sub-sahariani, restano nella miseria perché di quei soldi ne vedono pochissimi.

La storia conosciuta ci racconta che Bongo è una creatura di Jacques Foccart, conosciuto oltralpe come “Monsieur Afrique”: un leggendario gollista che è stato a lungo la cerniera tra la Francia, i suoi politici e le sue imprese e i dittatori a lungo il potere nelle ex-colonie francesi, tutte refrattarie alla democrazia nonostante la tutela di quel faro di democrazia che sarebbe la Francia della Revolution. I presidenti francesi hanno sempre portato rispetto a Bongo, segno che l’uomo sapeva stare al mondo più di tanti suoi colleghi prima o poi caduti in disgrazia, ma anche dimostrazione lampante di personaggi che sotto il vestito da statista conservano una morale di bel altro livello.

Come ha fatto a conservare la benevolenza francese è chiaro: ora che è morto, l’ex presidente francese, Valéry Giscard d’Estaing, ha denunciato che Bongo avrebbe ammesso in una conversazione con lui di sostenere economicamente il suo avversario Chirac, all’epoca dato per vincente nel confronto. Quello stesso tipo d’aiuto dalle ex-colonie che già lui aveva ricevuto in precedenza e non solo da Bongo, ma anche da Bokassa ed altri sul genere.

Uno schema di corruzione circolare, nel quale le ricchezze naturali del paese, poco più piccolo dell’Italia e con solo un milione e mezzo di abitanti, erano cedute alle aziende francesi a prezzi decisamente bassi. Queste ringraziavano portando valige di denaro contante al caro leader che poi distribuiva tra i suoi famigli non dimenticando di retribuire anche la vera fonte del suo potere, cioè la classe politica francese. A garantire il meccanismo è sempre rimasta la più grande base francese in Africa, coadiuvata da una guardia presidenziale composta da milleottocento uomini, su cinquemila che il paese può schierare complessivamente tra esercito e polizia, ma anche il matrimonio della figlia con il vicino dittatore congolese Sasso Nguesso, anch’egli felicemente nelle grazie francesi dopo un passato da impertinente marxista rivoluzionario e ugualmente nefasto per i suoi poveri amministrati

Tutti paesi nei quali la Francia non pensa affatto sia necessario “portare la democrazia”, perché si vede che va bene così, ai politici come alla Total, che in quei paesi fa affari d’oro. Non cambierà molto con Sarkozy, che semmai sembra intenzionato ad aumentare l’ingerenza e l’interventismo all’estero, come testimoniano l’inaugurazione di una base militare a Dubai e il sostegno militare recentemente fornito ai dittatori di Ciad e Repubblica Centrafricana per stroncare le opposizioni con bagni di sangue che non hanno niente da invidiare alle stragi in Darfur. Nonostante lo scorrere del tempo e l’aumento dell’influenza della UE, nelle ex-colonie francesi la situazione non sembra in grado di evolvere diversamente, essendo abbastanza chiaro che esiste un tacito accordo tra i paesi europei nel non ingerire nei rapporti dei singoli stati con le ex-colonie.