Israele-Palestina. L’umiliazione di un popolo

di Enrico Campofreda
da www.aprileonline.info

Domenica Netanyahu col discorso all’Università Bar Illan, ieri Lieberman al cospetto del segretario di Stato Usa Hillary Clinton. Lo sprezzante uno-due del governo di Gerusalemme all’invito dalla Casa Bianca di cercare una via pacifica alla questione palestinese non può che preoccupare per l’assenza di prospettive. La definizione risulta addirittura restrittiva poiché la condotta d’Israele, oltre a farsi beffa delle proposte di Obama che aveva richiesto una totale rinuncia alla politica degli insediamenti, al contrario continua a difenderli e rilanciarli

Se il Ministro degli Esteri russofono s’è mostrato irrispettoso verso la nuova amministrazione americana snobbandone il volere e richiamando gli accordi con la giunta Bush, Netanyahu supera il suo passato di falco cercando lo scontro aperto sul piano diplomatico. Lo teorizza chiedendo la definitiva subordinazione della comunità palestinese che, nelle sue intenzioni, non dovrebbe neppure più identificarsi come popolo. E’ l’esatto contrario del “bisogno di comprensione delle ragioni dell’altro” cui Obama aveva fatto cenno nel recente discorso all’Università cairota, l’unico modo per superare dolorose fratture pluridecennali. In un rigurgito più vicino a esaltazioni teocratiche ashkenazite o delle tendenze più faziose dell’ebraismo il leader del Likud ha sostenuto che il territorio dove sorge l’attuale Stato d’Israele è terra del popolo ebraico da 3.500 anni e se essa per decine di secoli è stata abitata da arabi questi sono degli abusivi.

Come dai tempi di Ben Gurion e dei padri del moderno sionismo si rovesciano i termini, gli usurpatori vengono considerati usurpati e quel che è accaduto nel 1948, la Nakba, l’esilio forzato di ottocentomila profughi palestinesi divenuti nel tempo oltre tre milioni, sono questioni che non riguardano Israele. A suo dire sono i palestinesi ad aver occupato la terra di Eretz Israel e devono essere considerati ospiti. In quanto tali non possono accampare pretese né essere considerati un popolo che rivendica una patria, perciò in possibili futuri accordi non avranno diritto all’autodeterminazione, non potranno difendere i propri confini di terra con un esercito né tanto meno quelli aerei e marini.

La stessa Cisgiordania dovrà assumere i contorni del luogo a controllo esterno straniero qual è la Striscia di Gaza, dove si vive in condizioni di detenzione collettiva. E’ il colpo di grazia all’identità nazionale palestinese, ancor di più è l’azzeramento del passato recente e remoto. Una cancellazione della Storia che Israele ha praticato dal 1948 quando con la violenza delle bande dell’Irgun e poi direttamente dell’esercito ha terrorizzato, spinto a fuggire centinaia di migliaia di persone, ne ha massacrato nel tempo decine di migliaia, occupandone e usurpandone beni e vita. Come ricordano i nuovi storici (Pappe, Segev, Kimmerling) che hanno ripreso in considerazione la nascita dello Stato d’Israele fino a non molto tempo fa esaltata da un’impostazione apologetica e propagandistica degli avvenimenti, quei villaggi si chiamavano Dishon, Alma, Amqa, Ayn al-Zaytun.

Di quel passato Israele non ha voluto lasciare nulla, ha nascosto, rimosso sulla terra e nelle pagine scritte a posteriori. Una storia narrata molto più che sotto l’ottica del vincitore. In quei luoghi è stata creata ad arte la zona boscosa di Birya oppure si sono realizzati finti bustans, i frutteti dei contadini arabi, sparsi qua e là fra aree dedicate al turismo e al divertimento. E la cancellazione della memoria che da decenni Israele conduce a danno dei palestinesi è un crimine al pari di quello perpetuato in un passato recente contro gli ebrei d’Europa, ed è per questo ancora più incomprensibile.

Purtroppo da tempo l’establishment politico e culturale d’Israele chiede ai palestinesi di rinunciare a ricordi e radici, peraltro vicine di appena sessant’anni, che vuol dire che esistono tuttora vecchi diretti testimoni di cos’erano Gerusalemme e la Palestina prima che Tsahal se ne impossessasse, come esiste qualche vecchio ebreo passato per i lager nazisti che ha negli occhi l’orrore della Shoa. E’ per il senso di giustizia e l’amore per la memoria che il discorso con cui domenica Netanyahu ha cercato l’ennesima umiliazione d’un popolo e dei suoi rappresentanti è folle e antistorico. Nessun partito palestinese della resistenza attuale o di quella ammorbidita da anni nell’Anp potrà accettare l’affronto che Israele, forte della lobby d’Oltreoceano, getta in faccia allo stesso presidente Obama e al suo piano di pace. Con simili presupposti non si può discutere di nulla perché si chiede a un popolo di passare sotto forche caudine addirittura peggiori di quelle predisposte in decenni d’usurpazione e violenta occupazione.