Il femminile non si può by-passare

di Clelia Mori
da www.aprileonline.info

Forse la catastrofe del femminile nella politica del centrodestra sta diventando collettiva e sta trasformandosi in una catastrofe di pensiero, azione, governo, sicurezza nazionale e magari internazionale e soprattutto di una certa idea del maschile. Ma può essere anche lo strumento della rinascita e la dimostrazione che dal pensiero delle donne per le donne oggi in politica non si può prescindere. Per gli uomini stessi ma anche per la loro nostra vita politica

E’ la dimostrazione che il femminile non si può by-passare come un ornamento del letto o della politica, meno che mai della democrazia. Lo sconforto che mi e ci prendeva come donne quando ne parlavamo pensando alla politica della differenza sta diventando per la destra un boomerang. Si sta dimostrando che persino il trattarci come merce non serve a emarginarci, a rendere invisibile i nostri desideri e la nostra libertà, a ridurci al silenzio anche se non ne parliamo tanto, e che non basta a nessun* che le merci vengano poi nobilitate passandole al parlamento italiano o europeo.

Le donne anche come merci colpiscono sempre, sono un pericolo se maneggiate male e persino l’affidabilità politica di un uomo di governo, che informa de-formando tutta la comunicazione dell’azione pubblica e politica, può venirne colpita. Forse, ma potrebbe essere anche una mia ipersensibilità, scricchiola perfino un modello di comunicazione visto che il premier deve spingere le industrie a farsi affidare pubblicità per le sue tv, con la scusa che certi giornali gli remano contro.

Profondi scricchiolii, non solo legati alla crisi internazionale, si sentono nel castello mediatico e politico del sovrano, scuotono alla radice il modello del sistema di potere e di pensiero che si è andato affermando in questi ultimi 15 anni: il famoso “ciarpame politico”, di purtroppo antichissima data.

Non si capirebbe altrimenti perché una donna oggi può prendere per mano pubblicamente, perfino in Iran, il proprio compagno candidato alle elezioni presidenziali, scuotendo profondamente l’immaginario locale che scende in piazza contro il regime per difenderli spingendo uomini e donne a morire, e non dovrebbe succedere nulla in Italia se un presidente del consiglio si fa mandare a palazzo donne a pagamento come “utilizzatore finale” – da uno che sembra traffichi con la droga – e se la moglie dice che è malato e che nessuno ha voluto aiutarlo? Addirittura il suo avvocato personale afferma per difenderlo, con un macio colpo di genio, che non ha bisogno di donne a pagamento perchè potrebbe averne in grande quantità, gratuitamente. Quantità non qualità, ha detto…

E’ proprio vero, il pubblico e il privato, finalmente entrambi pubblici hanno proprietà destabilizzanti se il privato non è garante della qualità del pubblico, soprattutto nel guidare un paese e hanno avuto ragione le femministe del ‘68 a pretendere stessa dignità e visibilità per entrambi, qualsiasi faccia abbiano. Sono tra loro profondamente intrecciati anche se illuminati in maniera diversa e la differente illuminazione mi pare la spia più evidente della loro non comune importanza. Persino il bisogno del buio e del silenzio del privato pubblico, fino ad oggi richiesto a gran voce, racconta la difficoltà del dire apertamente aspetti di sé che si vogliono velare per le conseguenze che potrebbero manifestare nell’interpretazione dell’azione pubblica. E’ a questo punto che il privato diventa una garanzia per il pubblico.

Lo avevo però immaginato arrivare tra noi in modo meno traumatico e più pulito e mi sentivo vagamente smarrita dalla qualità del suo arrivo in piazza. Forse quello che mi prefiguravo era l’aspetto finale del lavoro del privato sul pubblico e sul singolo e per questo non ho riconosciuto subito la sua importanza. Ma giunti a questo punto della narrazione il privato, presidenziale, mi dà meglio la misura del suo bisogno nel pubblico per garantire un paese.

E, se il meccanismo non è più sopportabile nemmeno per la moglie che parla per lui addirittura di malattia, perché mai dovrebbe esserlo per una intera comunità nazionale? Questa questione della malattia che i suoi -per opportunismo personale e politico, non hanno mai voluto vedere per quello che è, nell’intento di non dar credito alle parole dirompenti di una moglie che ha invece dimostrato il potere, la sincerità, la forza e il dolore della sua parola- hanno preferito sbandierare come esibizione di tarda virilità maschilista, sta comunque distruggendo dall’interno la credibilità del loro sistema di pensiero e di governo senza nulla togliere alla pericolosità del suo star male. Anzi, così facendo, hanno acuito l’inquietudine comune sullo stato di salute psicologica e fisica del presidente.

Ma il nascondimento della malattia presidenziale, nel groviglio attuale, inquieta anche per un altro motivo: è la cosa di cui si parla meno tra gli uomini, nonostante la sua pericolosità. E allora mi chiedo se può essere tanto forte anche in politica il legame maschile sulla virilità, da permettere un ribaltamento di lettura della malattia del capo del governo, che comunque non si riesce ad oscurare, senza rendersi conto del potenziale distruttivo del ribaltamento stesso?

Pesa così tanto il legame oscuro, difficile da indagare, tra virilità e corpo maschile e corpo delle donne da nasconderlo dentro come un demone irrisolto nel legame con la prostituzione? Lo squilibrio virile con sé stessi e nella relazione con una donna, si equilibra pagando? Cercando di comprare una virilità da chi, comunque, non l’ha da vendere? Senza responsabilità e “false ipocrisie” come diceva Corrado Augias in una risposta nella sua rubrica, su Repubblica alcuni anni fa. Può l’irresponsabilità virile malata, elevata a sistema dal presidente, diventare garanzia di governo retta da continue improvvisazioni di verità?

Preoccupa questo nascondimento maschile della malattia del presidente su cui sorvola persino Vittoria Franco. Sembra le basti chiedergli, con una qualche studiata furbizia parlamentare su Aprileonline di sabato 20, che venga a riferire in Parlamento, giocando sull’impossibilità di dire lì il falso, per smascherarlo. Mi chiedo se è così difficile fare un discorso pulito sulla sessualità maschile e femminile e il potere politico dentro e fuori le istituzioni parlamentari?

In gioco non c’è solo una questione di ricattabilità del presidente, ma lo squilibrio di una persona che ci si rifiuta di vedere psicologicamente molto malata, incapace di controllo su di sé e capace invece di condizionare il governo per giustificarlo e che detiene, pericolosamente per tutt*, pieni poteri nel nostro paese.

Non si tratta più di disquisire sulla possibilità di poter parlare o meno del privato, ma di prenderne atto per le pericolose conseguenze che per noi potrebbe avere, invece che stendervi su questo pietoso e pruriginoso silenzio, visto che non si riesce a chiuderlo neppure tra le pareti dei palazzi governativi e così profonda è la sua essenza intima da poter portare a rischio un paese.

Credo sia da ripensare urgentemente la relazione tra donne uomini e potere in Italia, dagli uomini soprattutto ma con un occhio attento a quello che le donne confliggono con loro se non vogliono aggiungere una ulteriore crisi al paese per la difesa di una stantia visione maschile.