LA MALEDIZIONE DEL CONGO

di Piero Morandini
da www.altrenotizie.org

La Repubblica Democratica del Congo, l’ex Zaire del dittatore Mobutu e, ancor prima, l’ex Congo belga di re Leopoldo II, è attualmente uno dei paesi meno sviluppati dell’Africa e quindi del mondo. Il territorio è pero ricco d’acqua e di minerali preziosi: oro, diamanti, rame, stagno, coltan, bauxite, ferro, manganese, carbone, petrolio, coblato. Perché gli abitanti di uno dei paesi potenzialmente più ricchi del pianeta vivono in un tale sottosviluppo cronico? Quali fattori naturali, storici, politici, economici hanno provocato questa situazione? La RDC è un territorio enorme, attraversato da innumerevoli corsi d’acqua (il più importante è il fiume Congo e i suoi affluenti), coperto per gran parte da una fittissima foresta pluviale, senza accesso al mare ma con cinque grandi laghi. La conformazione geografica del paese ha influito sulla sua storia passata e recente. Ragioni naturali hanno condizionato dal principio, dalla nascita dell’agricoltura con la conseguente sedentarizzazione dell’essere umano 13.000 anni orsono, il destino dei nativi.

Hanno rappresentato un handicap insormontabile che nel corso della storia si è aggravato scavando un solco sempre piu profondo con i paesi dell’area e con il resto del mondo. La foresta pluviale non consentiva la produzione di un surplus agricolo che lasciasse tempo e forza agli membri della comunità da investire in altre attività; non permetteva la mobilità necessaria per scambiare conoscenze e merci con altri popoli; ha isolato gli abitanti non solo dalla costa ma anche al suo interno facendo loro addirittura parlare lingue differenti, più di 250 lingue sono quelle attualmente parlate.

Un ambiente ostile ha ritardato lo sviluppo di quest’area. Una madre silenziosa ha protetto i suoi figli dalle influenze esterne, li ha soffocati in un abbraccio mortale. La foresta, la foresta, l’orrore della foresta equatoriale. L’orrore delle tenebre così ben raccontato da Conrad. Nessun popolo ci si è addentrato, nessun colonizzatore prima dei belgi, nessun mercante, nessun missionario. Nel corso della storia nessuno l’ha sfidata, nessuno l’ha coltivata, nessuno ha osato aprirsi vie di accesso.

La storia sconosciuta del Congo parla di regni tribali Bantu che durante il VII secolo sembrano essersi installati sulle rive del fiume Congo e dei suoi affluenti provenienti dal golfo di Guinea, dall’attuale Nigeria. La storia conosciuta del Congo comincia alla Conferenza di Berlino del 1884-85 con l’assegnazione del territorio al re del belgio Leopoldo II che fece del paese uno Stato indipendente quale sua proprietà personale e gli diede il nome di Stato Libero del Congo, assumendo per sè il titolo di Sovrano del Congo. La struttura governativa dello Stato Libero appariva decisamente inadeguata alle dimensioni del Paese, ormai fuori controllo, sicchè nel 1908 Leopoldo II inserì il Congo nel novero delle colonie belghe, rinunciando a un impraticabile possesso privato ma proseguendo una sottomissione delle popolazioni native con metodi brutali. Con l’avvento delle indipendenze africane causata dall’impossibilità delle potenze europee di mantenere costosissimi imperi coloniali, la situazione degenerò e le lotte intestine si moltiplicarono. Il Belgio non aveva più la capacità di gestire direttamente un territorio così vasto e complesso.

Nel 1959, dopo aver lasciato il paese per sottrarsi alla prigione, Patrice Emery Lumumba, uno dei principali protagonisti della lotta per l’indipendenza del paese, decise di partecipare alla Conferenza di Bruxelles sul Congo (20 gennaio – 20 febbraio 1960), riuscendo ad imporsi come uno dei protagonisti di primo piano. Temendo una guerra d’indipendenza, il governo decise di ritirarsi, concedendo l’indipendenza al Congo il 30 giugno 1960. Lumumba divenne primo ministro. Nel frattempo l’esercito, al cui comando erano rimasti ufficiali belgi, si fece talmente caotico che buona parte del personale di alto grado preferì ritirarsi, svuotando l’impalcatura amministrativa dell’esercito, sempre più in mano a caporioni locali. La questione si inserì nel gioco della guerra fredda e Stati Uniti, con le proprie multinazionali economiche, e URSS, con le proprie multinazionali politiche, tentarono di lusingare il Congo.

Lumumba appariva più orientato verso l’allineamento con l’Unione Sovietica, ma l’ingovernabilità del Congo fece sì che l’esercito prendesse il sopravvento. Emerse il colonnello Mobutu, che fece arrestare e condannare a morte Lumumba nel gennaio 1961. Mobutu Sese Seko, già capo di stato maggiore dell’esercito nel 1961, raggiunse in breve tempo il potere assoluto. Nel 1965 destituì Joseph Kasavubu, capo di stato ormai privo d’ogni potere, inaugurando un regime lunghissimo e caratterizzato da un forte culto della personalità e da ambizioni notevoli in politica estera. Già nel 1965, con l’esecuzione di cinque ministri del suo governo accusati di alto tradimento (eseguita nello stadio di Kinshasa/Leopoldville e trasformata in un macabro spettacolo), Mobutu mostrò il suo modo di intendere le cose: ogni atto governativo o giudiziario deve essere presentato al popolo come dimostrazione di potenza dello Stato. Assunto il titolo ufficiale di Maresciallo-Presidente, con poteri assoluti, Mobutu organizzò un proprio partito unico, il Movimento Nazionale Rivoluzionario (MNR), col compito di dare un nuovo volto culturale al Paese, basato sulla tradizione e sulle consuetudini locali. Ma questo non risolse la crisi, che infine venne decisa dall’attacco di forze ribelli ruandesi ed ugandesi coalizzate sotto il comando di Laurent-Dèsirè Kabila.

Nel 1996 le sue forze furono sopraffatte dal nemico e Mobutu, ormai stanco e malato, dovette fuggire in Marocco, dove morì nel 1997. Nel 1997 il Generale Laurent-Dèsirè Kabila vittorioso nella guerra civile si proclamò Presidente assoluto, governando per decreti e instaurando al potere il proprio clan in sostituzione di quello del suo rivale ormai defunto.. Nel 1998, ribelli Tutsi, organizzati in gruppi armati, iniziarono una dura lotta contro le fazioni fedeli al presidente Kabila, spalleggiato dagli eserciti di Angola, Namibia e Zimbabwe. Una “guerra mondiale africana”, com’è stata definita, che vide combattersi sul territorio congolese gli eserciti regolari di ben sei Paesi per il controllo dei ricchi giacimenti di diamanti, oro e coltan del Congo orientale. Il Congo si è così ritrovato diviso in una parte orientale controllata dai ribelli e una occidentale ancora in mano alle truppe di Kabila. Almeno 350mila le vittime dirette di questo conflitto, 2 milioni e mezzo contando anche i morti per carestie e malattie causate dal conflitto. Nel 2001 Kabila fu assassinato. Gli successe il figlio trentenne Joseph Kabila attraverso le prime elezioni democratiche nel paese nell’anno 2007 prima della quali ci sono voluti due anni interi per fornire un identità alla popolazione votante.

L’eredità piu pesante lasciata da Mobutu è la disgregazione totale del tessuto sociale del paese. Seguendo le direttive del dittatore che letteralmente ordinò al suo popolo di arrangiarsi, generazioni di congolesi hanno combattuto e combattono una vera e propria lotta tra poveri, nella quale ognuno approfitta dell’altro grazie alla posizione familare o sociale. Non esiste senso del bene comune, nessuna solidarietà diffusa. Ogni cittadino, abbandonato dallo Stato, fa di tutto per sopravvivere a discapito degli altri. La corruzione è un sistema che, dalla scala familiare, si allarga fino alle piu alte cariche dello stato. Stato che è tale solo sulla carta, poco più che una linea tracciata da potenze straniere. In definitiva la RDC non esiste, non esistono le sue infrastrutture, non esiste il suo esercito (vedi la vulnerabilità dei suoi confini), non esiste il suo sistema sanitario, non esiste il suo sistema educativo (lo stato non arriva infatti a pagare i salari del personale sparso nel suo enorme territorio).

L’educazione e la salute potrebbero rappr
esentare la sola possibilità di inversione della tendenza ma gli avidi e corrotti governanti, colpevoli quanto le potenze straniere della condizione in cui versa il paese, non investono nessuna risorsa nello sviluppo preferendo mantenere il popolo debole, malato e ignorante per meglio assoggetarlo. Una vulnerabilità sociale, biologica e culturale della quale approfittano solo i pochi politici beneficiari dei contratti milionari firmati con le multinazionali estere per lo sfruttamento del ricco sottosuolo. Governanti che giocano il ruolo di eterni padri del popolo rendendo lo schema culturale padre-figlio insuperabile, inculcando nelle menti delle persone l’impossibilità di farcela da soli, rendendoli sempre dipendenti da qualcuno o qualcosa.

L’economia congolese non esiste e non è mai esistita. L’assenza di vie di comunicazione interne non permette lo sviluppo di nessun tipo di sistema produttivo nazionale. Le grandi città si trovano guardacaso tutte sui confini e partecipano alle economie dei paesi limitrofi. Gli interessi economici dei paesi confinanti, delle grandi potenze internazionali, delle multinazionali e dei politici locali costringono il paese in ginocchio senza nessuna possibilità di ripresa. La RDC sarà l’ultimo paese dell’Africa a sollevarsi. La sua ricchezza sotterranea gli ha attirato molti piu problemi che vantaggi. La fame di ricchezza di uomini senza scrupoli ha provocato guerre e sofferenze al “popolo della foresta”. Gli ultimi avvenimenti rafforzano solo una tendenza cominciata con l’arrivo dei belgi e che non ha visto pause nella storia di questo sfortunato paese. I minerali hanno attirato su questo territorio energie negative dall’esterno come dall’interno, le mire di troppe potenze, addirittura le cariche magnetiche dal sottosuolo. La maledizione del Congo. La maledizione di un territorio coperto da una foresta oscura cresciuta per caso sopra enormi giacimenti di minerali che l’uomo considera preziosi. La natura continua silenziosa a domandarsi il perché.