L’Italia giullare del mondo

di Randolph Ash
da www.aprileonline.info

Poiché il presidente del consiglio definisce “spazzatura” le rivelazioni di un numero crescente di prostitute e “ragazze immagine”, mentre lui invece lavorerebbe indefessamente “per il bene del Paese”, sarà bene aggiungere qualche parola sulla sua visita a Washington della scorsa settimana, da lui presentata come punto alto e coronamento della sua lungimirante politica estera. Per la verità dal punto di vista delle relazioni internazionali si è trattato di un non evento, che — a differenza delle sue prodezze sessuali — non ha avuto alcuna eco sulla stampa e nei notiziari americani

La visita di Berlusconi a Washington della scorsa settimana – che il premier italiano ha presentato come punto alto e coronamento della sua lungimirante politica estera -, lascerà una traccia soltanto nel registro dove l’agente di servizio all’ingresso della Casa bianca annota scrupolosamente i visitatori (evidentemente le misure di sicurezza nella residenza del presidente degli Stati Uniti sono più rigorose di quelle in uso a palazzo Grazioli).

Nei comunicati ufficiali di parte italiana l’incontro è stato definito “un successo”, e forse lo è stato, almeno se misurato con le basse aspettative e i timori (avanzati dal “Times” di Londra) che l’hanno preceduto: il timore che Berlusconi si lasciasse andare ad una delle sue, che facesse lui – e soprattutto facesse fare all’Italia — un’altra delle figure cui ha abituato la comunità internazionale. Per fortuna non è andata così. Dietro la cordialità di facciata a dominare il colloquio Obama-Berlusconi è stata la prudenza.

L’italiano preoccupato di non guastare con qualche battuta fuori posto la foto-opportunity lungamente attesa, di fare dimenticare la sua imbarazzante piaggeria nei confronti di George W. Bush, e soprattutto di allontanare l’alone di scandalo e buffoneria che lo segue ormai dappertutto. L’americano con la testa ai problemi veri di politica estera, ma probabilmente anche preoccupato di non apparire troppo amichevole con un personaggio il cui satirismo poteva ricordare (in peggio – se di peggio si può parlare in simili faccende) gli scandali di natura sessuale che coinvolsero un suo predecessore democratico (affaire Lewinsky).

Naturalmente anche questo incontro “al vertice” ha prodotto dei risultati, tutti a vantaggio del potente alleato: l’Italia manderà qualche centinaio di soldati in Afghanistan per sostenere il vacillante sforzo americano; accoglierà “alcuni” detenuti di Guantanamo per tirare fuori dall’imbarazzo gli Stati Uniti che, essendosi Obama impegnato a chiudere il carcere, non sanno dove mandarli – tanto più che l’opinione pubblica americana è fermamente contraria ad ammetterli sul proprio territorio.

L’Italia ha anche ricevuto la promessa – peraltro assai vaga – di una qualche compensazione per l’annullamento della fornitura di elicotteri presidenziali (i Marine One), fornitura annullata da Obama appena insediato perché “inutile e dispendiosa”, vanificando con un tratto di penna anni di legami affaristico-clientelari mediati dall’ex ambasciatore Spogli.

E cosa ha avuto Berlusconi in cambio di tutte queste concessioni e rinunce? Niente, perché nulla aveva da chiedere e nulla ha chiesto. Il suo scopo era di farsi fotografare nella veste di “statista occidentale” con il nuovo inquilino della Casa bianca per potere rivendere quelle foto sul mercato interno e così cercare di controbilanciare l’effetto disastroso di altre foto dove invece interpreta la parte dell’anziano seduttore. Impresa inane! Subito dopo vanificata e travolta dalle nuove ondate di rivelazioni e di scandali.

Eppure qualcosa Berlusconi avrebbe potuto chiedere al suo interlocutore americano. In cambio delle sue concessioni avrebbe potuto chiedere – come ha fatto la cancelliera Merkel in un caso analogo — di potere processare il soldato Mario Lozano, che in Iraq ha ammazzato Nicola Calipari, e che vive del tutto indisturbato nel proprio paese; avrebbe potuto chiedere che fossero consegnati alla magistratura italiana che li vuole processare i sei agenti della CIA che a Milano rapirono l’imam Abu Omar violando le leggi e la sovranità dell’Italia. Ma Berlusconi non ci ha neppure provato perché mentre in America Barack Obama sta cercando di porre fine alle illegalità della guerra al terrorismo commesse dal suo predecessore, in Italia ci si guarda bene dal gettare luce sulle connivenze e complicità in quelle stesse illegalità dei nostri servizi segreti e apparati di governo.

E così, nell’indifferenza generale, si è concluso il non evento. I problemi internazionali, compresi quelli per i quali l’Italia dovrebbe, e forse potrebbe, fare qualcosa, sono tutti lì, non scalfiti. L’Iran è in fiamme, la Corea del Nord minaccia le Hawaii con i suoi missili, in Bosnia ci sono rischi di una nuova guerra civile, la Somalia sta per cadere nelle mani di Al Qaeda. Meno male che c’è l’Italia che, come un tempo i giullari di corte, distrae i potenti e meno potenti della terra dalle loro gravi cure.