La falsa coscienza collettiva

di Loredana Biffo
da www.aprilenoline.info

Vi è certamente una relazione tra politica e morale, e questo deve essere riconosciuto tanto dal moralismo quanto dal cinismo, se questo non è chiaro non ci si può stupire della decadenza di cui il nostro paese sta sempre più soffrendo e dando spettacolo al mondo intero. Non informare i cittadini che perlopiù seguono i telegiornali, ha come conseguenza che alcuni pensino che i politici dell’opposizione non abbiano niente di meglio da fare che ricamare sui flirt di Berlusconi, perché in fondo chi condivide tali comportamenti da parte di un uomo politico, pretende solo il perseguimento del successo economico con ogni mezzo, a qualsiasi costo, e anche la sua vita privata perde ogni importanza nel perseguimento di tale obiettivo

Secondo due scuole di pensiero sociologico, la distinzione tra cultura e società, è in realtà un modo per definire una stretta interdipendenza fra queste. La cultura, designa l’aspetto “espressivo” dell’ esperienza umana intesa nel suo potenziale educativo, può essere l’agente umanizzante e moderatore delle conseguenze più distruttive della modernità. Cultura intesa come modo di vita di una data società nell’insieme complesso che include il sapere, ma anche la morale, il diritto, il costume, e tutte le competenze acquisite dall’individuo in quanto membro della società.

I pensatori del tardo settecento – primo ottocento noti come “idealisti tedeschi” condividevano la nozione neoplatonica che lo spirito, l’idea, la categoria intellettuale, fosse antecedente alla realtà empirica sensitiva. Come sosteneva Marx, i materialisti partono dall’assunto che la direzione della “causalità” è dalla terra al cielo, e non dal cielo alla terra. Pertanto non si deve giudicare un periodo di trasformazione, o ogni altro periodo, per la sua coscienza, a partire da ciò che la gente che vive in quel periodo pensa e crede, ma piuttosto si deve spiegare la coscienza del periodo, con le contraddizioni della sua vita materiale. Bisognerebbe ricercare l’origine sociale dei valori e dello “spirito” dell’ epoca. La società, designa l’aspetto relazionale nonché quello pratico, ma non in antitesi con la cultura, perchè se un’entità ne “riflette” un’altra, allora essa deve essere molto simile a quest’ultima, o perlomeno ci dà la misura della relazione di influenza; in questo senso la cultura riflette la società, così come la società riflette la cultura.

In virtù di tali concetti è possibile e doveroso chiedersi se il fenomeno del berlusconismo che stiamo vivendo e alcuni (quelli che non lo votano e non lo condividono) subendo, abbia qualcosa a che fare con il concetto che i comportamenti privati dei politici abbiano una scarsa rilevanza sul piano politico, quasi che l’idea di collettività fosse altro dalla morale intrinseca del concetto di stato, difforme dalla morale tradizionale o privata, ovviamente riferendosi in questo senso a una delle tante possibili morali in quelli che sono i comportamenti privati; contrariamente alla legge che indica e prevede le credenze morali più differenziate, ma in sintonia con la regola dell’agire pubblico di tutti gli individui.

Vi è certamente una relazione tra politica e morale, e questo deve essere riconosciuto tanto dal moralismo quanto dal cinismo, se questo non è chiaro non ci si può stupire della decadenza di cui il nostro paese sta sempre più soffrendo e dando spettacolo al mondo intero. Non informare i cittadini che perlopiù seguono i telegiornali, ha come conseguenza che alcuni pensino che i politici dell’opposizione non abbiano niente di meglio da fare che ricamare sui flirt di Berlusconi, perché in fondo chi condivide tali comportamenti da parte di un uomo politico, pretende solo il perseguimento del successo economico con ogni mezzo, a qualsiasi costo, e anche la sua vita privata perde ogni importanza nel perseguimento di tale obiettivo.

Allora è facile capire perchè un tempo per una famiglia era importante che un ragazzo o una ragazza facessero un percorso di studi che li portasse attraverso anni di impegno alla realizzazione di un obiettivo, mentre ora si aspira a che diventino veline o qualcosa d’altro che permetta di avere successo, ma soprattutto danaro facile, e che uno come Berlusconi sia considerato “furbo” da una buona percentuale di Italiani.

E’ qui che troviamo la discrasia tra cultura e società, è necessario comprendere dove intervenire per creare una società di individui non moralisti ma con “densità morale” , una società dove l’etica non sia appannaggio esclusivo di minoranze, ma che serva a rimettere in piedi un sistema in cui si pretenda innanzitutto una classe politica altamente professionalizzata attraverso la cultura politica con la C maiuscola, dove la scuola torni a essere un luogo di formazione della persona e della civitas, dove l’anomia non regni sovrana, creando un sentire comune del “tanto sono tutti uguali”.

A partire dalla politica è necessario creare una rottura di questa routine, un cleavages in cui la vischiosità delle istituzioni diventi invece un punto fondamentale di incontro con il cittadino che da consumatore possa diventare elettore informato in modo completo e accessibile a ogni persona normale coi mezzi del ragionamento e della discussione. Non v’è scusante per chi non riconosce questa necessità come fondamentale per l’esistenza di un bene comune, all’infuori dell’ignoranza che si può combattere, e dell’interesse antisociale.

Si può aggiungere che non solo in questo caso la soluzione democratica sarebbe la migliore che si possa concepire, ma anche che pochi o nessuno sentirebbero il bisogno di considerarne un’altra, ma per far questo è necessario vagliare criticamente le informazioni ricevute su fatti che accessibili non sono e che lo saranno sempre meno; ne consegue che a volizioni e deduzioni “imposte” agli elettori, non si potrà mai riconoscere la dignità di dati ultimi del processo democratico.